Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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lunedì 2 ottobre 2017
Rispondere ai ritornelli paralizzanti del consumismo culturale (p. Francesco agli universitari - IERI)
VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
BOLOGNA PER LA CONCLUSIONE DEL
CONGRESSO EUCARISTICO DIOCESANO
INCONTRO CON GLI STUDENTI E IL MONDO
ACCADEMICO
DISCORSO DEL SANTO PADRE
Piazza San Domenico (Bologna)
Domenica, 1° ottobre 2017
Cari amici,
sono contento di condividere questo
momento con voi e ringrazio cordialmente il Rettore e lo studente per
i loro interventi. Non potevo venire a Bologna senza incontrare il
mondo universitario. L’Università di Bologna è da quasi mille
anni laboratorio di umanesimo: qui il dialogo con le scienze
ha inaugurato un’epoca e ha plasmato la città. Per questo, Bologna
è chiamata “la dotta”: dotta ma non saccente, proprio grazie
all’Università, che l’ha sempre resa aperta, educando cittadini
del mondo e ricordando che l’identità a cui si appartiene è
quella della casa comune, dell’universitas.
La parola universitas contiene
l’idea del tutto e quella della comunità. Ci aiuta a fare
memoria delle origini – è tanto prezioso coltivare la memoria! –,
di quei gruppi di studenti che cominciarono a radunarsi attorno ai
maestri. Due ideali li spinsero, uno “verticale”: non
si può vivere davvero senza elevare l’animo alla conoscenza, senza
il desiderio di puntare verso l’alto; e l’altro “orizzontale”:
la ricerca va fatta insieme, stimolando e condividendo buoni
interessi comuni. Ecco il carattere universale, che non ha mai
paura di includere. Lo testimoniano seimila stemmi
multicolori, ognuno dei quali rappresenta la famiglia di un giovane
venuto qui a studiare, non solo da tante città italiane, ma da molti
Paesi europei e persino dal Sudamerica! La vostra Alma Mater, e ogni
università, è chiamata a ricercare ciò che unisce. L’accoglienza
che riservate a studenti provenienti da contesti lontani e difficili
è un bel segno: che Bologna, crocevia secolare di incontri, di
confronto e relazione, e in tempi recenti culla del progetto Erasmus,
possa coltivare sempre questa vocazione!
Tutto qui è iniziato attorno allo
studio del diritto, a testimonianza che l’università in Europa
ha le radici più profonde nell’umanesimo, cui le istituzioni
civili e la Chiesa, nei loro ruoli ben distinti, hanno contribuito.
Lo stesso San Domenico rimase ammirato dalla vitalità di Bologna e
dal grande numero di studenti che vi accorrevano per studiare il
diritto civile e canonico. Bologna col suo Studium aveva saputo
rispondere ai bisogni della nuova società, attirando studenti
desiderosi di sapere. San Domenico li incontrò spesso. Secondo una
narrazione, fu proprio uno scolaro, colpito dalla sua conoscenza
della Sacra Scrittura, a domandargli su quali libri avesse studiato.
È nota la risposta di Domenico: «Ho studiato nel libro della
carità più che in altri; questo libro infatti insegna ogni cosa».
La ricerca del bene, infatti, è la
chiave per riuscire veramente negli studi; l’amore è
l’ingrediente che dà sapore ai tesori della conoscenza e, in
particolare, ai diritti dell’uomo e dei popoli. Con questo
spirito vorrei proporvi tre diritti, che mi sembrano attuali.
1. Diritto alla cultura. Non mi
riferisco solo al sacrosanto diritto per tutti di accedere allo
studio – in troppe zone del mondo tanti giovani ne sono privi –,
ma anche al fatto che, oggi specialmente, diritto alla cultura
significa tutelare la sapienza, cioè un sapere umano e umanizzante.
Troppo spesso si è condizionati da modelli di vita banali ed
effimeri, che spingono a perseguire il successo a basso costo,
screditando il sacrificio, inculcando l’idea che lo studio non
serve se non dà subito qualcosa di concreto. No, lo studio serve a
porsi domande, a non farsi anestetizzare dalla banalità, a cercare
senso nella vita. È da reclamare il diritto a non far prevalere le
tante sirene che oggi distolgono da questa ricerca. Ulisse, per non
cedere al canto delle sirene, che ammaliavano i marinai e li facevano
sfracellare contro gli scogli, si legò all’albero della nave e
turò gli orecchi dei compagni di viaggio. Invece Orfeo, per
contrastare il canto delle sirene, fece qualcos’altro: intonò una
melodia più bella, che incantò le sirene. Ecco il vostro grande
compito: rispondere ai ritornelli paralizzanti del consumismo
culturale con scelte dinamiche e forti, con la ricerca, la conoscenza
e la condivisione.
Armonizzando nella vita questa bellezza
custodirete la cultura, quella vera. Perché il sapere che si mette
al servizio del miglior offerente, che giunge ad alimentare divisioni
e a giustificare sopraffazioni, non è cultura. Cultura – lo dice
la parola – è ciò che coltiva, che fa crescere l’umano. E
davanti a tanto lamento e clamore che ci circonda, oggi non abbiamo
bisogno di chi si sfoga strillando, ma di chi promuove buona cultura.
Ci servono parole che raggiungano le menti e dispongano i cuori, non
urla dirette allo stomaco. Non accontentiamoci di assecondare
l’audience; non seguiamo i teatrini dell’indignazione che spesso
nascondono grandi egoismi; dedichiamoci con passione all’educazione,
cioè a “trarre fuori” il meglio da ciascuno per il bene di
tutti. Contro una pseudocultura che riduce l’uomo a scarto, la
ricerca a interesse e la scienza a tecnica, affermiamo insieme una
cultura a misura d’uomo, una ricerca che riconosce i meriti e
premia i sacrifici, una tecnica che non si piega a scopi mercantili,
uno sviluppo dove non tutto quello che è comodo è lecito.
2. Diritto alla speranza. Tanti
oggi sperimentano solitudine e irrequietezza, avvertono l’aria
pesante dell’abbandono. Allora occorre dare spazio a questo diritto
alla speranza: è il diritto a non essere invasi quotidianamente
dalla retorica della paura e dell’odio. È il diritto a non essere
sommersi dalle frasi fatte dei populismi o dal dilagare inquietante e
redditizio di false notizie. È il diritto a vedere posto un limite
ragionevole alla cronaca nera, perché anche la “cronaca bianca”,
spesso taciuta, abbia voce. È il diritto per voi giovani a
crescere liberi dalla paura del futuro, a sapere che nella vita
esistono realtà belle e durature, per cui vale la pena di mettersi
in gioco. È il diritto a credere che l’amore vero non è quello
“usa e getta” e che il lavoro non è un miraggio da raggiungere,
ma una promessa per ciascuno, che va mantenuta.
Quanto sarebbe bello che le aule delle
università fossero cantieri di speranza, officine dove si lavora a
un futuro migliore, dove si impara a essere responsabili di sé e del
mondo! Sentire la responsabilità per l’avvenire della nostra casa,
che è casa comune. A volte prevale il timore. Ma oggi viviamo una
crisi che è anche una grande opportunità, una sfida
all’intelligenza e alla libertà di ciascuno, una sfida da
accogliere per essere artigiani di speranza. E ognuno di voi lo può
diventare, per gli altri.
3. Diritto alla pace. Anche
questo è un diritto, e un dovere, iscritto nel cuore dell’umanità.
Perché «l’unità prevale sul conflitto» (Evangelii gaudium,
226). Qui, alle radici dell’università europea, mi piace ricordare
che quest’anno si è celebrato il sessantesimo anniversario dei
Trattati di Roma, degli inizi dell’Europa unita. Dopo due guerre
mondiali e violenze atroci di popoli contro popoli, l’Unione è
nata per tutelare il diritto alla pace. Ma oggi molti interessi e non
pochi conflitti sembrano far svanire le grandi visioni di pace.
Sperimentiamo una fragilità incerta e la fatica di sognare in
grande. Ma, per favore, non abbiate paura dell’unità! Le logiche
particolari e nazionali non vanifichino i sogni coraggiosi dei
fondatori dell’Europa unita. E mi riferisco non solo a quei
grandi uomini di cultura e di fede che diedero la vita per il
progetto europeo, ma anche ai milioni di persone che persero la vita
perché non c’erano unità e pace. Non perdiamo la memoria di
questi!
Cent’anni fa si levò il grido di
Benedetto XV, che era stato Vescovo di Bologna, il quale definì la
guerra «inutile strage» (Lettera ai Capi dei Popoli
belligeranti, 1° agosto 1917). Dissociarsi in tutto dalle cosiddette
“ragioni della guerra” parve a molti quasi un affronto. Ma la
storia insegna che la guerra è sempre e solo un’inutile strage.
Aiutiamoci, come afferma la Costituzione Italiana, a “ripudiare la
guerra” (cfr Art. 11), a intraprendere vie di nonviolenza e
percorsi di giustizia, che favoriscono la pace. Perché di fronte
alla pace non possiamo essere indifferenti o neutrali. Il Cardinale
Lercaro qui disse: «La Chiesa non può essere neutrale di fronte
al male, da qualunque parte esso venga: la sua vita non è la
neutralità, ma la profezia» (Omelia, 1° gennaio 1968). Non
neutrali, ma schierati per la pace!
Perciò invochiamo lo ius pacis,
come diritto di tutti a comporre i conflitti senza violenza. Per
questo ripetiamo: mai più la guerra, mai più contro gli altri, mai
più senza gli altri! Vengano alla luce gli interessi e le trame,
spesso oscuri, di chi fabbrica violenza, alimentando la corsa alle
armi e calpestando la pace con gli affari. L’Università è sorta
qui per lo studio del diritto, per la ricerca di ciò che difende le
persone, regola la vita comune e tutela dalle logiche del più forte,
della violenza e dell’arbitrio. È una sfida attuale: affermare i
diritti delle persone e dei popoli, dei più deboli, di chi è
scartato, e del creato, nostra casa comune.
Non credete a chi vi dice che
lottare per questo è inutile e che niente cambierà! Non
accontentatevi di piccoli sogni, ma sognate in grande. Voi,
giovani, sognate in grande! Sogno anch’io, ma non solo mentre
dormo, perché i sogni veri si fanno ad occhi aperti e si portano
avanti alla luce del sole. Rinnovo con voi il sogno di «un nuovo
umanesimo europeo, cui servono memoria, coraggio, sana e umana
utopia»; di un’Europa madre, che «rispetta la vita e offre
speranze di vita»; di un’Europa «dove i giovani respirano l’aria
pulita dell’onestà, amano la bellezza della cultura e di una vita
semplice, non inquinata dagli infiniti bisogni del consumismo; dove
sposarsi e avere figli sono una responsabilità e una gioia grande,
non un problema dato dalla mancanza di un lavoro sufficientemente
stabile» (Discorso per il conferimento del Premio Carlo Magno, 6
maggio 2016). Sogno un’Europa “universitaria e madre” che,
memore della sua cultura, infonda speranza ai figli e sia strumento
di pace per il mondo. Grazie.
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