Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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venerdì 19 maggio 2017
Studiare: perché? L'attualità della provocazione di don Milani
Quando Lettera a una Professoressa uscì
alle stampe a fine maggio 1967, don Lorenzo Milani, il Priore, come
lo chiamavamo noi, stava ormai molto male e su consiglio di tutti si
era trattenuto a Firenze presso la mamma. A turno noi ragazzi lo
assistevamo di giorno e di notte, ma benché molto debole non
trascurò niente affinché la Lettera si diffondesse. Non potendo
scrivere di persona, aveva incaricato noi ragazzi di segnalare
l’uscita del libro a una serie di amici fra cui giornalisti,
insegnanti, sindacalisti. Un messaggio semplice, scritto per suo
conto, su una cartolina. All’inizio, la stampa non si occupò molto
di Lettera a una professoressa, ma il dibattito divampò un mese più
tardi quando il Priore morì.
Dovendo occuparsi di questo prete così
straordinario, i giornalisti furono costretti a leggere la sua ultima
opera scritta assieme ai suoi ragazzi e tutti reagirono come se
avessero ricevuto un cazzotto allo stomaco. Chiunque la leggesse non
poteva fare a meno di immedesimarsi nel Gianni scartato o nel Pierino
figlio di papà e benché indirizzata a una professoressa, ognuno la
sentiva come indirizzata a se stesso. Una lettera personale a cui
ognuno reagiva con ira, amore, commozione, mai con indifferenza, a
seconda della posizione sociale occupata e del percorso di
riflessione effettuato in ambito politico e morale.
Nel cinquantesimo della pubblicazione,
molti si chiedono se Lettera a una professoressa sia ancora di
attualità.
A Barbiana ci veniva anche insegnato
che «il problema degli altri è uguale al nostro», per cui «uscirne
da soli è l’avarizia, uscirne insieme è la politica». Perciò
Barbiana era una finestra costantemente aperta sul mondo tramite la
lettura del giornale e l’incontro con le numerose persone che
venivano a farci visita. Con un obiettivo: renderci cittadini
sovrani. Ed è proprio questa la finalità che Lettera a una
professoressa assegna alla scuola in perfetta sintonia con Piero
Calamandrei che definiva la scuola «organo costituzionale». A
significare che non può esistere democrazia senza una scuola che
mette tutti in grado di capire la realtà, di esprimere la propria
opinione e di capire quella altrui. Esattamente gli stessi contenuti
rivendicati dalla Lettera che fa della lingua il fulcro di una scuola
libera, democratica e popolare.
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