Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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venerdì 20 ottobre 2017

PADRE NOSTRO che sei dei nostri: il commento in TV di papa Francesco

Diciamo di essere cristiani, diciamo di avere un padre, ma viviamo come, non dico come animali, ma come persone che non credono né in Dio né nell’uomo, senza fede, e viviamo anche facendo del male, viviamo non nell’amore ma nell’odio, nella competizione, nelle guerre. È santificato nelle ragazza rapite da Boko Haram? È santificato nei cristiani che lottano fra loro per il potere? È santificato nella vita di quelli che assoldano un sicario per liberarsi di un nemico? È santificato nella vita di coloro che non si curano dei propri figli? No, lì non è santificato il nome di Dio». Così Papa Francesco nella conversazione con don Marco Pozza, teologo e cappellano del carcere di Padova, trasmessa nel programma “Padre nostro” in onda su Tv2000 dal 25 ottobre ogni mercoledì alle 21.


L’anteprima è stata presentata oggi pomeriggio nella Filmoteca Vaticana, alla presenza del prefetto della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede, monsignor Dario Edoardo Viganò, del direttore di Tv2000, Paolo Ruffini, di don Marco Pozza e del regista Andrea Salvatore. Dall’incontro, dalle parole e dalle risposte del Papa a don Marco è nato anche il libro “Padre nostro” di Papa Francesco della casa editrice Rizzoli e la Libreria Editrice Vaticana, in uscita in Italia il 23 novembre.
«Ci vuole coraggio – afferma il Papa che commenta punto per punto i passaggi della preghiera insegnata da Gesù – per pregare il Padre nostro. Ci vuole coraggio. Dico: mettetevi a dire “papà” e a credere veramente che Dio è il Padre che mi accompagna, mi perdona, mi dà il pane, è attento a tutto ciò che chiedo, mi veste ancora meglio dei fiori di campo. Credere è anche un grande rischio: e se non fosse vero? Osare, osare, ma tutti insieme. Per questo pregare insieme è tanto bello: perché ci aiutiamo l’un l’altro a osare». «Da bambini, a casa, quando il pane cadeva – prosegue il Papa – ci insegnavano a prenderlo subito e baciarlo: non si buttava mai via il pane. Il pane è simbolo di questa unità dell’umanità, è simbolo dell’amore di Dio per te, il Dio che ti dà da mangiare. Quando avanzava, le nonne, le mamme cosa facevano (e fanno)? Lo bagnavano con il latte e ci facevano una torta, qualunque cosa: ma il pane non si butta».


Il programma è strutturato in nove puntate, ogni mercoledì, nel corso delle quali don Marco incontra anche noti personaggi laici del mondo della cultura e dello spettacolo: Silvia Avallone, Erri De Luca, Maria Grazia Cucinotta, Simone Moro e Tamara Lunger, Carlo Petrini, Flavio Insinna, Umberto Galimberti, Pif. Le prime otto puntate sono introdotte dalle parole del Papa seguite dalla conversazione di don Marco con un ospite, mentre nell’ultima puntata, intitolata “Amen” e trasmessa il 20 dicembre, viene trasmesso il colloquio integrale di Francesco con il cappellano del carcere di Padova.

Don Marco Pozza ha raccontato come è nata l’intervista al Papa: «Stavo in carcere a Padova e prima di dire messa ero sovrappensiero. Uno dei carcerati lo ha notato e mi ha chiesto: “Che c’è?”. Io gli ho raccontato il progetto che stavamo realizzando, allora senza che fosse prevista l’intervista al Papa, e lui mi ha detto: “Secondo me se lo sa Papa Francesco entra anche lui nel programma”. Lì per lì non l’ho presa sul serio, poi ho scritto al Papa. E qualche giorno dopo ci ha telefonato, dicendo che l’idea gli piaceva. Sono andato da lui con le domande dei carcerati e con le mie stesse domande. E ho parlato con un profeta. Ho avuto la percezione di parlare con una persona che ogni giorno incontra Cristo. Alla fine ho fatto un errore: quando l’ho salutato l’ho abbracciato e mi è venuto da chiamarlo “papà” Francesco. Mio padre, peraltro, si chiama Francesco. Ecco, cosa mi ha dato lavorare a questo programma: sono riuscito a chiamare “papà” Dio».


Per il sacerdote, «lavorare al programma di Tv2000 “Padre nostro” è stato quasi una sfida: l’avevo recitata così tante volte in vita mia questa preghiera, che quasi quasi mi ero abituato». Spero, ha concluso, «nel nostro piccolo, di aver contribuito a rendere feriali, a portata di labbra, queste parole festive».  

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