Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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venerdì 26 maggio 2017

“Leila della tempesta”. Il carcere, il monaco, il dialogo (26 maggio 2017)

Questa sera in Aula Magna del Seminario Arcivescovile di Bologna alle ore 21

LEILA DELLA TEMPESTA 
di e con Alessandro Berti


Un’avventura di dialogo tra le culture. Questo è Leila della tempesta, spettacolo teatrale che ha debuttato al teatro comunale di Savignano sul Panaro (MO) lo scorso mese di ottobre, e che viene presentato in questi giorni (24-28 febbraio) presso l’atelier teatrale «Casavuota» di Bologna.Lo spettacolo, di Alessandro Berti, è un adattamento teatrale del libro omonimo di Ignazio De Francesco, monaco cristiano e islamologo, appartenente alla Piccola famiglia dell’Annunziata. Pubblicato dalla giovane editrice Zikkaron, il volume è il resoconto romanzato di un’esperienza pluriennale d’incontro coi detenuti arabi (musulmani) all’interno del carcere di Bologna, dove il dossettiano svolge tuttora la sua attività di mediazione culturale.

Lo sfondo della vicenda è dunque quello del carcere, e in particolare il mondo delle persone coinvolte nel traffico di stupefacenti. Leila è una di loro. Giunta in Italia dalla Tunisia come clandestina, dopo aver attraversato il mare durante una tempesta sul Mediterraneo, intreccia un rapporto intenso con la figura inconsueta di questo monaco cristiano, che le parla in arabo e conosce perfettamente il Corano. Un rapporto fatto di continue scoperte, scontri e incontri, sul filo di una scommessa: trovare punti in comune al di là delle differenze, e diffidenze, reciproche. I personaggi in scena sono due, una donna e un uomo, una musulmana e un cristiano (interpretati dallo stesso Alessandro Berti e da Sara Cianfriglia). Ma nell’intreccio dei loro dialoghi emergono altre vite, altre storie di uomini e donne che, come Leila, hanno attraversato il mare e sono costretti a rielaborare la propria identità in un nuovo contesto, aprendosi a culture e idee altre rispetto a quelle dalle quali provengono.

Lo spettacolo – pur essendo ambientato in un carcere – oltrepassa con forza i limiti di un discorso sulla problematica del reato e mostra gli orizzonti possibili di un dialogo tra civiltà e le questioni aperte circa il significato della parola «cittadinanza» in una società che conosce una rapidissima trasformazione. Fondamentale, fra i tanti temi affrontati nel corso delle accese conversazioni tra i due protagonisti, è il riferimento costante alla Costituzione. In modo del tutto sorprendente essa fa capolino nella storia di Leila fin dalle prime battute, diventando così un veicolo di confronto importantissimo dentro dialoghi che vertono su una varietà di temi molto attuali: libertà di religione e di culto, uguaglianza tra culti, integrazione effettiva delle persone migranti, matrimoni misti, amministrazione della giustizia.


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