Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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domenica 3 maggio 2020

3 maggio 2020 “abiterò ancora nella casa del Signore” (commento a Gv 10, 1-10)

Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse:
«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore.
Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.
Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».


Prime notizie
Il recinto, la porta, il pastore. Sembra una scena bucolica ed invece siamo proiettati nel cuore di Gerusalemme, il Tempio, presenza di Dio in mezzo al suo popolo (recinto è termine che si riferisce al cortile, l’atrio davanti all’edificio di culto in questo caso). È anche un festeggiare il memore cuore, cui si riferiscono tutti i verbi di questo testo (uscire-dall’Egitto- / camminare-nel deserto- / entrare-nella terra promessa-), il ricordo della liberazione che Dio ha compiuto, fine della schiavitù sotto al Faraone. È la “festa delle Capanne (Sukkòt)”, che coincideva anche con la festa dei raccolti, ringraziamento a Dio per i frutti che la natura ha donato.
Dare spessore
Il contesto in cui l’azione e le parole di Gesù vengono inserite è questo: limitarsi al coreografico pastorello con pecora al seguito sarebbe veramente una guarnizione dolciastra che ci farebbe sfuggire la torta sottostante, come comprare il gelato e fermarsi a leccare la carta che lo imbustava! Un santino carino ma insufficiente, che papa Francesco ha tinteggiato di vivaci colori realistici quando ha invitato i pastori a prendersi di più addosso l’odore delle pecore!
2020: l’anno del contatto nuovo
Il recinto è importante nell’economia della vita, anche di quella religioso-liturgica, ma non è il fine della vita delle pecore. Il fine è poter uscire e trovare pascolo. Chi ce l’ha, in queste settimane ha trovato sicurezza nella propria casa, ma senza rendercene conto ci siamo quasi ospedalizzati. Quando finisce una lunga degenza in ospedale, uscire non è facile: la vita di prima sarà ancora lì ad aspettarci? Non si tratta solo di poter andare a fare la spesa una volta in più durante la settimana (siamo sempre e soltanto consumatori?). Ma cercheremo di capire come evolvere i nostri contatti quando ci incontreremo? in quale modo impareremo ad esprimere un abbraccio senza stringersi o l’amore in una espressione degli occhi? Forse con le nostre lacrime! Non siamo chiamati a ridurre, ma a condurre i nostri sensi fuori dai modi in cui siamo più abituati.
Un’esperienza piena di sensi
Cosa intendo? esiste a Milano “Dialogo nel buio: Un viaggio di un’ora nella totale oscurità, che trasforma una semplice passeggiata in un giardino o il sorseggiare una tazza di caffè in un’esperienza straordinaria. Chi l’ha compiuto racconta di aver vissuto qualcosa di unico, che ha cambiato il proprio modo di pensare. È una mostra/percorso allestita da dicembre 2005 presso l’Istituto dei Ciechi di Milano. Si differenzia da un'esposizione tradizionale per l’assenza totale di luce e per il fatto che i visitatori per esplorare gli ambienti devono affidarsi esclusivamente ai sensi del tatto, dell'udito, dell'olfatto, del gusto. Un buio così profondo disorienta, sconcerta chi è abituato da sempre a fare affidamento sulla vista. È anche l'occasione per scoprire nuove dimensioni, in modo sorprendentemente semplice. Non si tratta di scoprire una realtà differente, è piuttosto una riscoperta, con modalità diverse, dello stesso mondo che già conosciamo. Nel buio anche il caffè ha un altro sapore, una rosa un altro profumo. Dialogo nel Buio non è una simulazione della cecità, ma l’invito a sperimentare come la percezione della realtà e la comunicazione possano essere molto più profonde e intense in assenza della luce. Un’esperienza da non perdere, per scoprire che la vita anche per chi non vede non è vuota né triste. È, per alcuni aspetti, semplicemente diversa.”
E lasceremo crescere il desiderio: usare della molteplicità dei sensi è introdurre più senso nella vita.
Riserva indiana
Non è il recinto la cosa importante. Due gli effetti negativi di una vita esclusiva dentro il recinto. Il primo è che potrebbe diventare una riserva indiana -direbbe il mio caro amico- dove ce la raccontiamo, che va tutto bene, che abbiamo le soluzioni a tavolino, che possiamo dire agli altri come sentirsi, muoversi, capire meglio. Un rischio per tutti: per i tradizionalisti del cambiamento, che contano le sedie vuote in platea confidando nella qualità degli spettatori famosi che hanno comprato il biglietto, quanto per i nostalgici innovatori, che cambiano posto ai soprammobili e lasciano l’arredamento con invariata polvere.
Vittimismo, cultura diffusa
Il secondo effetto negativo riguardo l’opera che Gesù è venuto a compiere. Egli è venuto perché è la porta. Altrimenti il recinto con l’accesso chiuso è una prigione nella quale entrano solo i ladri -che notoriamente usano altre strade per entrare ed uscire non percorribili da chi vive nel recinto, se no diveniamo complici-. In fondo quello che il ladro o il brigante vuole, è di sapere di poter sempre avere a disposizione la propria vittima, che magari si lamenta però resta lì.
A cosa serve una porta
La cosa importante di un recinto è avere una porta, e di un gregge avere un pastore che agisca:

1)    Spingere fuori
2)    Condurci, stare davanti
3)    Permetterci di oltrepassare la porta

La resurrezione è anche questo: “io sono la porta… io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. In Gesù le due cose coincidono, è porta di vita e vita stessa, è l’uomo colpito a morte e il samaritano che lo soccorre. Ci conduce al Padre, che è padre tanto del figlio prodigo, quanto del figlio recintato. Perché questo avvenga ci spinge fuori e lo fa chiamandoci per nome. Per i ladri non siamo persone, ma rappresentanti di qualcosa che gli interessa! I nostri soldi, le nostre povertà, le nostre paure. Per il Signore la vita ha un nome ed è il mio nome, il tuo nome. Questo è il pastore della vita: il futuro richiederà tanta capacità di concentrarci sui volti delle persone e non sulle persone come fossero problemi.
La fiaba da raccontare alla fine
Saper trovare la porta non è poca cosa nella vita in convivenza con la pandemia. Mi sovviene uno spezzone del film Labyrinth, nel quale la protagonista, ormai catapultata dentro il labirinto del re dei goblins, deve attraversarlo per raggiungere il castello e riuscire a salvare il fratellino che gattona pericolosamente all’ora in cui verrà trasformato in Goblin. Ma resta ferma alla partenza: il labirinto le si presenta come un muro senza porte. Finchè scoraggiata ed esausta si siede a terra poggiandosi al muro esterno di questo corridoio a cielo aperto e senza fine. Un bruco grandemente occhiuto, la saluta in un francese alla ispettore Clouseau dicendole “Elò”! La ragazza quasi piange e l’invito del bruco a prendere del tea con lui e la moglie non sortisce effetto. Il bruco le chiede perché è così disperata:
- Non c’è nessuna apertura, il muro va sempre avanti dritto.
- Ma è pieno di aperture!
- Dove sono?
- Ce n’è una proprio lì davanti a lei!
- No che non c’è!
- Venga dentro prenda una tazza di tea.
- Non ci sono aperture!
- Ma sicuro che c’è provi a passarci attraverso capirà cosa intendo
- Cosa?
- Avanti avanti alè!
- C’è solo un muro non ci sono passaggi!
Ma detto questo la ragazza prova ad avanzare e si accorge che il muro di fronte ha due profondità, semplicemente il colore dei mattoni davanti e dietro le impediva, per un gioco illusorio, di vedere quella profondità che corrispondeva ad una distanza e dunque ad una apertura. Finalmente sorridente, dice:
- ci sono dei passaggi
- Le cose non sono sempre come sembra in questo posto, perciò lei non può prendere niente per scontato!
- Ehhh… grazie mi è stato di un aiuto incredibile.
Così Gesù oggi riempie con queste parole la nostra festa: “Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.”

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