Strade laterali di un'altra Turchia (bozzetti dalla Turchia)

La nebbia ha accompagnato il viaggio in treno da selciuk all'aeroporto di izmir. Poi il volo fino a Istanbul, aeroporto Sabiha, nella parte asiatica. Siamo felicemente obbligati quindi a prendere un bus e poi un traghetto da Kadikoy a Karakoy. Ci piace perché
incroceremo di certo molte persone, i loro tragitti, le loro vite. Passiamo il Bosforo con i gabbiani che inseguono lo scafo per briciole gettate da fotografi curiosi, a sinistra il tratto di penisola col Palazzo reale, moschea blu e Santa Sofia, ad un tratto un branco di delfini salta a pelo sull'acqua, una sorta di epifania augurale. Sulle coste e sui ponti ci sono adulti con la canna da pesca. Fitti come asparagi nella pentola, il pesce poi venduto ai passanti. Scesi a Karakoy diventiamo passanti anche noi. Istanbul è un fiume di gente che cammina, ma come se fosse tutto composto di acque diverse, colori e sapori diversi. Una omogeneità esplosa, ricca e amalgamata, ma senza una fusione vera e propria: tanta gente di fuori, tanti stranieri, ma anche tanti di qui diversissimi tra loro! La Turchia non è Istanbul, Istanbul ci offre tante turchie. Padre Giancarlo che ci accoglie con gioia e cura fraterna, ci racconta di questo per un mondo che contiene quasi un quarto di popolazione totale del paese!
La.prima passeggiata a piedi è quasi stordirci: siamo passati da luoghi "altro" da noi a un luogo che è "oltre" noi. Ci sorpassa. Ankara è capitale, luogo amministrativo, ma è qui che le linee politiche si discutono e i partiti si fronteggiano. Piazza Taksim, presidiata, è il luogo da dove partono le proteste. E noi ci accorgiamo, un po incapaci di comprendere, che questa città è un universo.
Alla sera, con calma raccogliamo le voci della comunità dei frati che ci ospitano, e quella di altri volontari. Qui profughi ufficialmente non ce ne sono. Il governo non li ammette nelle grandi città. Se ci sono, e di fatto ci sono, stanno alla mercé dei criminali che lucrano sulla loro fuga verso l Europa.
Conclusioni? Nessuna. Il caleidoscopio che ci si mette agli occhi entrando in questa città, impedisce per ora di focalizzare se non la quantità grande e strana dei tanti colori di questo mondo. Forse, domani, saranno strade laterali ad aprirsi per noi è vedere con più lentezza ogni cosa.
Don Francesco Ondedei.

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