Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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venerdì 23 febbraio 2018

Veglia di preghiera per la pace In Congo e Sud Sudan (23 febbraio - Chiesa S.Antonio di Savena)

Si svolgerà insieme al Vescovo Matteo Zuppi stasera, venerdì 23 febbraio, presso la chiesa di Sant'Antonio di Savena, alle ore 21, la Veglia di preghiera e digiuno convocata da Papa Francesco per la pace, con un particolare pensiero per la Repubblica Democratica del Congo e il Sud Sudan.

Qui di seguito parte di una intervista a Paolo Beccegato, vicedirettore e responsabile area internazionale della Caritas, che sottolinea la gravità della crisi umanitaria in atto, ormai drammaticamente simile, per dimensioni, a quella mediorientale: milioni di sfollati hanno lasciato tutto per sfuggire alla guerra.


Quali sono i tratti comuni della crisi umanitaria che vivono questi due Paesi africani, la Repubblica Democratica del Congo e il Sud Sudan?
«Prima di tutto, va messo in luce il fatto che entrambi costituiscono la punta di un iceberg più grande, quello dei cosiddetti “conflitti dimenticati” del mondo. Si tratta di conflitti armati, violenti, molto letali, sempre più numerosi, che poi coinvolgono sempre anche altre nazioni per quanto siano considerati spesso interni, intra-statali. Ma certamente queste due nazioni in particolare sono l’emblema, la fotografia, di un trend internazionale che è molto grave e che è giusto mettere sotto i riflettori, sia sotto l’aspetto della consapevolezza, ma anche - ci dice giustamente il Papa - sotto l’aspetto della preghiera, del digiuno, del far silenzio e del capire».
Quando si parla di conflitti in Africa, emerge sempre il nodo – che appare irrisolvibile - del controllo delle risorse naturali: diamanti, minerali, accaparramento delle terre agricole. Come si può provare a modificare questa situazione?
«Dobbiamo in primo luogo levarci dalla testa che si tratti di guerre tribali, etniche; sono appunto guerre per il controllo delle risorse, per accedere alla ricchezza, nelle quali sono coinvolti grandissimi interessi internazionali; l’analisi e lo studio ci aiutano a capire le corresponsabilità e quindi ad assumere consapevolezza e stili di vita diversi. Poi c’è anche la solidarietà concreta verso le persone, per cui è necessario unire alla dimensione spirituale, alla preghiera, la dimensione della solidarietà verso le popolazioni civili che sono le vere vittime di questi conflitti».
Due questioni mi sembra vadano messe in luce: il tema degli sfollati interni e dei profughi è molto forte sia in Congo che in Sud Sudan, e poi anche lo sfruttamento dei bambini soldato, dell’infanzia trasformata in milizie. Come si può sensibilizzare l‘opinione pubblica su questi aspetti?
«Sono due questioni molto care a Papa Francesco e rispetto alle quali dobbiamo porci alcuni interrogativi: il numero di sfollati in questi due Paesi ormai è quasi paragonabile a quello dei siriani, siamo di fronte a due catastrofi umanitarie complesse. Non possiamo porci il problema degli sfollati, dei rifugiati e in generale dei migranti solo quando giungono da noi quando ci coinvolgono. Bisogna ricordare che queste problematiche diffuse nel mondo riguardano solo parzialmente l’Europa, l’Africa invece conosce dei flussi migratori enormi di cui non parla mai nessuno, sono eventi gravissimi poiché pongono un’infinità di problematiche dentro i Paesi e tra i Paesi. Per il secondo punto, partiamo col dire che l’anno in corso è quello che porterà la Chiesa universale al Sinodo dei giovani (ottobre 2018, ndr), i giovani come segno di speranza; ebbene non si può tacere allora il fatto che in diversi Paesi i bambini, i giovani, vengono strumentalizzati nelle loro stesse menti, per diventare combattenti, soldati. E questo è gravissimo, è inaccettabile, è uno scandalo per questa umanità contemporanea, dobbiamo quindi compiere ogni sforzo per cambiare la rotta soprattutto in queste due nazioni dove tali fenomeni sono molto diffusi».
Considerato questo contesto, in che modo si potranno aprire in Africa dei processi democratici, come potranno emergere classi dirigenti più mature e forti?


«In questo momento indirizzerei soprattutto la denuncia sul fatto che stiamo trasformando la nostra cooperazione internazionale, soprattutto quella tra governi, in uno strumento di contenimenti di flussi migratori verso l‘Europa. Non stiamo cioè lavorando a partire dalle povertà più profonde, non stiamo mettendo in campo un lavoro diplomatico per risolvere pacificamente questi conflitti. La priorità assoluta è aiutare i Paesi di transito dei migranti affinché non giungano da noi. Questa è la cosa più grave perché se invece noi pensassimo al bene vero di queste nazioni, al bene vero delle classi dirigenti di questi Paesi, per accompagnarle in processi di pace - come è stato fatto in passato, anche da parte dell’Italia e dell’Europa - forse faremmo il vero lavoro di prevenzione delle migrazioni forzate che danneggiano in primo luogo chi lascia il proprio Paese in condizioni veramente misere».

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