Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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giovedì 4 maggio 2017

Dalla parte degli oppressi con Milani e Mazzolari

Il gesto del papa di annunciare la prossima visita, a giugno, sulle tombe di Mazzolari e Milani tra scenari di conflitti atomici annunciati dalla potenza statunitense, va inteso non certo solo come un gesto di memoria e devozione.

Il richiamo di Francesco ai due preti portatori dell’inquietudine evangelica nella coscienza di tanti, sollecita risposte sulle crescenti politiche di guerra.


Don Mazzolari partì come interventista democratico per la Grande Guerra per tornare convito della priorità del comandamento del “non uccidere” liberato da ogni giustificazione teoretica. Perseguitato dal fascismo e osteggiato dalla sua Chiesa, scavò in maniera profonda nella cultura e nelle coscienze personali in maniera ben superiore a tutta la produzione libraria dell’epoca. Lui, un parroco di contadini, ostacolato a stampare anche in loco.

Nel 1941, in pieno conflitto, si rivolse ad un giovane aviatore, suo allievo, che gli poneva giustamente la domanda, generalmente rimossa, sull’obbedienza dovuta ad un regime iniquo. Mazzolari rispose in maniera ampia e articolata arrivando a definire non tanto il diritto ma il “dovere della rivolta”. Non meno difficile e incompreso fu, ovviamente, il suo operato nell’Italia del dopoguerra, comunque ricca di stimoli e contraddizioni nel clima dei blocchi ideologici contrapposti.

Sono percorsi esistenziali che non generano un culto della personalità ma un metodo esigente da seguire. Come hanno ribadito ancora i due Gesualdi, Milani «detestava ogni forma di personalismo, sia sotto forma di culto della personalità che di denigrazione. Convinto che le idee e le esperienze sono sempre il risultato di cammini collettivi, di incontri fra persone, culture, storie, il suo desiderio era scomparire come persona. La verità non è proprietà privata di nessuno, né richiede meriti particolari per essere perseguita».

Per questa ragione, rifarsi a Milani (1923-1967) e a Mazzolari (1890- 1959) significa porsi delle domande sul nostro tempo a partire dalle scelte di guerra e di pace. Ad esempio, come possiamo vivere tranquilli se dal nostro Paese partono armi destinate a insanguinare i conflitti mediorientali, a partire dalla sconosciuta guerra nello Yemen? È possibile accettare gli accordi per fermare nel deserto i migranti che fuggono dalla morte per violenze e miseria? L’Italia deve piegarsi, come Paese Nato, al dettato di Trump di aumentare le spese militari a discapito di quelle sociali, la scuola o la ricerca? Bisogna obbedire a chi chiede truppe per le nuove guerre minacciate?

Salire a Barbiana , come nella Bozzolo di Mazzolari, senza portarsi queste domande, vorrebbe dire meritarsi quei calci che don Milani minacciava di dare al giovane comunista che, invece di studiare, perdeva tempo e denaro comprando il giornale sportivo. Quella forte sgridata era un gesto di affetto estremo che avvertiva il ragazzo dei calci che avrebbe preso nella vita da coloro che avrebbero avuto comunque i soldi e il sapere (cioè dai “padroni” per usare la parola che oggi suona blasfema). «Il nostro mondo dilaniato dalla violenza cieca – ha affermato Francesco annunciando il suo viaggio in Egitto – ha bisogno di persone libere e liberatrici, di persone coraggiose che sanno imparare dal passato per costruire il futuro».

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