Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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domenica 14 gennaio 2018
Il mondo si salva quando viviamo l'amore fino all'offerta di noi stessi. (Commento di padre Balducci alla 2^ DOMENICA T.O. - Anno B)
14 Gennaio 2018 - 2^ DOMENICA T.O. -
Anno B
C'è una storia recondita dell'umanità
che è storia di salvezza e noi non possiamo metterci al centro. Ecco
dove spesso i profeti peccano di indulgenza verso gli impulsi
etnocentrici, come quei profeti che sembrano fare di Israele il
popolo salvatore del mondo. Non ci sono popoli salvatori.
PRIMA LETTURA: 1 Sam 3, 3b-10. 19-
SALMO: 39- SECONDA LETTURA: 1 Cor 6, 13c-15, 17-20- VANGELO: Gv
1,35-42
Anche i profeti si sbagliano. Si era
sbagliato Isaia quando, preso dall'entusiasmo perché un imperatore
pagano ma lungimirante come Ciro aveva provveduto a liberare dalla
schiavitù il popolo di Israele in esilio. Lo aveva chiamato Messia,
«Cristo, servo di Dio per restaurare la libertà del suo popolo».
Il profeta corregge la mira e si accorge che, in realtà, il servo di
Dio non può essere un uomo potente, è il servo che vive nella
condizione di umiltà e che sarà chiamato non solo a restituire la
libertà di un popolo, ma a portare la luce a tutte le nazioni. Nel
profeta la delusione non è motivo di abbattimento ma è motivo di
uno slancio verso l'universalità del disegno di Dio, a diversità di
noi che dopo il fallimento delle nostre sicurezze, dopo la delusione
delle investiture mal riposte ci ripieghiamo nella desolazione e
nella disperazione.
Evidentemente il punto di appoggio del profeta
non sono i dati empirici, mutevoli della cronaca ma è un disegno di
Dio percepito nella sua radicalità e i cui contenuti, nello
svolgimento storico, si modificano. Per questo il profeta si
corregge: per fedeltà a se stesso e non per uno sbaglio commesso. La
profezia non sbaglia mai perché i punti di riferimento immediati
sono labili, discutibili ma il postulato da cui muove è infallibile.
Ho voluto compiere questa breve premessa per poi rifermi ad una
affermazione che non ci è nuova ma che in questo brano è fatta in
maniera suggestiva dal Battista, che dice che Colui che egli aveva
battezzato era prima di lui. In questo passo si allude alla
preesistenza di Gesù come Verbo di Dio. È un tema che lo stesso
evangelista Giovanni aveva sviluppato nel prologo del suo Vangelo, la
dove dice che il Verbo era presso Dio ed era Dio. Questa dottrina
della preesistenza di Gesù in quanto Dio ab aeterno si presta,
lasciando intatto il nocciolo della questione teorica, ad una
riflessione estremamente congiunta alla nostra esperienza storica e
al discorso sulla salvezza. Noi sbaglieremmo se, ostinandoci a
collocarci al centro del disegno di Dio, noi che abbiamo avuto fede
in Cristo, allargassimo i nostri sguardi ai popoli e agli individui
con la pretesa che saranno salvi nella misura in cui accetteranno il
nostro messaggio, come se cioè la salvezza venisse dall'esterno, da
una proposta fatta da noi. Nemmeno Gesù presumeva questo. Egli si
recava tra la gente non per dire:«Vi porto il regno di Dio», ma per
dire: «il regno di Dio è già in mezzo a voi, è tra voi». C'è
dunque una preesistenza del Cristo in tutti gli uomini a cui poniamo
poco mente perché ci fa schermo una presunzione che non muore mai,
che è dura a morire come il nostro io. È la presunzione di
collocarci al centro del mondo, mentre al centro del mondo - ecco
qual è la verità umanissima e insieme divina di questa affermazione
- c'è l'intenzione di Dio, che era prima che l'uomo fosse, che
afferra l'uomo e le creature tutte alla radice del loro essere.
C'è
dunque una salvezza che coincide con l'atto stesso della creazione,
che sale dal profondo di tutte le creature e non solo come
aspirazione ma come motivo di azione. C'è una storia recondita
dell'umanità che è storia di salvezza e noi non possiamo metterci
al centro. Ecco dove spesso i profeti peccano di indulgenza verso gli
impulsi etnocentrici, come quei profeti che sembrano fare di Israele
il popolo salvatore del mondo. Non ci sono popoli salvatori.
A rigore
non ci sono nemmeno salvatori, perché il salvatore è il Dio che ci
ha creato. Gesù è venuto come esegeta di questa salvezza immanente
a tutte le creature. Tutte le creature portano in sé questo afflato.
Mi viene in mente quella straordinaria, altissima esperienza
spirituale vissuta da Francesco d'Assisi quando, nello scrivere la
sua Regola, aveva concentrato la sua visione del mondo attorno alla
croce di Gesù Cristo per cantare un Cantico delle Creature al cui
centro c'era però la croce di Gesù Cristo, con la conseguenza che
senza guardare a quella croce non c'era salvezza. Dopo le sue
stimmate, dopo la sua angoscia vissuta alla Verna egli cantò il
Cantico delle Creature in cui si afferma un'altra verità, che non
conttraddìce la prima ma la rende più profonda: tutte le creature
sono buone; l'acqua, l'aria, la terra, gli animali, l'uomo sono tutti
interni a questo amore che scende negli abissi insondabili e
inesplicabili da cui tutto è nato e che dall'interno benedice tutte
le cose. Poi, certo, c'è il peccato, c'è tutto il resto, ma questa
è la verità prima: è questa preesistenza della salvezza alla
storia degli uomini.
È un'affermazione, come capisco, delicata
perché implica una rimessa in sesto delle nostre categorie di
giudizio, delle nostre prospettive sul mondo, però è estremamente
evangelica perché, nonostante l'ombra del peccato, con cui ha
riferimento la Croce, possiamo finalmente capire che la morte del
giusto Gesù Cristo non è che il segno che questo mondo non si può
salvare se non quando noi viviamo l'amore fino all'offerta di noi
stessi.
Ernesto Balducci – “Gli ultimi
tempi" vol.1
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