Seminate la pace a "colpi" di prossimità e vicinanza! (Papa Francesco in Cile)
La pace va seminata «a colpi di
prossimità, di vicinanza». E il costruttore di pace sa di dover
vincere «meschinità e ambizione». Francesco celebra con queste
parole nell'omelia la sua prima messa in Cile.
«Le beatitudini – ha detto Francesco
– non nascono da atteggiamenti di facile critica né dagli
“sproloqui a buon mercato” di coloro che credono di sapere tutto
ma non vogliono impegnarsi con niente e con nessuno, e finiscono così
per bloccare ogni possibilità di generare processi di trasformazione
e di ricostruzione delle nostre comunità, nella nostra vita».
Gesù, «dicendo beato il povero,
colui che ha pianto, l’afflitto, il sofferente, colui che ha
perdonato… viene a sradicare l’immobilità paralizzante di chi
crede che le cose non possono cambiare, di chi ha smesso di credere
nel potere trasformante di Dio Padre e nei suoi fratelli,
specialmente nei suoi fratelli più fragili, nei suoi fratelli
scartati».
Il Vangelo chiede di non rassegnarsi.
«Di fronte alla rassegnazione che come un ruvido brusio mina i
nostri legami vitali e ci divide, Gesù ci dice: beati quelli che si
impegnano per la riconciliazione. Felici quelli che sono capaci di
sporcarsi le mani e lavorare perché altri vivano in pace. Felici
quelli che si sforzano di non seminare divisione… Vuoi gioia? Vuoi
felicità ? Felici quelli che lavorano perché altri possano avere
una vita gioiosa. Desideri la pace? Lavora per la pace».
Bergoglio ha aggiunto di non poter fare
a meno di evocare il «grande pastore» Raúl Silva Henríquez,
cardinale arcivescovo di Santiago negli anni della dittatura di
Pinochet, il quale diceva: «Se vuoi la pace, lavora per la
giustizia… E se qualcuno ci domanda: cos’è la giustizia?, o se
per caso pensa che consista solo nel non rubare, gli diremo che
esiste un’altra giustizia: quella che esige che ogni uomo sia
trattato come uomo».
«Seminare la pace a forza di
prossimità, di vicinanza! – ha concluso Francesco – A forza di
uscire di casa e osservare i volti, di andare incontro a chi si trova
in difficoltà, a chi non è stato trattato come persona, come un
degno figlio di questa terra. Questo è l’unico modo che abbiamo
per tessere un futuro di pace, per tessere di nuovo una realtà che
si può sfilacciare. L’operatore di pace sa che molte volte bisogna
vincere grandi o sottili meschinità e ambizioni, che nascono dalla
pretesa di crescere e “farsi un nome”, di acquistare prestigio a
spese di altri. L’operatore di pace sa che non basta dire: non
faccio del male a nessuno, perché come diceva San Alberto Hurtado:
“Va molto bene non fare il male, ma è molto male non fare il
bene”».
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