Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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lunedì 9 ottobre 2017
Ignoriamo troppo della storia dei nostri fratelli cristiani nel mondo! (Frère Alois di Taizé)
testo tratto da Vatican Insider
Da martedì 26 settembre a domenica 1
ottobre si è svolto in Egitto il “pellegrinaggio di fiducia sulla
terra”, una iniziativa – che periodicamente si tiene in Paesi
diversi – promossa molti anni fa da frère Roger, il fondatore
della comunità ecumenica internazionale di Taizé (attualmente
costituita da un centinaio di fratelli di diverse confessioni
cristiane provenienti da quasi trenta Paesi). Guidati dall’attuale
priore, frère Alois Loeser, e da alcuni fratelli della comunità,
cento giovani cristiani – dai 18 ai 35 anni – provenienti
dall’Europa e da alcuni Paesi del Medio Oriente (Libano, Giordania,
Palestina, Iraq), hanno fatto visita a cento giovani cristiani
d’Egitto (in larga maggioranza copti ortodossi) organizzati in
delegazioni dalle diocesi locali. La sede scelta per questi incontri
è stata la comunità di Anafora, un centro di spiritualità (a 75
chilometri dal Cairo) fondato dal locale vescovo copto ortodosso
Thomas. Frère Alois – 63 anni, cattolico – traccia un bilancio
di queste giornate in Egitto
Perché ha deciso di organizzare il
pellegrinaggio in Egitto?
«Frère Roger, scrivendo la Regola
della comunità, aveva rivolto a ogni fratello questo invito: “Abbi
la passione dell’unità del Corpo di Cristo”. Avendo a cuore il
cammino verso la piena comunione di tutti i cristiani, ritenevo fosse
necessario conoscere meglio questi nostri fratelli nella fede. In
Europa, ma anche in Medio Oriente, si ignora molto del cristianesimo
egiziano, che ha una storia importante e secolare. L’obiettivo del
pellegrinaggio era dunque conoscere questi giovani cristiani, pregare
con loro, scoprire come vivono la fede in un Paese nel quale sono una
minoranza (seppure consistente). Siamo stati accolti con una gioia
grande, che mi ha colpito: mi sono reso conto che nei cristiani
d’Egitto è molto vivo il desiderio di dare il benvenuto ai
cristiani di altri Paesi e potersi sentire uniti a loro».
Quali sono stati i momenti più
significativi di queste giornate?
«Direi indubbiamente i momenti in cui
abbiamo pregato insieme il Signore e meditato insieme la Sua Parola.
I giovani si sono confrontati su molti temi ascoltandosi e imparando
a conoscersi: lo hanno fatto con semplicità, entusiasmo e serietà.
All’edificazione di questo bel legame tra tutti i partecipanti
hanno contribuito anche altri momenti: abbiamo visitato insieme le
Piramidi e l’antico monastero di san Macario, nel deserto di Scete
(l’attuale Wadi el Natrun), e ci siamo recati all’Istituto di
Studi Orientali del Cairo per incontrare i domenicani,
particolarmente impegnati nel dialogo con i musulmani, e Oussama
Nabil, docente all’università di Al-Azhar».
Cosa l’ha maggiormente colpita dei
giovani cristiani egiziani?
«La grande apertura nei confronti dei
cristiani provenienti da altri Paesi e la perseveranza nella fede,
che non viene meno nonostante la difficile situazione in cui vivono.
Questi nostri fratelli hanno deciso di credere, la loro fede è
frutto di una scelta: in quel Paese essere cristiani non è cosa che
va da sé. Allo stesso modo sono stato molto colpito dal loro
coraggio. Penso possa aiutare i giovani cristiani europei, che vivono
in un contesto culturale difficile».
In questo momento storico quale dono
ritiene stiano offrendo i cristiani copti ortodossi d’Egitto ai
cristiani del mondo?
«Questa Chiesa di antica tradizione,
che possiede una liturgia molto bella, sta offrendo la testimonianza
del suo genuino attaccamento a Cristo, della sua fede solida. E la
volontà di non essere ripiegata su se stessa: come dicevo, i giovani
cercano in molti modi di aprirsi all’esperienza dell’universalità
della Chiesa e, così facendo, sollecitano noi tutti a non
rinchiuderci nelle nostre comunità».
Domenica 1 ottobre, insieme ai suoi
fratelli, ha incontrato il patriarca copto ortodosso, Papa Tawadros
II: qual è stato il tema della vostra conversazione?
«Papa Tawadros ha voluto conoscere nel
dettaglio come si è svolto questo pellegrinaggio, ha mostrato
profondo interesse per l’esperienza di comunione che abbiamo
vissuto, e che costituisce un unicum: non era mai accaduto che
cristiani provenienti da Paesi lontani venissero in così grande
numero a incontrare i fratelli egiziani. Papa Tawadros ci ha molto
incoraggiato spronandoci ad andare avanti. Il legame stretto con i
giovani cristiani d’Egitto proseguirà, alcuni di loro infatti
verranno per alcuni giorni a Taizè: ricambieremo l’ospitalità
ricevuta».
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