Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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sabato 6 gennaio 2018
Farci alleati con il viaggio universale, annuncio di salvezza (Commento di padre Balducci alla Festa della Epifania)
6 Gennaio 2018 - EPIFANIA DEL SIGNORE
La cronaca dei nostri tempi noi
dovremmo viverla al di fuori delle interpretazioni, ormai consumate,
della nostra malizia di scribi. Gli ultimi, i semplici, i poveri, i
reietti ci stanno giudicando. Questo è un fatto da tener presente
PRIMA LETTURA: Is 60,1-6- SALMO: 71-
SECONDA LETTURA: Ef 3,2-3a.5-6- VANGELO: Mt 2,1-12
…Sappiamo - sempre dal racconto di
Matteo, tutto condotto avanti su questa contrapposizione - che la
piccola Famigliola dovette andarsene in Egitto, profuga, per salvarsi
dal potere. Ci sono persone che stanno fuggendo, che stanno
esiliandosi dal nostro mondo. Noi gettiamo via persone, classi,
popoli impauriti del nostro potere. Ecco perché un turbamento ci
prende. E questo turbamento lo possiamo leggere nei vari schermi in
cui si rappresenta la vita di oggi, casi diversa da quella di venti
secoli fa: turbamenti economici, politici ... inquietudini culturali,
criminalità dilagante. In questa situazione il nostro compito non è
di metterci a disposizione degli arbitri di Erode o di metterci a
scuola degli scribi tedeschi, di togliere dal nostro cuore ogni
inquietudine dandoci una cultura integrante. Il nostro compito è di
farci alleati con il viaggio universale dell'annuncio di salvezza.
Il
quale annuncio - torno a dirlo - è questo: che tutte le genti
formino un solo corpo. Il che implica, evidentemente, un rifiuto del
ruolo organico centrale che abbiamo assolto per secoli e per
millenni. Ormai le speranze umane non hanno il loro epicentro in noi:
si stanno organizzando fuori di noi. Da questo evento
storico-politico e insieme cristiano (perché tutti i processi
politici sono interni all'annuncio cristiano) noi siamo interpellati:
da che parte siamo? Non è scontato che siamo dalla parte di Gesù di
Betlemme come ci farebbe pensare una pietà a buon mercato e una
devozione domenicale! Potremmo essere invece inseriti nei riti di
sicurezza di Gerusalemme che uccide in sé il monito che le viene
dalla paura.
Se questo è vero - ed io ne sono convinto,
personalmente - noi dovremmo recuperare alcuni principi essenziali su
cui invece la nostra mentalità tradizionale scorreva in modo
insipiente. Il primo è questo: l'annuncio di salvezza può venire da
lontano. A portare a Gerusalemme - la città del Tempio - l'annuncio
che era nato Gesù non furono i sacerdoti della città (né gli
scribi) furono degli estranei. Sono molti, oggi, gli estranei
incaricati di portare un messaggio. La salvezza passa per luoghi
inediti e quindi richiede una capacità dl ascolto singolare. La
cronaca dei nostri tempi noi dovremmo viverla al di fuori delle
interpretazioni, ormai consumate, della nostra malizia di scribi. Gli
ultimi, i semplici, i poveri, i reietti ci stanno giudicando. Questo
è un fatto da tener presente. Credere nel Vangelo vuol dire innanzi
tutto ascoltare un messaggio che ci viene dal di fuori lungo strade
che noi non conosciamo. Più vado avanti e più ci penso: beati
coloro che si dimenticano il sapere conquistato; che non si occupano
più dl ciò che e stato pensato; che non vanno a rintracciare la
parola di Dio nella polvere dei Concili del passato, perché essa è
viva, imprevedibile e si affida ai gesti, ai gemiti, alle
insurrezioni, alla bellezza della vita che nasce al di fuori degli
steccati della nostra civiltà. Questa attenzione non è guidata da
una frustrazione storica, né da una volontà di autodenigrazione:
esprime la fiducia nella promessa di Dio, vasta come l'universo. Ci
siamo dimenticati che la prima verità annunciata è la creazione del
mondo che è, insieme, promessa di Dio. Gesù è venuto per
ristabilire la promessa antica, cioè per benedire le linee della
creazione che sono esse stesse portatrici della promessa di Dio.
Il
secondo principio è questo: un segno costante che la Scrittura ci
ripropone per comprendere da quale parte è la forza di Dio, è il
momento in cui il potere si impaurisce. Quando parlo del potere,
parlo di una organizzazione del dominio che trova in se stessa il
proprio senso. C'è un potere che è servizio e può essere la forza
con cui si smonta il potere costituito. Non vorrei screditare in modo
manicheo il potere in ogni caso. In realtà oggi ci troviamo in una
situazione in cui, fino a prova contraria, il potere esprime la
logica della dominazione. Quando avvengono fatti, testimonianze,
processi storici di portata planetaria in cui questo tipo di potere
si impaurisce, sappiamo già che Dio è in causa e che la sua
promessa sta emergendo. Come, ad esempio, l'imbarazzo collettivo in
cui si trova il sistema economico occidentale, per cui la paura
serpeggia nelle grandi strutture in cui si prepara il nostro futuro
economico. Questa paura è un fatto importante; anche se la paghiamo
cara, in moneta contante. Non possiamo difendercene inveendo contro
gli sceicchi. Dobbiamo domandarci se non sia finita per sempre la
nostra posizione di privilegio e se la vera maniera di aiutare il
progresso sia non già ristabilire il vecchio equilibrio ma favorirne
un altro in cui l'umanità sia più vicina alla sua unità. Non è
forse vero che i nostri equilibri si sono sempre retti - fino ad oggi
- sul sopruso e sulla sofferenza della gran parte dell'umanità? E
finalmente un altro principio - questo di prospettiva - essenziale
per essere in linea con le promesse messianiche: l'universalità del
progetto politico. Un progetto politico è conforme all'istanza della
fede quando esso si propone un approdo universale. Come dire una
liberazione universale, una giustizia universale del nostro paese non
la dovremmo risolvere se non all'interno di una soluzione globale che
riguarda il genere umano. Il che appare possibile solo a chi accetta
come condizione permanente della nostra vita un itinerario che non
consente sosta finché tutto il genere umano non sia un solo corpo.
Il monte luminoso di cui parla il profeta Isaia, non è Gerusalemme,
non è Roma: è quel monte santo in cui tutti i popoli, finalmente -
sempre secondo Isaia - siederanno allo stesso banchetto. Il Monte
Santo è la meta ultima del nostro cammino.
Viviamo secondo la logica
dell'Epifania solo se spezziamo i drappi sacri che ci avevano
oscurato la prospettiva di universale salvezza, solo se non ci
preoccupiamo della paura del potere. Benediremo Dio quando Erode si
impaurisce e saremo tristi quando Erode è soddisfatto. Quando il
potere ha paura è segno buono, perché l'universalità irrompe, la
promessa di Dio viene e si afferma. La promessa dell'Epifania esulta
dentro di noi solo quando i lontani e gli oppressi riprendono il
cammino nella luce della speranza.
Ernesto Balducci – da: “Il Vangelo
della pace”- vol. 3
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