Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

Translate

venerdì 1 maggio 2020

1 maggio 2020 “qualunque cosa facciate, fatela di buon animo” (commento a Mt 13, 54-58)

Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.



Gesù torna a casa. Dalle sue parti si ricordano di lui, memorie di quello che hanno visto della sua storia mentre cresceva all’interno della sua famiglia: lavoro, affetti, scuola di cortile. Per loro Gesù è rimasto inchiodato a quel tempo, loro lo hanno già crocifisso ai propri ricordi. “Da dove gli vengono tutte queste cose?”. La stessa domanda la facciamo noi al Risorto, quando teniamo piantati i piedi dentro questa pandemia: “Che ci vieni a fare in tutte queste cose?”. Parlare di Resurrezione sembra di essere già in Fase 4: qui siamo appena alla Fase 1.2 (mi ha scritto ieri qualcuno al telefono!). La storia la vediamo, così, in stabile dimora dentro di noi, tanto da non pensare che necessiti ogni tanto qualche correzione di sguardo e comprensione. Gesù, che ci vieni a fare in questa nostra vecchia storia? Forse un tempo c’eri anche tu, ti abbiamo conosciuto, sei cresciuto con noi al catechismo ti abbiamo studiato. E restiamo così, con questa aria di chi si aspetta condoglianze invece che novità per vivere.

Solo dove tu ed io ci siamo veramente! È solo lì che possiamo incontrare Gesù. Non è questione di perfezione morale, come se noi esistessimo soltanto quando facciamo i bravi ragazzi. Dove siamo davvero, dov’è la nostra vita adesso? Adamo: dove sei? Gesù non è per davvero dentro quei memoriali di cui sono prigionieri i suoi conterranei. Loro stessi vivono in un presente che non è più ripetizione della storia trascorsa. Ma pensando che sia così i loro occhi sparpagliati tra passato e presente, sono incapaci di credere chi sia Gesù che cammina con loro in avanti. Addirittura per essi è un inciampo, un errore, uno scandalo da evitare.

Non più sofferenza, non più miseria o pena. Oggi festa del lavoro, ricordo di Giuseppe che era falegname. Bello che con questo termine, in originale greco, si poteva indicare anche il carpentiere che metteva su cantieri per costruire case, l’artista che sa inventare cose partendo da altre cose, con estro, capacità e bellezza. È il mestiere del profeta: di fronte ad una realtà presente fragile ed incerta, magari nostalgicamente memore di glorie e benessere passato, annuncia un futuro del tutto differente: non più sofferenza, non più miseria o pena. Dalle parti di casa sua, il profeta Gesù ha scarsa possibilità di agire, la schiavizzante incredulità spegne il fuoco delle braci e si accontenta di rametti che si accendano e si consumino in fretta. Eppure anche qui un po' di speranza: non molti, ma abbastanza per essere ricordati, i suoi prodigi a Nazareth. Qualcuno di non incredulo, qualcuno che era lì per davvero, ha permesso che qualche novità irrompesse nel villaggio globale. Il vangelo non registra disappunto in Gesù: il profeta è sempre uno che propone una via, che offre uno sguardo differente sulla storia, un’occasione da scegliere. È a servizio non alla ricerca di potere.

Essere a servizio non essere in potere. Una grande trasformazione in atto, per noi, ma anche occasione per la chiesa, il futuro di un mondo che ora conosce una data netta: prima e dopo Covid. Magari non stare lì a perdersi dietro le novità: meglio fare nuove le cose. Prendendole tutte e passarle dalla colonna dell’esercizio di un potere a quella dell’essere al servizio. Rimettersi il grembiule e iniziare così le nostre eucaristie, meno perentoriamente offerta di sacro elitario, più diffusamente proposta di comunione per vivere e cambiare pane in carne, vino in sangue, indifferenza in amore, storia in futuro.

Il figlio del falegname non dimentica neanche al termine della sua vita, di aver lavorato con il suo padre Giuseppe, e l’ultimo lavoro lo farà ancora sopra un legno.

Donde

Nessun commento:

Posta un commento