Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
Translate
martedì 2 maggio 2017
La guerra dimenticata in Sud Sudan
Il Sud Sudan continua a
sprofondare nella crisi e nel caos. Il 20 febbraio il governo di Juba
ha dichiarato lo stato di carestia in varie zone del paese, più
precisamente nello stato settentrionale di Unità, ricco di petrolio.
In questo paese dell’Africa orientale che ha ottenuto
l’indipendenza dal Sudan nel luglio del 2011, 4,9 degli 11 milioni
di abitanti hanno bisogno di aiuti umanitari urgentie più di un
milione di bambini sotto i cinque anni soffre di malnutrizione grave.
Nel 2011, dopo 20 anni di
sangue versato per mezzo di una violenta guerra civile, nasce il Sud
Sudan. Quello che è attualmente il più giovane stato al mondo è
frutto di una secessione “pacifica” dal più noto Sudan. Seguendo
una ricostruzione socio-storica piuttosto superficiale e
approssimativa, si può dire che mentre nella parte centrale e
settentrionale del Sudan è prevalentemente arabo-islamica, la parte
sud è confessionalmente riconducibile a un misto di cristianesimo e
religioni locali (animiste ndr). Molti tendono spesso a far
coincidere l’incipit delle vicissitudini storiche dei paesi
sub-sahariani con le colonizzazioni, quando in realtà le frizioni
moderne hanno radici molto più profonde, intrecciate sia con fattori
endogeni che con fenomeni esterni (prevalentemente interessi
economici dei colonizzatori).
Uno stato povero come il
Sud Sudan, infatti, non è in grado di auto produrre i propri
armamenti. Con un prodotto interno lordo pari a 9 miliardi (dati del
2015, il vicino Egitto ne registra ben 330) e l’assenza di
industrie e infrastrutture (non riesce neanche a pagare i propri
dipendenti statali), ed è costretto a importare le armi dall’estero.
E’ tuttavia molto
difficile riuscire a operare una distinzione netta tra le parti in
gioco: se consideriamo infatti che uno dei problemi più grandi per i
civili presenti in sud Sudan è quello di ritrovarsi di fronte a
milizie che, a fronte del migliore offerente, cambiano continuamente
fronte, è chiaro come sia ancora più difficile la comprensione del
fenomeno per un osservatore esterno.
La soluzione è però
sicuramente una: dire stop alle ingerenze esterne in Sudan, come in
molti altri stati africani. Politici corrotti si vendono alle grandi
companies, queste sfruttano alecramente le risorse del territorio e
la popolazione locale si ritrova con un pugno di mosche in mano, per
di più spesso costretta a guerre civili indotte grazie alla mano
dell’uomo occidentale (le distinzioni razziali in Congo furono
introdotte dai primi missionari, non da un qualsiasi sciamano).
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento