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Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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domenica 19 aprile 2020
19 aprile 2020 “Benedite, freddo e caldo, il Signore.”(commento a Gv 20,19-31)
Dal vangelo secondo Giovanni
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
La semplicità di Tommaso è quella di chi disarma, è uno che sembra con ironica freddezza comprendere la realtà presente, ciò che ci accade sotto gli occhi, l’azione da fare per portare a compimento fino alla fine la relazione con gli altri, fino alla pienezza. Se la realtà fosse un bambino che ha fame di dolci d’estate, dopo aver giocato nel parco, Tommaso sarebbe il gelato che gli viene offerto dalla mamma, in parte consumato, in parte sciolto, in parte caduto, in parte appiccicato sulle dita e forse sul viso fino ai capelli, tutto consumato. Non ha le devozioni appassite di chi venera i volti della morte: non è interessato al potere («Andiamo anche noi a morire con lui!» dice dirigendosi a Gerusalemme, dove gli altri vedevano l’opportunità finalmente per una poltrona da ministro!), né al denaro (desidera mettere insieme fine e mezzi come indicato da Gesù: «Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?», e la risposta è una persona non il suo prezzolato valore!). Neppure è interessato alla quiescente adeguatezza di non mettere alla prova della vita anche la più bella delle notizie, perché “la realtà semplicemente è, l’idea si elabora. Tra le due si deve instaurare un dialogo costante, evitando che l’idea finisca per separarsi dalla realtà…Da qui si desume che occorre postulare un terzo principio: la realtà è superiore all’idea.” (EG 231). Così nella sua semplice realtà, esige una cosa: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Tommaso è l’unico che sembra avere superato la paura dei Giudei: in linea con le sue stesse parole è l’unico che è fuori, quasi avesse già intrapreso il cammino dell’apostolato. Ma resta ancora discepolo: in uscita, però senza chiesa che invia. La tomba vuota sorgente di fede, non era giunta all’incontro con il Vivente. Le bende ripiegate avevano fatto di Pietro e Giovanni portatori di voce, ma assenti di carne. Il Vangelo -a parte, non vista da loro- ci ricorda che quella stessa voce che era stata la donna alla vista della tomba aperta, si era appena mutata in un calore nuovo che la spinge a toccare chi torna a chiamarla per nome “Maria!”. Gesù il Risorto è apparso, si è fatto riconoscere, le chiede di non trattenerlo.
Su questo caldo si gioca tutta la forza dell’apostolo. Il tema è anche qui quello dell’essere inviati, uscire da sé stessi, con la lingua di una madre, con la lingua di un padre, non con la voce ben scandita dei treni in arrivo in stazione: questa rispetta il meccanismo orario, quella rimuove tutte le porte e tutte le pietre, perché ci libera il cuore e -per così dire – ci fa librare oltre il muro. Tommaso non sembra sentire il calore nella testimonianza degli altri, neppure adesso che loro lo hanno visto e lui no! Che rispetto ha Dio della sua storia? Forse bisognava che anche lui vedesse, anche lui toccasse. Come Maria, come gli altri dieci.
C’è un calore nel vangelo secondo Giovanni, che non è positivo, come quando Pietro si avvicina al fuoco perché tradire agghiaccia il cuore e da qualche parte bisogna scaldarsi (18, 18). Quando anche Tommaso partecipa della manifestazione di Gesù il Vivente, il caldo è differente, qui la chiesa è calore, è completa: «Mio Signore e mio Dio!». Un dittico pasquale: la madre e il discepolo che Gesù amava, stanno sotto la croce. Maria di Magdala e gli undici, incontrano il Risorto. La chiesa riceve lo Spirito e può essere inviata. Quello che si vive solo comunitariamente deve essere trascorso anche da Tommaso singolarmente, anche personalmente da ognuno di noi. perché siamo chiamati a scaldare, non ad insegnare catechismo da pagina uno a pagina millemila!
La realtà è superiore all’idea: come fare a sapere che tipo di chiesa siamo? Pensiamo a questi tanti giorni trascorsi dove “nessuno incontri nessuno!”. Abbiamo cercato di scaldarci o di scaldare? Abbiamo visto la chiesa come assenza dal poter fare le nostre abituali attitudini alla religione, oppure ci siamo chiesti: “cos’è che ci scaldava davvero, tanto da poter scaldare a nostra volta?”. Come siamo comunque evangelizzatori?
Questa passione secondo Tommaso invoca per noi una testimonianza che sia futuro e non solo consolazione al presente!
Prima o poi, care amiche, cari amici, usciremo da questi brevi sepolcri e saremo chiamati ad una enorme calorosa vita, non soltanto ai timidi normali percorsi di sempre. Che sarà il futuro? Scaldare e non solo scaldarsi!
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