Dalla parte degli oppressi con Milani e Mazzolari

Il richiamo di Francesco
ai due preti portatori dell’inquietudine evangelica nella coscienza
di tanti, sollecita risposte sulle crescenti politiche di guerra.
Don Mazzolari partì
come interventista democratico
per la Grande Guerra per tornare convito della priorità del
comandamento del “non uccidere” liberato da ogni
giustificazione teoretica. Perseguitato dal fascismo e osteggiato
dalla sua Chiesa, scavò in maniera profonda nella cultura e nelle
coscienze personali in maniera ben superiore a tutta la produzione
libraria dell’epoca. Lui, un parroco di contadini, ostacolato a
stampare anche in loco.
Nel 1941, in pieno
conflitto, si rivolse ad un giovane aviatore, suo allievo, che gli
poneva giustamente la domanda, generalmente rimossa, sull’obbedienza
dovuta ad un regime iniquo. Mazzolari rispose in maniera ampia e
articolata arrivando a definire non tanto il diritto ma il “dovere
della rivolta”. Non meno difficile e incompreso fu, ovviamente,
il suo operato nell’Italia del dopoguerra, comunque ricca di
stimoli e contraddizioni nel clima dei blocchi ideologici
contrapposti.
Sono percorsi
esistenziali che non generano un culto della personalità ma un
metodo esigente da seguire. Come hanno ribadito ancora i due
Gesualdi, Milani «detestava ogni forma di personalismo,
sia sotto forma di culto della personalità che di denigrazione.
Convinto che le idee e le esperienze sono sempre il risultato di
cammini collettivi, di incontri fra persone, culture, storie, il suo
desiderio era scomparire come persona. La verità non è proprietà
privata di nessuno, né richiede meriti particolari per essere
perseguita».
Per questa ragione,
rifarsi a Milani (1923-1967) e a Mazzolari (1890- 1959) significa
porsi delle domande sul nostro tempo a partire dalle scelte di guerra
e di pace. Ad esempio, come possiamo vivere tranquilli se dal
nostro Paese partono armi destinate a insanguinare i conflitti
mediorientali, a partire dalla sconosciuta guerra nello Yemen? È
possibile accettare gli accordi per fermare nel deserto i migranti
che fuggono dalla morte per violenze e miseria? L’Italia deve
piegarsi, come Paese Nato, al dettato di Trump di aumentare le spese
militari a discapito di quelle sociali, la scuola o la ricerca?
Bisogna obbedire a chi chiede truppe per le nuove guerre minacciate?
Salire a Barbiana ,
come nella Bozzolo di Mazzolari, senza portarsi queste domande,
vorrebbe dire meritarsi quei calci che don Milani minacciava di dare
al giovane comunista che, invece di studiare, perdeva tempo e denaro
comprando il giornale sportivo. Quella forte sgridata era un
gesto di affetto estremo che avvertiva il ragazzo dei calci che
avrebbe preso nella vita da coloro che avrebbero avuto comunque i
soldi e il sapere (cioè dai “padroni” per usare la parola che
oggi suona blasfema). «Il nostro mondo dilaniato dalla violenza
cieca – ha affermato Francesco annunciando il suo viaggio in Egitto
– ha bisogno di persone libere e liberatrici, di persone coraggiose
che sanno imparare dal passato per costruire il futuro».
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