Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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giovedì 7 maggio 2020

7 maggio 2020 “farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà” (commento a Gv 13, 16-20)

Dal vangelo secondo Giovanni
[Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù] disse loro:
«In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica.
Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma deve compiersi la Scrittura: “Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno”. Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io sono.
In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato».


Gesù cita un proverbio per indicare che qualcuno dei suoi intimi, uno dei dodici, lo consegnerà: “Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno”. Il significato assoluto è chiaro: non ti puoi fidare di nessuno. In bocca a Gesù ha meno questa valenza universale ed è semmai un modo mediato, meno accusatorio, di raccontare la scelta di tradire. Che cosa significa? Gesù aveva appena compiuto il gesto della lavanda dei piedi, scandalizzando i suoi discepoli. Per lavare i piedi si era chinato, doveva collocare l’altro al di sopra di sé. Se invece alzi il calcagno, l’altro lo tieni al di sotto. Le nostre azioni assumono una forma non solo per quello che siamo, ma anche a secondo di dove collochiamo gli altri rispetto a noi. Non che si renda suddito e cerchi dipendenza da colui che vuol servire, Gesù vuole salire non scendere! E l’altro è la vetta dell’amore non un abisso infernale! Risorgere è un risollevare, un alzare in piedi dalle tombe in cui qualcuno ci aveva collocati.

Ieri in alcuni incontri su skype, tanto con i giovani universitari, quanto con le persone della equipe missionaria si discorreva di questo tempo che viene: il desiderio di incontrarsi è certamente un bel germoglio di questa primavera tardivamente incontrata. Ma la parola che più spesso ho sentito ripetere è cura. Il futuro sarà l’essere responsabili della cura dell’altro. Non c’è altra possibilità. Appena qualcuno si mostrerà egoista, la pandemia potrà riprendere piede. Una perfetta metafora per capire che è l’occasione anche per rivedere i nostri stili di vita, a tutti i livelli, economico, sociale, culturale, che siano connotati dalla indifferenza. Ciò che può salvarci non sta in un elenco di regole, ma capire dove stiamo collocando gli altri nella società dove viviamo. Se il proverbio sulla sfiducia diventa il nostro criterio, non usciremo mai dall’Egitto che la paura di questo Covid ci ha messo dentro il cuore. Ma se non teniamo conto degli altri come bussola del nostro agire, nell’ottica del prendersi cura, della responsabilità della cura dell’altro, allora rischieremo di ammalarci di nuovo e non solo di coronavirus. Lavare i piedi gli uni degli altri igienizza doverosamente da infezioni: quelle corporee e quelle disumanizzanti. Tra l’altro oggi è giovedì, giorno di grembiuli. E siccome non si ha cura del prossimo in astratto (Gesù aveva dodici persone di cui si prese cura in modo particolare), vi invito a scrivere un bell’elenco con i nomi delle persone di cui vi sentite, con amore, responsabili. Buona giornata amiche e amici cari.

Donde

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