Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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mercoledì 6 maggio 2020

6 maggio 2020 “su di noi faccia splendere il suo volto” (commento a Gv 12,44-50)

Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù esclamò:
«Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre.
Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo.
Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me».


Gesù è l’io di Dio: un piccolo gioco di parole che mi riporta ad una mitica vignetta di Jacovitti. Due uomini si guardano l’un l’altro. Il primo con aria serena dice: “Tu ed io!”. L’altro con sguardo interrogativo chiede: “io e Dio?”. Il primo ci pensa un attimo e risponde: “No! Io ed tu!”. In questa confusione di pronomi (forse che non sia anche la parola “Dio” solo un pronome come “io” e “tu”?), si mescolano i soggetti tra loro senza perderli, senza distanziarli l’uno dall’altro.

In sette versetti, l’”io” di Gesù è posto in forte rilievo: per sedici volte torna il pronome di prima persona, di cui quattro “egò” ai vv.46.47.49.50, ma sempre in un’assoluta dipendenza dal Padre. La fede è rivolta al Padre (Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato) e il soggetto che ne parla usa il vocabolario, la grammatica e la poesia del Padre (Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me). Nel tessere il suo comandamento, che poi non è moralismo, spiccioli borghesi che ancora ci teniamo in tasca di un Dio legislatore, giudice e poliziotto di società, il Padre dà la parola di vita eterna. “Basta pronunciare ad un bambino una sola volta che Dio lo punisce se fa questo o quello, che tutte le parole su Dio misericordia se le dimenticherà!”: ieri mi diceva un amico prete. Gesù è stato inviato non per condannare ma per salvare il mondo.
Gesù proclama questo, butta fuori una voce, come quando tutto d’un fiato dici quanto vuoi bene ad una persona e senza accorgerti stai ripetendo da dieci minuti, con la stessa energia, le stesse cose. Gesù è Parola di Dio. Anche il precursore, Giovanni il battista, nel primo capitolo lo aveva gridato a squarciagola: “Dio nessuno lo ha mai visto: proprio il Figlio unigenito che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato”.

Alla vigilia dei fatti della passione, l’evangelista Giovanni pone sulla bocca di Gesù un discorso entusiasmante che ci aiuta a rivelare il Padre nelle nostre vite. Che cosa è prendersi cura del prossimo in questi tempi? È anche proclamare le nostre amicizie, le nostre relazioni di amore, custodite con l’affetto di chi tiene in braccio un bimbo di pochi mesi, perché in esse si proclama la nostra vita. Anche se non stiamo bene, un amico può pronunciare la vita per noi.

Vi chiedo oggi non di pregare per me ma di proclamare con me le parole belle di Dio: pensate che ogni gesto, ogni parola pronunciata da Gesù, viene dal Padre è pensata dal Padre. Tutte! Per esempio: tutto quanto dice e compie nell’episodio della morte di Lazzaro, è il Padre che lo dice e lo compie. Gesù piange l’amico Lazzaro, il Padre piange l’amico Lazzaro. Gesù riporta alla vita Lazzaro, è il Padre che riporta alla vita Lazzaro. Ieri trascrivevo quelle parole che mi hanno colpito tanto: adesso con noi Dio piange! Ma poi sogna con noi un futuro nuovo. Superficialmente uno potrebbe pensarle come parole ad effetto. Sono invece rivelazione di Parola di Dio nelle nostre vite.

Ieri mi ha chiamato un amico, di mestiere fa l’idraulico anche se ormai l’età ha superato la soglia della pensione. Lo avevo chiamato il 22 marzo per il suo compleanno e non rispondeva, poi gli avevo inviato un messaggio che temevo cadesse nel vuoto. Poi più niente. Mi sono detto: “Beh! Saprà che mi sono ricordato di lui quando prima o poi leggerà i messaggi!”, cosciente che non è uno smanettone adolescente di cellulari. Sono passati più di 40 giorni. Ieri pomeriggio la telefonata. Era appena uscito proprio ieri mattina dall’ospedale dove è stato ricoverato con la febbre a ridosso del suo compleanno. Curato anche in terapia intensiva per l’ossigenazione, da una ventina di giorni ne era uscito ed il secondo tampone fatto domenica, lo ha dichiarato libero. Ieri è tornato a casa e nel pomeriggio mi ha chiamato. Non ne sapevo nulla, mi sono commosso profondamente dopo la prima ondata di gioia nel colloquio con lui. Parole umanissime le sue, con lentezza lo stanno accompagnando a riappropriarsi della vita, cioè delle persone che amiamo. Nessuna parola è caduta a vuoto, neppure quelle scritte ormai più di 40 giorni fa. La vita certamente ha a che fare con lo stare bene, ma non tutto lo stare bene ha a che fare solo con la salute, ancora meno con il materico benessere. Le relazioni umane sono un indice più importante.

Questa relazione così primaria, così radicale, così vitale, tra Gesù ed il Padre, riverbera nelle parole della nostra vita quando siamo con i nostri cari, con gli amici e le persone in genere, riverbera come la luce del sole che percorre il pelo dell’acqua sul mare, e cerca le onde inquiete, increspature di un oceano umano mai veramente calmo, tramutate in occasione perché quella luce possa brillare ed essere proclamata agli occhi di chi osserva.

Oggi ci prendiamo un impegno: proclamiamo! Sorelline e fratellini non vi chiedo di pregare per me, ma di proclamare chi sono io per voi, chi sono gli altri per voi. Sono questa parola, esile, fragile, ma eterna e vitale, che sono gli amati, che è Gesù? Oppure cosa ne abbiamo fatto della parola del Padre?
Proclamate, gente, proclamate!



Donde

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