Primi passi (bozzetti dalla Turchia)

Sto camminando. Sabato 27 gennaio ed è il giorno della memoria. Al porto di mersin si respira sole e desiderio di passeggiare in strada dopo una settimana di pioggia.
Le aiuole più ignoranti ancora non sanno come fare a smaltire le pozze d'acqua e gli improvvisati acquitrini che rischiano la forma del fango. Il caldo rigoroso di questa sferzata primaverile accompagna i passi dei bambini che giocano assennatamente sull'erba gia asciutta. Ma quasi non me ne accorgo tanta è la gente qui radunata nell'ora del pranzo. Famiglie intere a passo parallelo e affiancato. Anziani pescatori con la canna da pesca ferma sul mare. Giochi di guerra a chi affitta falsi kalashnikov per sparare a palloncini tesi tra la banchina e una boa ondosa. Dall'altro lato i docks che sollevano decine di containers di questo porto offshore, il più grande in questa ansa di Mediterraneo da cui si accede facilmente a tutto l'intestino medio orientale, zone di guerra comprese. Tanti europei, tanti dall'Asia, puntano qui lo sguardo. Da qui passava tutta la materia prima che produce migranti: petrolio, armi, denaro. La pragmatica trinità che riannuvola i miei pensieri e che vorrebbe allontanarmi lo sguardo da tutte queste persone che ho intorno e che desiderano gioia, riposo, amicizia, amore che dia senso, star bene qui e ora. In una parola: vivere. Ed in fondo anche io desidero lo stesso perché so che è una passione, la passione di quel Gesù su cui alzerò lo sguardo durante la messa a fine pomeriggio insieme ai nostri ospiti (ve ne parlerò in seguito spero). È il Gesù di San Damiano. Volle restaurarlo Francesco. E gli chiedo come fare che tutta la vita di questa gente si trasformi in sicurezza, pace e giustizia per tutti coloro che sono costretti a fuggire dalle guerre? Sto in silenzio e aspetto. Prego che il mio cuore, almeno il mio, provi ad essere più accogliente. Rientrando a casa incrociamo dei bimbi di strada con i loro sacchi enormi, 2, 3 volte la loro altezza e dove custodiscono spazzatura da rivendere. Ricordo quelli del Mokhattam al Cairo. Ricordo i portici attorno a Piazza verdi. E vedo quei fili invisibili che legano tante vicende umane. E la storia che vorrei ricordare, che fosse più umana.
D Francesco Ondedei

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