Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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venerdì 10 aprile 2020

10 aprile 2020 VINO (commento a Gv 18, 1 - 19, 42)

dal Vangelo secondo Giovanni
Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto». (Gv 19, 31-37)


Di nuovo di fronte alla passione di un uomo, tutta d’un fiato!
Non è, non dovrebbe mai esserlo, che il vocabolario di un essere umano frequenti troppo e a lungo i territori della sofferenza e della passione di un altro essere umano. Queste parole non possono lasciarci tranquilli, non solo per ciò che descrivono (infierire su un cadavere per accertarne la morte) ma perché l’autore della narrazione subito dopo sottolinea il poderoso valore di testimonianza che ha questo particolare aspetto nella narrazione del vangelo di Gesù (quattro successivi passaggi vengono concatenati in un solo versetto: lui ha visto, ne dà testimonianza, che è vera, perché così possiamo credere!). Non siamo solo sul piano oggettivo, per cui si vuole testimoniare un fatto “realmente” accaduto, liberi quelli che volessero negarne la realtà. Ma Giovanni con questa testimonianza ci pone su un differente livello, quello della fede: se fissi lo sguardo qui, questo può suscitare la tua fede. Viene in mente il centurione, nel Vangelo di Marco (15,39), “che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: «Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!»”.





























Dai quadri di Grunewald, che riproduce i malati del convento-ospedale, pieni di pustole e con le dita delle mani e dei piedi contorte sulla croce, in questo identificati in speranza di guarigione, fino alla Passione filmografica di Gibson, che riduce al sangue visibile, quasi con approccio granghignolesco, buona parte della sofferenza rappresentabile in una estenuata via crucis, figurare il sangue e la sofferenza del crocifisso è un tentativo di poter gridare il rifiuto del male: “non si può, non è giusto soffrire fino a questo punto per morire!”. William Congdon in Crocifisso 2 fa tutto un corpo bianco su sfondo nero. La croce non si vede, fusa col buio di tutto il resto del mondo. Alcune linee graffite sul colore provano a segnare confini diversi, umani, rispetto a quella notte. Una zona ocra segna il capo reclinato. Sulla destra una prolungata macchia rossa, scarlatto colore stratificato, che non fluisce verso il basso, perché un corpo morto non ha più il muscolo che pulsa e quello che fuoriesce è solo il cumulo che si forma in quel punto del corpo, là dove è il cuore.

Ma Giovanni forse direbbe che non è questa strada sufficiente, il piano reale di questo sangue non è solo la compassione, nel suo ventaglio di significati dall’empatia alla denuncia. Continuiamo a parlarne “perché anche voi crediate”. Dal cuore di Gesù, ormai fermo, l’evangelista testimonia che sgorgò, come da una fonte nascosta (questo il significato del verbo usato: zampillare). La fonte d’acqua, il dono dello Spirito, ha finalmente iniziato a sgorgare e questo perché siamo amati fino al dono della vita, il sangue, che viene comunicata ai credenti. La vita di Gesù è la nostra fede, è il nostro sangue nelle vene. Quando sento nella liturgia i termini “sacrifico gradito” non vado certamente alla ricerca di autolesionismo. Sacrificio gradito è la persona nuova che scaturisce da questo contatto con la vita donata di Gesù.

Non posso fare a meno di ricordarmi del calice in cui quotidianamente (ogni giorno, eccetto nel venerdì del triduo pasquale!) verso del vino. Spesso non è vino rosso quello che utilizzo. Così iconico servirebbe per riportarci a questa croce caricando però di ambiguità, se non di rischioso letteralismo, il segno. È un vino da messa, come lo si chiama comunemente. Ed è proprio in quel calice lì che di tutta la preghiera eucaristica mi viene chiesto un gesto di offertorio unico: aggiungere qualche goccia d’acqua, la mia vita, scarsa e di natura diversa. Mi commuove pensare come prevarrà quella vita donata. E la lascio fare, non mi sento violentato ma amato. Quanto è difficile lasciarsi amare! Tuttavia lascio fare al Signore! Non mi è esperienza rara vedere qualche prete commuoversi. “La chiesa si preoccupa vivamente che i fedeli cristiani non assistano come estranei o muti spettatori a questo mistero di fede” (Sacrosanctum Concilium 48)

Il sangue può sgorgare in molti modi nelle nostre vite, non ne sono alieni questi giorni. Ma questo sangue sarà in grado di suscitare la fede?

Provate anche voi, un piccolo esperimento. Un poco d’acqua nel vino, in questo vino: almeno non restiamo fantasmi. Prego questo, oggi, con voi.

Donde



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