Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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martedì 14 aprile 2020
14 aprile 2020 “La vostra tristezza si cambierà in gioia” (commento a Gv 20, 11-18)
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto».
Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» - che significa: «Maestro!». Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”».
Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.
Come accostate senza un collegamento, i due episodi dell’incontro di Maria di Magdala con il Cristo il Vivente, e della testimonianza di fede nel Risorto dei due discepoli Pietro e Giovanni, nel momento in cui dentro la tomba vedono le bende ed il sudario, ci raccontano ancora una volta della pluralità di modi in cui possiamo fruire della fede nel momento in cui incontriamo personalmente il Signore e ci fidiamo della sua vita presente con noi.
Torna anche in questa pagina l’indicazione di come le figure femminili anticipano i discepoli nell’incontro con il Signore risorto. “La compagnia di Gesù è aperta alle donne. I rabbini non le ammettevano nella cerchia dei discepoli…ora in Gesù non c’è più né maschio né femmina (Gal 3,28). Eventuali distinzioni culturali o naturali sono secondarie rispetto al privilegio di stare «con lui» che è la vita stessa…le donne hanno avuto un grosso ruolo nella comunità primitiva. Forse perché la donna, figura materna, è accoglienza, abitazione, luogo dove l’uomo può vivere e stare di casa…il denominatore comune di queste donne, come quello di tutto il popolo, è l’esperienza della cura che il Signore Gesù si è preso di loro: hanno l’esperienza del dono e del perdono, quindi del «maggior amore». Per questo amano di più, come anche più si sono sentite amate…le donne sono strettamente associate ai Dodici, anche se distinte da loro. Stanno «con» Gesù, come i dodici, e per di più «servono» a loro spese, come Gesù. Infatti sono già state curate da quei mali e da quegli spiriti cattivi che i discepoli ancora hanno e che impediscono loro di servire. Per questo, forse, a differenza di loro, stanno sul calvario e al sepolcro, presenti nella morte e nella vita. Capovolgendo il finale del vangelo apocrifo di S.Tommaso, possiamo dire che ogni maschio che non diventa donna non entra nel regno dei cieli.” (Una comunità legge…Luca, Silvano Fausti).
Maria di Magdala compie il cammino di chi passa dal buio alla luce, di un corpo che abituato alla gravità della terra venga posto dentro una piscina, portato dunque a cambiare tutti i paradigmi di sensazioni e comprensione delle cose. “Perché piangi?”: non può continuare a cercare un cadavere se vuole incontrare Gesù. Anche per noi, come per lei, la tomba (la morte, il male, il virus) non può rispondere alle nostre attese. In queste settimane un eccesso di concentrazione ai TG -me lo testimoniano in diversi- non producono la cautela necessaria o l’immaginazione di nuovi stili di vita, ma il panico, il ripiegamento oppure il rifiuto, la negazione. Ieri pomeriggio ascoltando un’amica suora, ho fatto miei questi pensieri: “mai come in queste settimane ho compreso quanto sia necessario per noi il contatto fisico, per quanto siano utili i mezzi digitali per mantenere le nostre relazioni. Abbiamo sete del contatto, siamo davvero animali sociali!”. Non dimentichiamoci del corpo. Quella chiamata per nome “Maria!”, la conduce sul piano di Gesù che è ormai il Vivente, non un sopravvissuto di questo mondo! Il nome raggiunge l’interiorità della persona, apre la porta tombale del nostro sofferente cuore! Condividiamo con lei pure la richiesta di Gesù che ci fa pensare “non mi trattenere!”, non mi toccare. Nessuna mano può afferrare il Risorto, eppure è riconosciuto proprio perché è lì con tutto il suo…bagaglio corporale! Già e non ancora, qualcosa del prima ma in un contesto del tutto nuovo, che richiama un cambiamento. (Mi viene in mente il film Koyaanisqatsi, forse veramente IL film di questo nostro tempo! Ne parleremo!).
Stiamo mediando tra un prima ed un poi, e dobbiamo capire come questo nostro corpo possa di nuovo avere peso nelle relazioni. Anche come chiesa ci potremmo riflettere, su cosa sia il corpo di Cristo, forse ridotto all’osso nel concentrarlo tutto nel pane consacrato e consumato a messa, ed ora di fatto negato. La chiesa è il corpo di Cristo, e le nostre liturgie dicono come immaginiamo il nostro corpo. Cosa ci raccontano di noi stessi le eucaristie che vediamo registrate in diretta in TV o fruite successivamente su internet? Ringraziamo la TV di poter vedere che la messa è celebrata, ma questo non ci suggerisce una possibilità di partecipare in questi tempi. È un modo di congelare, tenere conservato, ma c’è una proposta ulteriore? qualcuno suggerisce un salto: trovare un modo per far celebrare l’eucarestia nella chiesa domestica che è la famiglia, magari sul modello della cena pasquale ebraica, dove l’”anziano” rispondendo alla domanda del più giovane, fa memoria della liberazione di Dio per il suo popolo, mentre tutta la famiglia è seduta intorno alla mensa…
Maria dice oggi a noi “ho visto il Signore Gesù!”, e noi, sorelline e fratellini, come portiamo avanti l’annuncio?
Donde
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