La speranza comincia oltre i confini delle parole. Al di là del perimetro del dicibile c'è Io spazio dell'indicibile in cui la speranza cammina con passi silenziosi e va verso il futuro.
Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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domenica 15 ottobre 2017
la speranza si muove dagli spessori carnali della nostra natura... (commento di p.Balducci alla XXVIII Domenica T.O.)
15 Ottobre 2014 – 28^ DOMENICA TEMPO
ORDINARIO – Anno A
PRIMA LETTURA: Is 25,6-10a- SALMO: 22-
SECONDA LETTURA: Fil 4,12-14.19-20- VANGELO: Mt 22,1-14
Che cosa facciamo ogni domenica in
questa chiesa? Che senso ha questo incontrarci per ascoltare il
messaggio dei profeti e per partecipare all'Eucarestia? Per lo più
si tratta di un ossequio ad un abitudine tramandata dai secoli,
sancita dai precetti severi della Chiesa ma, normalmente, non si
percepisce la ragione profonda dell'appuntamento. La ragione è stata
coperta, velata anch'essa dalle forme sacrali, rituali, religiose, ma
se appena noi liberiamo il senso di questo evento che accompagna la
nostra esistenza, lo rendiamo esplicito, ci accorgiamo che esso ha a
che fare con la nostra speranza.
Non è un rito religioso fatto per
ossequio a Dio ma è un rito con cui noi ricordiamo «quale sia la
speranza a cui siamo chiamati». Questo è il simbolo del banchetto
che, secondo l'immagine potente di Isaia, è il senso ultimo della
storia degli uomini, come individui e come popoli. Il banchetto
eucaristico che Gesù celebrò prima che fosse consegnato ai suoi
nemici, è un'anticipazione simbolica di questo evento. È qui che
noi dobbiamo accendere la luce della nostra speranza, capire le
ragioni del nostro andare verso il futuro, vincere le pigrizie
interiori, dissipare le nebbie che oscurano il nostro spirito,
allargare i vincoli di solidarietà fino ai confini della terra.
Questo dovrebbe essere il senso di una Eucarestia recuperata dai
rigidi schemi rituali in cui abbiamo imparato a viverla. Allora
diciamoci queste parole che danno espressione oggettiva alla grande
speranza a cui siamo stati chiamati.
Vorrei subito mettere in
evidenza, quasi in obbedienza alle reazioni che provoca in me questa
lettura, la condizione effettiva in cui ci troviamo - popoli accanto
a popoli, classe accanto a classe, cultura accanto a cultura - ed è
una condizione di cecità. L'immagine di questo velo che abbiamo
dinanzi agli occhi è un'immagine di straordinaria efficacia perché
la realtà che noi speriamo ci sovrasta a tal punto che non possiamo
che esprimerla con immagini e simboli desunti dalla nostra abitudine,
dalla nostra cultura, dal nostro linguaggio e sono
sproporzionatamente inferiori alla realtà verso cui andiamo. Non ci
dimentichiamo mai di questa doppia dimensione che è in noi.
Se non
ci fosse, ogni sguardo sul futuro dovrebbe essere di rassegnazione,
come quello degli animali che non hanno ragione. Da una parte siamo
così figli del mondo che ci ha educato, così modellati dalle forme
che sono state elaborate dai secoli che non possiamo fare un passo
più in là se non nel silenzio. Anche quando io parlo non faccio
altro che utilizzare un patrimonio simbolico che non ho creato e che
voi comprendete. La realtà verso cui andiamo è però troppo più
grande. Ebbene, dentro di noi c'è una tensione proporzionata a
quella realtà. La parte inedita, nascosta di noi, che non ha parole
o se le ha le usa con impaccio sentendo che esse sono una diminuzione
dell'esigenza espressiva, è una dimensione senza della quale non
avremmo la speranza. La speranza comincia oltre i confini delle
parole. Al di là del perimetro del dicibile c'è Io spazio
dell'indicibile in cui la speranza cammina con passi silenziosi e va
verso il futuro. Ritorniamo allora al linguaggio profetico, anche un
po' greve.
Questo banchetto con grasse vivande, con vini succulenti
non è certo un'espressione destinata a soddisfare i contemplativi,
gli asceti. E una stupenda espressione che sta a significare che
l'evento ultimo non è un volo di anime, come colombe, verso il
cielo, è un adempiersi dell'aspirazione della terra, un perfetto
intrecciarsi delle potenze anticipatrici dello spirito e dei
nutrimenti terreni di cui siamo costruiti.
Questa sintesi
materiale/ispirituale è un valore da non dimenticare mai. .Ogni
qualvolta ci capita di dover seguire qualche evento di carattere
religioso ci accorgiamo che la tentazione è di spezzare questo
vincolo per creare un mondo di spirito in cui rifugiarsi liberi da
questo mondo sporco e per lasciare - questa è la sottile intenzione
diabolica che sta sotto lo spiritualismo - questo mondo in mano a chi
ce l'ha, che è poi l'ultima verità di questo atteggiamento
religioso. A noi non è lecito spezzare questo.
La speranza parte
dagli istinti, la speranza si muove dagli spessori carnali della
nostra natura e non per abbandonarli ma per trasfigurarlì,
trascinandoli con sé fino all'adempimento. Il banchetto è insieme
un evento spirituale - mangiare in un banchetto non è un fatto
materiale e basta, è un fatto di spirito - e un fatto materiale.
La
sintesi del regno di Dio è qui, in questa cifra. Questa densità
ontologica del regno di Dio dà delusione ai materialisti e agli
spiritualisti. Noi dobbiamo tener uniti questi due aspetti - «L'uomo
non osi separare quello che Dio ha unito» - e alla luce di questa
unità ultima trovare il senso del nostro cammino.
Ernesto Balduccì - "Gli Ultimi
Tempi" vol.1 - anno A
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