Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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sabato 17 febbraio 2018

L’arte del buon vicinato comincia con uno sguardo (Mpns. Mario Delpini)

Il 6 dicembre scorso, alla vigilia della festività di Sant’Ambrogio, il nuovo arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, ha tenuto il suo primo discorso alla città. L’appuntamento è tradizionale e segna uno dei momenti attesi del messaggio pastorale del vescovo; ha, a un tempo, un significato pastorale e civile. Potremmo dire politico. E il testo di mons. Delpini è un testo sorprendentemente politico. Lo è in senso alto e pieno.

Ecco un'antologia dei passaggi fondamentali del discorso di Mario Delpini alla città di Milano


Contro la tendenza diffusa a lamentarsi sempre di tutto e di tutti, contro quella seminagione amara di scontento che diffonde scetticismo, risentimento e disprezzo, che si abitua a giudizi sommari e a condanne perentorie e getta discredito sulle istituzioni e sugli uomini e le donne che vi ricoprono ruoli di responsabilità, voglio fare l’elogio delle istituzioni. (...)

ELOGIO DELLE ISTITUZIONI CONTRO IL RANCORE
Voglio fare l’elogio dei sindaci: sono, specie nei paesi e nelle cittadine, la prossimità più accessibile della pubblica amministrazione. I sindaci sono esposti alle attese e alle pretese di tutti, sono spesso oggetto di polemiche e di denunce, sono spesso intrappolati in una burocrazia complicata, sono condizionati da una cronica mancanza di risorse: però, se sono onesti e dediti, i sindaci sono là, tra la gente, in ascolto di tutti, con il desiderio di rendersi utili, con la frustrazione di essere spesso criticati e di riconoscersi impotenti. Però sono là, in mezzo alla gente.

Voglio fare l’elogio delle forze dell’ordine...

Voglio fare l’elogio degli insegnanti e dei dirigenti scolastici e del personale della scuola perché la scuola vive la sua vocazione ad accogliere tutti, nella diversità delle provenienze, delle capacità, delle situazioni personali e familiari e propiziare un linguaggio comune....

Voglio fare l’elogio degli operatori nei presìdi sanitari e nei servizi sociosanitari domiciliari (come l’assistenza domestica, l’assistenza domiciliare integrata e le cure palliative a casa), dei vigili del fuoco, della protezione civile, delle istituzioni presenti nei diversi territori......

L’elenco dovrebbe prolungarsi nell’elogio di tante altre istituzioni presenti capillarmente nel territorio: gli assistenti sociali, i custodi sociali e sociosanitari, i giudici di pace, i soldati dell’operazione strade sicure, gli operatori che presidiano le vie e gli angoli della città, assistendo i clochards del giorno e della notte… Non posso non ricordare le tante associazioni e strutture cooperative che creano una rete di attenzione e solidarietà spesso poco notata ma essenziale nel creare coesione e nel dare spessore alla trama dei legami.....

Di tutti voglio fare l’elogio, a tutti desidero esprimere la mia gratitudine e ammirazione, contrastando quella tendenza troppo facile alla critica e quell’enfasi troppo sproporzionata su alcuni che, approfittando della loro posizione, hanno cercato il proprio vantaggio, anche con mezzi illeciti, aprendo la porta alla corruzione....

OCCORRE UN’ALLEANZA
L’elogio formulato con rispetto e discrezione esprime anche l’intenzione, che voglio formulare a nome della comunità cristiana e della Chiesa ambrosiana, di proporre un’alleanza, di convocare tutti per mettere mano all’impresa di edificare in tutta la nostra terra quel buon vicinato che rassicura, che rasserena, che rende desiderabile la convivenza dei molti e dei diversi, per cultura, ceto sociale e religione....

L’alleanza di tutti coloro che apprezzano la grazia di vivere nello stesso territorio è una convocazione generale che non prepara un evento, ma che impara e pratica un’arte quotidiana, uno stile abituale, una intraprendenza semplice. L’alleanza è stipulata non con un documento formale, ma con la coltivazione di una buona intenzione, con la riflessione condivisa sulle buone ragioni, con la vigilanza paziente che contrasta i fattori di disgregazione, di isolamento, di conflittualità....

L’alleanza intende rendere per quanto possibile superata la desolazione registrata dalla parola del poeta «Milano è un enorme conglomerato di eremiti» (E. Montale).... (...)

PER UN WELFARE RELAZIONALE
Abitare nello stesso territorio o addirittura nello stesso condominio non garantisce circa la predisposizione ad essere “buoni vicini”. È necessario che sia condivisa la persuasione che il legame sociale, la cura di sé, della propria famiglia, della gente che sta intorno è la condizione per la vivibilità, la sopravvivenza, lo sviluppo mio e della società. Vivere vicini può essere anche una spiacevole coincidenza. Invece noi siamo convinti che dare vita alla città sia l’esito di una visione del mondo e dell’interpretazione della vocazione dell’uomo. La vita condivisa, nel piccolo villaggio come nella città, dimostra che la libertà può essere organizzata in una forma comunitaria ragionevole, che la comunità è meglio della solitudine, che la legge è meglio dell’arbitrio, che la fraternità non è qualche cosa che accade meccanicamente, ma chiede una decisione che organizza la società in modo che agli eguali sia consentito essere diversi. La costruzione della convivenza fraterna dà storia alla possibilità e capacità di rispondere alla ineludibile domanda del come, del dove, del quando siano attivati percorsi di vita buona, anche nelle improvvide stagioni delle fragilità. (...)

In tale prospettiva anche le garanzie proprie delle libertà sostanziali e non solo formali (cfr. l’art. 3 della Costituzione della Repubblica), che hanno istituito e costruito, attraverso le politiche sociali, lo stato sociale (il cosiddetto welfare state), chiedono oggi di ridefinirlo e di riscriverlo quale welfare relazionale, comunitario, generativo e rigenerativo: l’unico capace di sorreggere e di custodire sia la libertà che l’uguaglianza, di rendere stabili le relazioni liquide, di presidiare le relazioni interpersonali a fronte di una deriva delle stesse nelle interminabili connessioni virtuali (tascabili e immediatamente consumabili); e infine di custodire la virtuosa correlazione tra qualità della vita e vita di qualità. È per questo che ogni autentica relazione interpersonale è generativa: fa essere e fa vivere l’altro. (...)

LE DOMANDE CHE DOBBIAMO FARCI
Occorre promuovere progetti in questa direzione. Si tratta infatti di chiedersi: quali case meritano di essere costruite? Quali infrastrutture sono prioritarie? Quale gestione degli spazi, del verde, dei servizi deve essere perseguita? Quali servizi alla persona (educativi, sociali, sociosanitari e sanitari) devono essere garantiti (per tutta la vita e per la vita di tutti)? Come favorire tra le strutture abitative luoghi di incontro e di condivisione tra persone e tra famiglie? Quale politica urbanistica deve essere progettata per favorire una migliore integrazione tra le diverse fasce della popolazione, evitando la nascita di ghetti e zone di segregazione? Quale gestione e promozione dello sviluppo del commercio va sostenuta, per non perdere il capitale sociale rappresentato dai negozi di quartiere? In che modo immaginare il disegno della città e delle periferie, per rendere lo spazio non solo abitabile ma anche bello e capace di comunicare armonia e serenità? Come favorire lo sviluppo di relazioni e di legami, incrementando in questo modo il grado di sicurezza delle persone che vivono in quel quartiere, non delegando questo compito alle sole forze dell’ordine? Come diffondere e far crescere tra gli abitanti la voglia di conoscere la storia dei luoghi, di condividere la festa, di nutrire la memoria comune, di sentirsi sempre più un popolo e una comunità? (...)

Le istituzioni, tutte le istituzioni, sono chiamate ad allearsi per favorire quello sviluppo dei legami sociali che fanno dell’alveare degli eremiti la casa comune. Noi, comunità cristiane, noi uomini e donne di Chiesa, ci sentiamo per vocazione protagonisti in questa promozione del buon vicinato. (...)

IL BUON VICINATO INIZIA CON UNA SGUARDO
L’arte del buon vicinato comincia con uno sguardo. Ecco: mi accorgo che esisti anche tu, mi rendo conto che abiti vicino. Mi accorgo che hai delle qualità e delle intenzioni buone: anche tu vorresti essere felice e rendere felici quelli che ami. Mi accorgo che hai bisogno, che sei ferito: anche tu soffri di quello che mi fa soffrire. Il buon vicinato comincia con uno sguardo. (...)

Non bastano le risorse economiche della comunità a costruire il buon vicinato, anche se tutti devono rendersi conto che anche il contributo economico è determinante. Pagare le tasse non può essere inteso come fosse un rassegnarsi a un’estorsione; è piuttosto un contribuire a costruire la casa comune anche se il sistema fiscale del nostro Paese necessita di una revisione profonda. (...)

Ma per il buon vicinato ci sono contributi da offrire che non si possono monetizzare. Hanno un costo, ma sono senza prezzo. E vorrei proporre a tutti la regola delle decime. È una pratica buona molto antica, attestata anche nella Bibbia, un modo per ringraziare del bene ricevuto, un modo per dire il senso di appartenenza e di condivisione della vita della comunità. (...)

LA REGOLA DELLE DECIME
La regola delle decime invita a mettere a disposizione della comunità in cui si vive la decima parte di quanto ciascuno dispone.
Ogni dieci parole che dici, ogni dieci discorsi che fai, dedica al vicino di casa una parola amica, una parola di speranza e di incoraggiamento....
Se sei uno studente o un insegnante, ogni dieci ore dedicate allo studio, dedica un’ora a chi fa fatica a studiare.
Se sei un ragazzo che ha tempo per praticare sport e divertirsi, ogni dieci ore di gioco, dedica un’ora a chi non può giocare, perché è un ragazzo come te, ma troppo solo, troppo malato.
Se sei un cuoco affermato o una casalinga apprezzata per le tue ricette e per i tuoi dolci, ogni dieci torte preparate per casa tua, dedica una torta a chi non ha nessuno che si ricordi del suo compleanno.
Se tra gli impegni di lavoro e il tempo degli impegni irrinunciabili, disponi di tempo, ogni dieci ore di tempo libero, metti un’ora a disposizione della comunità, per un’opera comune, per un’iniziativa di bene: dai tempo al bene del vivere insieme, nelle emergenze e nelle feste, nel servizio alle persone e nella cura dell’ambiente.

Se disponi di una casa per te e per la tua famiglia, ogni dieci accorgimenti per abbellire casa tua, dedica un gesto per abbellire l’ambiente intorno. (...)

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