Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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mercoledì 29 aprile 2020
29 aprile 2020 “egli sa bene di che siamo plasmati” (commento a Mt 11,25-30)
In quel tempo, Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Oggi avrei bisogno di sognare, i cancelli che si stanno aprendo fanno cigolare parecchio tutte le viti, e questo stridere -da qualsiasi parte provenga- mi sta spoetizzando un po'. Mi piacerebbe un po' di profezia e la chiederei magari a santa Caterina, che oggi è di calendario. Ma lei è santa: una parola che ci tiene a fare la sua figura accanto a nomi che spesso non sono il nostro. L’attribuiamo per lo più ad altri, a morti. Una parola che, a suo modo, oggi il vangelo mi fa incontrare, non proprio in questa veste, ma in quel “piccoli” con cui Gesù indica i destinatari della rivelazione.
Perché questo stupore di Gesù? Dio si manifesta nella storia, il Suo popolo lo ha sempre saputo. Ma lo stupore di cui a volte ci dimentichiamo nasce da questa precisazione: nella nostra storia. Ed in questo Dio non è neutrale: parla ai piccoli, resta nascosto ai dotti e ai sapienti.
SIPARIETTO TEATRALE. Alla cattedra cigolano i legni consumati che la tengono sollevata dal piano dei banchi degli alunni, punto privilegiato di osservazione. “Appello: Dotti e Sapienti?”. Lo sguardo del prof si alza e osserva, dopo che il silenzio in aula l’aveva richiamato ad una verifica visiva. Poi ripiega il capo sul registro, muove il braccio pesantemente poggiato sui fogli, e scrive riempiendo con la voce il vuoto di potere dello sguardo sui coscritti ai banchi: “Gli…alunni…Dotti e…..Sapienti…assenti! Fatto!”. Segue con l’elenco dei nomi e scandisce: “Piccoli?”. Un boato fa sventolare le orecchie del povero docente, soprannominato anche in sala professori, Radar: “Presente!”. Tutti gli alunni in aula si alzano e gridano insieme ancora una volta: “Presente!”.
Siamo davvero tutti piccoli alunni? Piccoli discepoli? Sono sempre e soltanto gli altri i dotti e sapienti?
La parzialità di Dio è rivelata, non è frutto di ragionamenti o calcoli: sceglie nella storia, ed in modo che questa scelta arrivi anche a confondere chi si mantenga sul versante opposto a quelle condizioni, e magari confondendosi sbagliando non finisca per ritornare sulla via giusta. Queste condizioni non sono poi morali, almeno non nel modo teorico in cui spesso includiamo le nostre liste della spesa al confessionale. (cfr 1Cor 1,27). Se provassi a sciogliere questa opposizione nel vangelo odierno (dotti-sapienti/piccoli), forse direi che la storia in cui si rivela Dio non è quella di chi possiede già le risposte, ma in chi ha coraggio di farsi le domande importanti, essenziali, direi quasi denudanti. È una storia fragile: farsi domande è controcorrente, ma quelle poste con semplice evidenza potrebbero rivelarci che non siamo fantocci, marionette pilotate, canovacci già scritti.
Tutti ci facciamo domande, ma la maggior parte non lo sono. Come è scritto in un testo di una semplice canzonetta, ci sono molte domande che sono solo affermazioni con il punto interrogativo. Il piccolo è chi, schiettamente, pone le domande, non sapendo davvero quale sia la risposta, anche a rischio di mettere in questione tutto quello che ha, tutto quello che è. Attende, che è quasi un attendarsi, per una falsa etimologia, cioè piantare una casa provvisoria, metter su una tenda per poter stare vicino a chi si è posta quella domanda. Si fa così con le persone che amiamo: chiediamo a volte “perché?”, ma poi restiamo comunque vicini, prossimi. Non sarà una risposta che tarda a venire a farci allontanare. Se poi la domanda è sulla malattia o sulla morte, restiamo anche se sappiamo che quella risposta non potrà esserci.
Chiediamo una buona dose di profezia a santa Caterina, che ha preso parte alla storia del suo tempo, ma sempre in conseguenza a questo stare vicino al Signore. Non so spiegare il perché, ma associo spesso Caterina a Maria di Magdala, al suo olio versato sui piedi di Gesù, al profumo che ne scaturisce. Tutto è frutto d’amore, in Caterina, e anche i peccati possono avere un senso: anche se temono di non saper nuotare, desiderano immergersi ugualmente in questo oceano trinitario di amore. Quando iniziano ad affogare, allora iniziamo a respirare. Quando vediamo le assi spezzate in mare, sono poi quelle che ci permettono di restare a galla.
La santità è un desiderio di cose leggere, ghiaccio che al calore si respira in fiato. Un paragone di un giovane con in mente la suggestione dell’incontro di Elia con il Signore (1Re 19,11-12), ha detto “la voce del Signore non era nel frastuono del fare fare fare, era nella leggera brezza del silenzio di chi ascolta”.
Donde
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