Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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sabato 16 maggio 2020

16 maggio 2020 “il suo amore è per sempre” (commento a Gv 15, 18-21)

Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia.
Ricordatevi della parola che io vi ho detto: “Un servo non è più grande del suo padrone”. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato».


il volto di Tim Guénard
Perché Gesù ci racconta dell’odio del mondo per lui e per i suoi?
L’evangelista Giovanni radica fortemente l’annuncio pasquale in quel “non temere” che è la risposta definitiva della vita alla paura di Adamo, quando rispose a Dio: “Signore ho scoperto la mia fragilità, la mia nudità e mi sono nascosto perché ho avuto paura!”. Liberiamoci subito di un peso: se Gesù ci parla in questo modo non è per far nascere in noi la paura verso il mondo, soprattutto verso quello che rifiuta anche attivamente la sua buona parola, odiando e perseguitando.
Un’altra libertà ci occorre: attenti a non odiare a nostra volta. Può esserci il rifiuto del mondo verso Gesù, ma Gesù non ha mai rifiutato il mondo!
Ancora: l’odio può portare il discepolo ad un altro esito: la deriva dell’amore. Odiato, incapace di odiare a sua volta, ma preso comunque dalla paura, il suo amore potrebbe diventare selettivo ed elitario, cercando spazi dove riversare e -perdonate il gioco di parole- riservare il suo amore, che come una zattera si proponga quale ambiente chiuso che si preserva dal mare e galleggia sulle acque. L’odio si riversa nei cuori come paura di agire.
Il cammino dei discepoli, tanto contiguo a quello di Gesù, parla di altro: “La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.” (Rm 5,5).

Non posso adesso che portare la testimonianza di un uomo che ho sentito anche parlare di persona ad una conferenza. La sua storia l’ha scritta in un libro autobiografico: “Più forte dell’odio”. Lui si chiama Tim Guénard. Ecco alcune sue parole che precedono il racconto:
 
La mia vita è ammaccata come il mio volto.
Solo sul naso ho ventisette fratture. Ventitré provocate dalla boxe, quattro da mio padre.
Le botte più forti le ho ricevute da colui che avrebbe dovuto prendermi per mano e dirmi “Ti amo”.
Era un irochese. Quando mia madre lo ha lasciato, il veleno dell’alcol lo ha reso folle. Mi ha picchiato a morte prima che la vita ne proseguisse il gioco al massacro.
Sono sopravvissuto grazie a tre sogni: uscire dal riformatorio dove ero stato messo – un’impresa mai riuscita fino ad allora -, diventare capobanda, uccidere mio padre.
Sogni che ho realizzato. Tranne il terzo. Per un pelo…
Per anni è stata la fiamma della vendetta a darmi la forza di vivere.
Nella prigione del mio odio sono venute a farmi visita delle persone amorevoli che mi hanno commosso. È a queste persone che la società rifiuta, i deboli, gli storpi, gli handicappati, gli “anormali”, che devo la vita. E una formidabile lezione d’amore. A loro dedico questo libro: sono loro che mi hanno permesso di rinascere.
 L’incontro inatteso con l’Amore mi ha sconvolto l’esistenza.
Oggi vivo in una grande casa luminosa, sulle alture di Lourdes, con Martine, mia moglie, Églantine, Lionel, Kateri e Timothée, i nostri bambini. Più qualche persona di passaggio che si ferma da noi in attesa di riprendere il cammino.
  Questa mattina ho sistemato le arnie sul versante della montagna. Domani le porterò altrove, ad altri fiori, ad altri profumi. Assaporo il silenzio delle colline che, nelle loro cavalcate mi portano verso l’orizzonte.
Un’ape mi volteggia intorno, mi ronza vicino al viso, torna sul fiore, già carica di polline. La sua vita è regolata come una partitura: essa suona le note della sua eredità, ordini secolari trasmessi dal codice genetico. L’ape, come tutti gli animali, non può cambiare alcunché di quel comportamento programmato.
L’uomo sì.
L’uomo è libero di scombinare il proprio destino, per il meglio o per il peggio.
Io, figlio di un alcolizzato, bambino abbandonato, ho deviato il colpo della fatalità. Ho fatto mentire la genetica. Questa è la mia fierezza.
Mi chiamo Philippe, ma mi chiamano Tim perché il mio nome irochese è Timidy. Significa “signore dei cavalli”. È stato più difficile addomesticare la mia memoria ferita che un purosangue selvaggio.
Il mio cognome Guénard può essere tradotto con “forte nella speranza”. Ho sempre creduto al miracolo. Quella speranza non mi è mai mancata, nemmeno nella notte più nera, oggi la auguro agli altri.
Dai miei antenati ho ereditato l’assenza di vertigini. Non temo che un abisso, il più terribile: quello dell’odio al cospetto di se stessi.
Non ho che una paura: quella di non amare abbastanza.
 Per essere un uomo ci vogliono le palle. Per essere un uomo d’amore ci vogliono ancora più grosse.
Dopo anni di lotte, con mio padre, con me stesso e il mio passato, ho sotterrato l’ascia di guerra.
Ogni tanto, quando me lo chiedono, parto con il mio furgone per andare a raccontare le vicende della mia vita incasinata. Qui da noi, da qualche altra parte in Francia o all’estero, nelle scuole, nelle prigioni, nelle chiese, negli stadi, nelle piazze pubbliche…
Porto la testimonianza che il perdono è l’atto più difficile da compiere. Il più degno dell’uomo. Il mio combattimento più bello.
 L’amore è il colpo finale.
Ormai cammino sul sentiero della pace.

Donde

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