Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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lunedì 5 febbraio 2018

Il sogno della carità genera voci (bozzetti dalla Turchia)

Qui il sonno è sorvegliato dalle voci.

Per esempio al mattino alle 6.30 l'avviso della preghiera dai minareti inizia in una gara di sonorità distorte e potenti, ed il canto arabo trasfonde rapidamente la sua forza poetica in risveglio stridente. Eppure lo si accetta senza tanto disturbo.
Ci sono poi le voci della strada, rarefatte nella notte. A volte un cane abbaia. A volte anche una collisione di auto (qui la guida sembra più a senso che a precedenze, tipo da noi nelle rotonde!). Ma nessuno urla contro l'altro. A volte poi è il silenzio che ci osserva, nella notte qualcuno al chiosco fuori ancora sta consumando un chai e guarda verso le nostre finestre ma non parla a nessuno.
Ci sono poi le voci che riemergono da dentro, nella notte, nel sonno, nel cuore e nella mente, nel sogno.
Oggi è domenica e la messa è alle 12. Ma prima della 12.30 non si inizia. I cristiani profughi, nuova linfa della vita secondo il Vangelo, arrivano quieti, si salutano. Oggi una coppia di loro arriva da oltre 100km di distanza. Come se da Bologna dovessimo andare a Rimini per la messa. Chi lo farebbe? su alzate la mano! In più occorre trovare la moneta per i biglietti del bus e avvisare la polizia dello spostamento!
Iniziamo col canto arabo: questa è la lingua dei profughi. Ma la liturgia sarà in turco, le risposte in arabo, l'omelia in inglese, tradotta al momento, e alcune parti in italiano. Inoltre vengono introdotti due canti liturgici al momento penitenziale e per la comunione propri dei caldei. E direi che di ecumenismo qui si fa davvero pratica. Che poi si usi l'arabo dovrebbe risvegliare da certi stordimenti occidentali che identificano arabo uguale musulmano.
Il Vangelo oggi parla di un dio che allunga la mano ad un malato, e stringere la mano di un altro essere umano diventa accendere roveti ardenti in mezzo all'umanità.
La messa procede. È la festa dell'incontro. Oggi questi cristiani si ritrovano e si guardano in faccia. Non è scontato incontrarsi durante una messa. Almeno da noi spesso si può vivere in perfetto e mascherato anonimato. Ma se avviene il contrario, allora è la festa dell'incontro. Quando ciò avviene è come se l'un l'altro si dicesse "guardami, questi sono io!", in una sorta di ECCE HOMO che si ripete.
Arriviamo alla comunione. Si avvicinano gli adulti che ricevono pane e vino. I bimbi ancora in attesa, sono in fila e ricevono un segno di croce sulla fronte. Anche una donna riceve questa croce e stringe forte la mano del prete. Amoris Laetitia. Sorridiamo ad un certo punto per un gesto bello e furbo di un bimbetto che si rimette in fila per avere di nuovo la benedezione. E rapisce cosi il regno dei cieli.
Dopo la messa rapidamente siamo nel portichetto del chiostro, viene preparata la mensa: grandi vassoi e sopra panini da farcire con fagottini di foglie acidule di vite ripieni di riso. Con una mano si sventra il pane, con un cucchiaio si mettono dentro gli involtini.
Ma non c'è tanto tempo per mangiare! Rivolgo un saluto a tutti e spiego il motivo della mia visita. La nostra diocesi di Bologna ha finanziato il progetto di riapertura della Caritas Anatolia. Ringrazio della loro accoglienza e testimonianza cristiana. Non vogliamo lasciarli soli.
Dopo qualche minuto di silenzio iniziano le domande che Yasir mi traduce. Yasir ha insegnato inglese alle superiori, è di Qaraqosh, Iraq.
La prima domanda di un giovane: cosa potete fare per aiutarci ad andare in un altro paese? Spiego che non è nelle nostre possibilità ma porterò la richiesta in Italia. Due mamme poi si fanno avanti, e incedono man mano che parlano. Capisco che Yasir addolcisce le domande che sono presto riassunte: hanno bisogno di cure urgenti. La sanità turca non le garantisce. I privati chiedono un ricovero che costerebbe fino a 2000 lire turche (circa 440 euro). Cosa possiamo fare per aiutarli? Anche qui non posso che rimandare ad un lavoro della caritas locale appena riaperta ma capisco che l'urgenza ha bisogno di altre risposte. Noi lavoriamo da lontano, ma la prossimità è altra cosa. Ritrovo nella mente anche le voci dei tanti rifugiati ad Ainkawa 2 vicino ad Erbil in Iraq. Ma senza risposte!
I dialoghi proseguono a piccoli capannelli e la tensione si stempera. Il saluto è cordiale, ed il desiderio di incontrarci ancora più che sincero. Del resto con chi possono sfogarsi queste persone? In quale ufficio trovano ascolto piuttosto che burocrazia? Carità e giustizia invece che freddi doveri e automatiche legalità?
Na'il  resta fino all'imbrunire. Un giovane che collabora per mediare liturgicamente durante la messa. In questi giorni espone alcuni suoi quadri di arte figurativa ma quasi iperrealistica. Cerca di studiare, dicono che il vescovo stia cercando di mandarlo in Italia per questo. Meglio che grandi proclami, piccole e decisive scelte per questi profughi sembrano una voce possibile. Un sogno di carità più grande.
Don Francesco Ondedei

1 commento:

  1. affrontare la contraddizione ed il paradosso può fare paura. ma è l'unica salvezza dalla morte in vita.

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