Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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giovedì 2 aprile 2020

2 aprile 2020 ALLEANZA (commento a Gv 8,51-59)

Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «In verità, in verità io vi dico: “Se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno”». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?».
Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia».
Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono».
Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.


Continua la discussione tra Gesù ed i Giudei. Non c’è tanto da riassumere le puntate precedenti: il dialogo si fa sempre più serrato perché tra quelli che lo seguono c’è -non pochi- chi vuole sapere se ha puntato sul cavallo giusto, se quel successo di popolo e di azioni, l’arguta capacità oratoria dimostrata, facevano di Gesù un plausibile punto di riferimento finchè durasse la sua fama tra il popolo e la sua utile forza simbolica contro i nemici (romani o avversari politici/religiosi). E forse la maggioranza stava solo a guardare, aspettando di vedere quale direzione indicasse la banderuola segnavento. La conclusione è sfavorevole per Gesù, vogliono raccogliere pietre e gettargliele contro. Gesù si nasconde ai loro occhi e abbandona il tempio finché lo useranno come scatola per inchiodarci dentro Dio! È Luca a sottolineare che mentre decide di dirigersi a Gerusalemme Gesù deve indurire il volto (Lc 9,51)! Non deve essere mai stato facile per Gesù prendere certe decisioni, neppure questa dopo l’affermazione che poteva aprire gli occhi ai suoi discepoli, ed invece finisce per far chiudere le mani, pugni e sassi. Gesù dice: “prima che Abramo fosse, Io Sono”. L’espressione che usa assomiglia troppo a quella con cui il Dio di Abramo di Isacco di Giacobbe si era rivelato a Mosé. Folle perdente, pericoloso visionario, abile stratega sociale, dunque tu Gesù dici di essere Dio?

Ed è su questa misteriosa relazione tra Abramo e Gesù che si consumano le ultime battute tra gli avversari e lui. Non riescono a capire come possa avere conosciuto Abramo (ironia: hai meno di 50 anni!). Abramo è morto e sepolto. Abramo è Abramo, ma non c’è più. Sono tutti morti, anche i profeti! Gesù invece che di morte parla di esultanza, di speranza, di gioia. Riportate sul piano naturale, le nostre relazioni terminano quando il corpo a corpo non c’è più. Fa soffrire, ci tenta a metterci una pietra sopra (ricordate il Vangelo di domenica sulla morte dell’amico Lazzaro?). Eppure la sofferenza è di per sé un segnale che le relazioni non finiscono, l’altro è ancora in me e questo ha un peso, fa la differenza nella mia vita. Un amico, in una chiave misteriosa che si cambia in luce ogni giorno di più, mi ha detto: “Ti ho donato la possibilità di soffrire!”. Le relazioni sono per la vita non per la morte. Tutte le morti di questi giorni, che si sommano a tutte quelle per fame e per violenza che non hanno smesso di esserci, anche se le notizie sono del tutto polarizzate sull’epidemia, non sono la fine delle relazioni. Morti, si!, ma come alberi abbattuti che gettano ancora l’ombra nella quale ristorarsi. È una comunione non del nostro quotidiano andare, perché ci parla di una permanenza, di uno strappo con l’incedere e il progredire, di uno stare, di un restare. Ma noi andiamo avanti, e questo forse ci lacera, perché la comunione resta.

C’è una comunione anche nella chiesa, che la chiesa raffigura. C’è un’alleanza che si attua nella storia perché ci sia un popolo che fonda la sua appartenenza sulla legge posta nel cuore e nella mente, la legge dell’amore più grande, dare la vita per gli amici. Quella pienezza di alleanza inaugurata da Gesù. “Dio ha convocato tutti coloro che guardano con fede a Gesù, autore della salvezza e principio di unità e di pace, e ne ha costituito la Chiesa, perché sia agli occhi di tutti e di ciascuno, il sacramento visibile di questa unità salvifica. Dovendosi essa estendere a tutta la terra, entra nella storia degli uomini, benché allo stesso tempo trascenda i tempi e i confini dei popoli, e nel suo cammino attraverso le tentazioni e le tribolazioni è sostenuta dalla forza della grazia di Dio che le è stata promessa dal Signore, affinché per la umana debolezza non venga meno alla perfetta fedeltà ma permanga degna sposa del suo Signore, e non cessi, con l'aiuto dello Spirito Santo, di rinnovare se stessa, finché attraverso la croce giunga alla luce che non conosce tramonto.(da Lumen Gentium n.9)”. La convocazione (=chiesa) esiste per essere un segno ed uno strumento di relazioni per la vita.
Per avere la vita non basta esistere, dobbiamo anche esserci. E per esserci le nostre relazioni sono segnate dall’amore.

Compagni di cammino, sostiamo ogni tanto in questo desiderio di amare come Gesù ci ha amati

Donde

Da Lumen Gentium n.9
IL POPOLO DI DIO Nuova alleanza e nuovo popolo
 9. In ogni tempo e in ogni nazione è accetto a Dio chiunque lo teme e opera la giustizia (cfr. At 10,35). Tuttavia Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse secondo la verità e lo servisse nella santità.
 Scelse quindi per sé il popolo israelita, stabilì con lui un'alleanza e lo formò lentamente, manifestando nella sua storia se stesso e i suoi disegni e santificandolo per sé. Tutto questo però avvenne in preparazione e figura di quella nuova e perfetta alleanza da farsi in Cristo, e di quella più piena rivelazione che doveva essere attuata per mezzo del Verbo stesso di Dio fattosi uomo. «Ecco venir giorni (parola del Signore) nei quali io stringerò con Israele e con Giuda un patto nuovo... Porrò la mia legge nei loro cuori e nelle loro menti l'imprimerò; essi mi avranno per Dio ed io li avrò per il mio popolo... Tutti essi, piccoli e grandi, mi riconosceranno, dice il Signore» (Ger 31,31-34). Cristo istituì questo nuovo patto cioè la nuova alleanza nel suo sangue (cfr. 1 Cor 11,25), chiamando la folla dai Giudei e dalle nazioni, perché si fondesse in unità non secondo la carne, ma nello Spirito, e costituisse il nuovo popolo di Dio. Infatti i credenti in Cristo, essendo stati rigenerati non di seme corruttibile, ma di uno incorruttibile, che è la parola del Dio vivo (cfr. 1 Pt 1,23), non dalla carne ma dall'acqua e dallo Spirito Santo (cfr. Gv 3,5-6), costituiscono «una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una nazione santa, un popolo tratto in salvo... Quello che un tempo non era neppure popolo, ora invece è popolo di Dio» (1 Pt 2,9-10).
 Questo popolo messianico ha per capo Cristo « dato a morte per i nostri peccati e risuscitato per la nostra giustificazione » (Rm 4,25), e che ora, dopo essersi acquistato un nome che è al di sopra di ogni altro nome, regna glorioso in cielo. Ha per condizione la dignità e la libertà dei figli di Dio, nel cuore dei quali dimora lo Spirito Santo come in un tempio. Ha per legge il nuovo precetto di amare come lo stesso Cristo ci ha amati (cfr. Gv 13,34). E finalmente, ha per fine il regno di Dio, incominciato in terra dallo stesso Dio, e che deve essere ulteriormente dilatato, finché alla fine dei secoli sia da lui portato a compimento, quando comparirà Cristo, vita nostra (cfr. Col 3,4) e « anche le stesse creature saranno liberate dalla schiavitù della corruzione per partecipare alla gloriosa libertà dei figli di Dio » (Rm 8,21). Perciò il popolo messianico, pur non comprendendo effettivamente l'universalità degli uomini e apparendo talora come un piccolo gregge, costituisce tuttavia per tutta l'umanità il germe più forte di unità, di speranza e di salvezza. Costituito da Cristo per una comunione di vita, di carità e di verità, è pure da lui assunto ad essere strumento della redenzione di tutti e, quale luce del mondo e sale della terra (cfr. Mt 5,13-16), è inviato a tutto il mondo.
 Come già l'Israele secondo la carne peregrinante nel deserto viene chiamato Chiesa di Dio (Dt 23,1 ss.), così il nuovo Israele dell'era presente, che cammina alla ricerca della città futura e permanente (cfr. Eb 13,14), si chiama pure Chiesa di Cristo (cfr. Mt 16,18); è il Cristo infatti che l'ha acquistata col suo sangue (cfr. At 20,28), riempita del suo Spirito e fornita di mezzi adatti per l'unione visibile e sociale. Dio ha convocato tutti coloro che guardano con fede a Gesù, autore della salvezza e principio di unità e di pace, e ne ha costituito la Chiesa, perché sia agli occhi di tutti e di ciascuno, il sacramento visibile di questa unità salvifica [15]. Dovendosi essa estendere a tutta la terra, entra nella storia degli uomini, benché allo stesso tempo trascenda i tempi e i confini dei popoli, e nel suo cammino attraverso le tentazioni e le tribolazioni è sostenuta dalla forza della grazia di Dio che le è stata promessa dal Signore, affinché per la umana debolezza non venga meno alla perfetta fedeltà ma permanga degna sposa del suo Signore, e non cessi, con l'aiuto dello Spirito Santo, di rinnovare se stessa, finché attraverso la croce giunga alla luce che non conosce tramonto.

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