Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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lunedì 1 gennaio 2018

Sciupato e ferito con guerre il 2017, ma grati per quanti sostengono il bene comune (papa Francesco al TeDeum)

Jorge Mario Bergoglio ha esordito citando un passaggio della Lettera ai Galati nel quale San Paolo scrive che «quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio» per spiegare che la celebrazione «respira l’atmosfera della pienezza del tempo» non perché «siamo all'ultima sera dell'anno solare, tutt'altro, ma perché la fede ci fa contemplare e sentire che Gesù Cristo, Verbo fatto carne, ha dato pienezza al tempo del mondo e alla storia umana».




«In questa atmosfera creata dallo Spirito Santo, noi eleviamo a Dio il rendimento di grazie per l'anno che volge al termine, riconoscendo che tutto il bene è dono suo», ha detto Francesco. «Anche questo tempo dell’anno 2017, che Dio ci aveva donato integro e sano – ha proseguito il Papa, che, a quanto riferito ieri dal Vaticano, come monito alla guerra ha voluto far diffondere l’immagine di un bambino giapponese vittima della bomba atomica a Nagasaki – noi umani l’abbiamo in tanti modi sciupato e ferito con opere di morte, con menzogne e ingiustizie. Le guerre sono il segno flagrante di questo orgoglio recidivo e assurdo. Ma lo sono anche tutte le piccole e grandi offese alla vita, alla verità, alla fraternità, che causano molteplici forme di degrado umano, sociale e ambientale. Di tutto vogliamo e dobbiamo assumerci, davanti a Dio, ai fratelli e al creato, la nostra responsabilità».  

Questa sera però, ha proseguito il Papa, «prevale la grazia di Gesù e il suo riflesso in Maria. E prevale perciò la gratitudine, che, come Vescovo di Roma, sento nell'animo pensando alla gente che vive con cuore aperto in questa città. Provo – ha detto Jorge Mario Bergoglio – un senso di simpatia e di gratitudine per tutte quelle persone che ogni giorno contribuiscono con piccoli ma preziosi gesti concreti al bene di Roma: cercano di compiere al meglio il loro dovere, si muovono nel traffico con criterio e prudenza, rispettano i luoghi pubblici e segnalano le cose che non vanno, stanno attenti alle persone anziane o in difficoltà, e così via. Questi a mille altri comportamenti esprimono concretamente l'amore per la città. Senza discorsi, senza pubblicità, ma con uno stile di educazione civica praticata nel quotidiano. E così cooperano silenziosamente al bene comune».

«Ugualmente – ha detto ancora il Papa – sento in me una grande stima per i genitori, gli insegnanti e tutti gli educatori che, con questo medesimo stile, cercano di formare i bambini e i ragazzi al senso civico, a un'etica della responsabilità, educandoli a sentirsi parte, a prendersi cura, a interessarsi della realtà che li circonda. Queste persone, anche se non fanno notizia, sono la maggior parte della gente che vive a Roma. E tra di loro non poche si trovano in condizioni di strettezze economiche; eppure non si piangono addosso, né covano risentimenti e rancori, ma si sforzano di fare ogni giorno la loro parte per migliorare un po' le cose. Oggi, nel rendimento di grazie a Dio, vi invito ad esprimere anche la riconoscenza per tutti questi artigiani del bene comune, che – ha concluso Papa Francesco – amano la loro città non a parole ma con i fatti». 

Ecco il «frutto» della violenza. I tremendi effetti della guerra. Papa Francesco sceglie una foto drammatica, un’immagine delle conseguenze del bombardamento atomico a Nagasaki del 1945, per un suo messaggio – forte - di pace, contro ogni conflitto. Ritrae un ragazzo con in spalla il fratellino - legato dietro la schiena - morto nel bombardamento atomico. Sta aspettando il suo turno per far cremare il corpicino senza vita. Lo scatto è del fotografo statunitense Joseph Roger O’Donnell.

Il Pontefice ha voluto farla riprodurre – spiega l’agenzia Sir - su un cartoncino. E ha deciso di accompagnarla con parole amare: «...il frutto della guerra», a cui segue la firma Francesco (Franciscus). Una vera e propria denuncia choc per sottolineare gli esiti devastanti e tragici delle guerre.

Sul cartoncino è spiegato in spagnolo: la tristezza, la disperazione del bambino si esprimono solo «nel suo gesto di mordersi le labbra che trasudano sangue». 

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