Non c'è gioia cristiana quando si rubano gli elementi della festa della vita (Papa Francesco alla messa per l'integrazione in Cile)
Dall'omelia di Papa
Francesco per la Santa Messa e celebrazione fraterna per
l'integrazione dei popoli, in onore di Nuestra Señora del Carmen,
madre e regina del Cile, tenutasi a Campo Lobito nella città cilena
di Iquique, durante il viaggio apostolico in Cile e Perù (giovedì
18 gennaio 2018):
Questa terra è terra di
sogni, ma facciamo in modo che continui a essere anche terra di
ospitalità. Ospitalità festosa, perché sappiamo bene che non c’è
gioia cristiana quando si chiudono le porte; non c’è gioia
cristiana quando si fa sentire agli altri che sono di troppo o che
tra di noi non c’è posto per loro (cfr Lc 16,31).
Come Maria a Cana,
cerchiamo di imparare ad essere attenti nelle nostre piazze e nei
nostri villaggi e riconoscere coloro che hanno una vita “annacquata”;
che hanno perso – o ne sono stati derubati – le ragioni per
celebrare. E non abbiamo paura di alzare le nostre voci per dire:
«Non hanno vino». Il grido del popolo di Dio, il grido del povero,
che ha forma di preghiera e allarga il cuore e ci insegna ad essere
attenti.
Siamo attenti a tutte le
situazioni di ingiustizia e alle nuove forme di sfruttamento che
espongono tanti fratelli a perdere la gioia della festa. Siamo
attenti di fronte alla precarizzazione del lavoro che distrugge vite
e famiglie. Siamo attenti a quelli che approfittano dell’irregolarità
di molti migranti, perché non conoscono la lingua o non hanno i
documenti in regola. Siamo attenti alla mancanza di casa, terra e
lavoro di tante famiglie. E come Maria diciamo: non hanno vino.
Come i servi della festa,
portiamo quello che abbiamo, per quanto sembri poco. Come loro, non
abbiamo paura a “dare una mano”, e che la nostra solidarietà e
il nostro impegno per la giustizia facciano parte del ballo e del
canto che oggi possiamo intonare a nostro Signore. Approfittiamo
anche per imparare e lasciarci impregnare dai valori, dalla sapienza
e dalla fede che i migranti portano con sé. Senza chiuderci a quelle
“anfore” piene di sapienza e di storia che portano quanti
continuano ad arrivare in queste terre. Non priviamoci di tutto il
bene che hanno da offrire.
E poi, lasciamo che Gesù
possa completare il miracolo, trasformando le nostre comunità e i
nostri cuori in segno vivo della sua presenza, che è gioiosa e
festosa perché abbiamo sperimentato che Dio-è-con-noi, perché
abbiamo imparato a ospitarlo in mezzo a noi, nel nostro cuore. Gioia
e festa contagiosa che ci porta a non escludere nessuno dall’annuncio
di questa Buona Notizia, e a trasmetterla.
Tutto quello che è della
nostra cultura originaria, dobbiamo condividerlo con la nostra
tradizione, con la nostra sapienza ancestrale perché colui che venga
incontri sapienza. Questa è la festa. Questa è acqua trasformata in
vino. Questo è il miracolo che fa Gesù. Maria, coi diversi titoli
con cui è invocata in questa benedetta terra del nord, continui a
sussurrare all’orecchio del suo Figlio Gesù: «Non hanno vino», e
in noi continuino a farsi carne le sue parole: «Qualsiasi cosa vi
dica, fatela».
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