Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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martedì 26 maggio 2020
26 maggio 2020 “è un Dio che salva” (commento a Gv 17, 1-11)
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi al cielo, disse:
«Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato.
Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse.
Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato.
Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te».
Gesù inizia un capitolo di preghiera per i suoi, per la chiesa che verrà: così l’evangelista Giovanni immagina Gesù nel mettersi dinanzi al Padre, prima del Getsemani. Forse le due preghiere sono semplicemente distanti letterariamente, forse quella voce che prega ha iniziato da un po' di tempo a pregare e non smetterà più fino all’incontro con il Padre. “Padre è venuta l’ora.” Il tempo del Padre o il tempo delle tenebre? Il tempo dell’indifferenza mortale o il tempo della luce della vita, che è amore, che è eternità? I discepoli, e noi che siamo chiesa oggi, ci troviamo su questa strada per decidere quale tipo di salvezza stiamo cercando. Per noi l’oggi significa il mondo che sta uscendo dal Covid-19. Cosa porteremo con noi, l’essenziale o il superfluo? La gloria del mondo o la gloria del figlio?
L’imbonitore di orpelli, coi suoi abbaglianti effetti multitouch, ti promette un pass di accesso -ed uno soltanto- da usare per te -e te soltanto- al paradiso delle salvezze individuali. Sono come tu mi vuoi. “Ti sto usando! Ti sto divertendo?” (I’m using you, am I amusing you?). Deciditi, però: chi vuoi lasciare fuori? Il mondo non è poi questa cosa orribile, ti offre tutto ciò che potresti volere, anche cose belle giuste e vere, ti offre pure la religione! L’unica condizione che ti pone è che tu te ne serva innanzitutto per te e non per gli altri! Si può anche dare qualche briciola, purché sia rispettato l’enunciato principale: il fine ultimo devi essere tu. Ecco il “mondo” per cui Gesù non prega: non è questo il mondo sognato da Dio!
Gesù parla di comunione, di vita, di prossimità tra Dio e l’uomo. Gesù sa che il Padre ha un sogno differente per il mondo, per l’umanità, un’utopia differente che ora non ha luogo, ma lo troverà. Perché in fondo quello che il “mondo” non ha il coraggio di dire è che anche lo stile di vita in cui viviamo è una utopia, una devastante utopia di cui speriamo di iniziare ad avere consapevolezza. Un mondo così è autodistruttivo, ha infilato la sua cannuccia nel succo delle risorse della terra e dell’umanità e le sta succhiando senza calcolo!
Gesù parla di gloria. La gloria è il modo in cui qualcuno è presente in noi, nel nostro cuore, nelle nostre preghiere. Se odio il prossimo, quella è la sua gloria in me e la mia gloria in lui, anche se è aberrante! È un po' come avere un pensiero fisso. Possiamo scegliere di che gloria siamo fatti, è una prerogativa di chi ha scelto che gloria avere in noi, di Gesù che ci ha dato il suo essere figlio, la sua vita (che noi definiamo eterna perché è del Signore!). Sarebbe bellezza un’umanità che si scambiasse questa gloria: la fraternità, l’amore!
Per questo riporto qui le parole di Mons. Derio Olivero, perché ci parlano di un sogno che condivido pienamente!
Donde
LETTERA DI MONSIGNOR DERIO, vescovo di Pinerolo (colpito da COVID-19, dopo aver rischiato la morte è rientrato da poco tempo a casa e ha dato queste parole ai suoi fedeli).
Carissime amiche, carissimi amici,
in questi giorni si è acceso un dibattito sulle Messe: aprire o aspettare ancora? In realtà la vita di tutti ci sta dicendo di pensare a cose più urgenti: il dolore di chi ha perso un famigliare, senza neppure poterlo salutare; l’angoscia di chi ha perso il lavoro e fatica ad arrivare a fine mese; il peso di chi ha tenuto chiuso un’attività per tutto questo tempo e non sa come e se riaprirà; i ragazzi e i giovani che non hanno potuto seguire lezioni regolari a scuola; i genitori che devono con fatica prendersi cura dei figli rimasti a casa tutto il giorno; la ripresa economica con un impoverimento generale… Queste sono questioni che mi porto in cuore e sulle quali, come Chiesa di Pinerolo, stiamo cercando di fare il possibile. E’ in gioco il futuro del nostro territorio. A questo dedico la maggior parte delle mie poche forze in questi giorni, mettendoci mente e cuore. La questione serissima è: “Non è una parentesi!”. Vorrei che l’epidemia finisse domani mattina e la crisi economica domani sera. Ma non sarà così. In ogni caso questo periodo di pandemia e di crisi non è una semplice parentesi. Molti pensano: “Questa parentesi si è aperta ad inizio marzo, si chiuderà e torneremo alla società e alla Chiesa di prima”. No. E’ una bestemmia, un’ingenuità, una follia. Questo tempo parla, ci parla. Questo tempo urla. Ci suggerisce di cambiare. La società che ci sta alle spalle non era la “migliore delle società possibili”. Vi ricordate quanti “brontolamenti” facevamo fino a febbraio? Bene, questo è il tempo per sognare qualcosa di nuovo. Quella era una società fondata sull’individuo. Tutti eravamo ormai persuasi di essere “pensabili a prescindere dalle nostre relazioni”. Tutti eravamo convinti che le relazioni fossero un optional che abbellisce la vita. Una ciliegina sulla torta, un dolcetto a fine pasto. In questo isolamento ci siamo resi conto che le relazioni ci mancano come l’aria. Perché le relazioni sono vitali, non secondarie. Noi siamo le relazioni che costruiamo. Ciò significa riscoprire la “comunità”. Gli altri, la società sono una fortuna e noi ne siamo parte viva. Il mio paesino, il mio quartiere, la mai città sono la mia comunità: sono importanti come l’aria che respiro e devo sentirmi partecipe. L’abbiamo scoperto, ora proviamo a viverlo. Non è una parentesi, ma una nascita. La nascita di una società diversa. Non sprechiamo quest’occasione! Una società che riscopre la comunità degli umani, l’essenzialità, il dono, la fiducia reciproca, il rispetto della terra. Ne ho parlato nella mia lettera “Vuoi un caffè?”. Forse possiamo rileggerla oggi come stimolo per sognare e costruire una società nuova.
In secondo luogo mi rivolgo ai credenti. Non basta tornare a celebrare per pensare di aver risolto tutto. “Non è una parentesi”. Non dobbiamo tornare alla Chiesa di prima. O iniziamo a cambiare la Chiesa in questi mesi o resterà invariata per i prossimi 20 anni. Per favore ascoltiamo con attenzione ciò che ci sussurra questo tempo e ciò che meravigliosamente ci dice Papa Francesco. Vi ricordate cosa dicevamo fino a fine febbraio? In ogni incontro ci lamentavamo che la gente non viene più a Messa, i bambini del catechismo non vengono più a Messa, i giovani non vengono più a Messa. Vi ricordate? Ed ora pensiamo di risolvere tutto celebrando nuovamente la Messa con il popolo? Io credo all’importanza della Messa. Quando celebro mi “immergo”, ci metto il cuore, rinasco, mi rigenero. So che è “culmine e fonte” della vita del credente. E sogno dall’8 di marzo di poter avere la forza per tornare a presiedere un’Eucarestia. Ma in modo netto e chiaro vi dico che non voglio più una Chiesa che si limiti a dire cosa dovete fare, cosa dovete credere e cosa dovete celebrare, dimenticando la cura le relazioni all’interno e all’esterno. Abbiamo bisogno di riscoprire la bellezza delle relazioni all’interno, tra catechisti, animatori, collaboratori e praticanti. Abbiamo bisogno di creare in parrocchia un luogo dove sia bello trovarsi, dove si possa dire: “Qui si respira un clima di comunità, che bello trovarci!”. E all’esterno, con quelli che non frequentano o compaiono qualche volta per “far dire una messa”, far celebrare un battesimo o un funerale. Sogno cristiani che amano i non praticanti, gli agnostici, gli atei, i credenti di altre confessioni e di altre religioni. Questo è il vero cristiano. Sogno cristiani che non si ritengono tali perché vanno a Messa tutte le domeniche (cosa ottima), ma cristiani che sanno nutrire la propria spiritualità con momenti di riflessione sulla Parola, con attimi di silenzio, momenti di stupore di fronte alla bellezza delle montagne o di un fiore, momenti di preghiera in famiglia, un caffè offerto con gentilezza. Non cristiani “devoti” (in modo individualistico, intimistico, astratto, ideologico), ma credenti che credono in Dio per nutrire la propria vita e per riuscire a credere alla vita nella buona e nella cattiva sorte. Non comunità chiuse, ripiegate su se stesse e sulla propria organizzazione, ma comunità aperte, umili, cariche di speranza; comunità che contagiano con propria passione e fiducia. Non una Chiesa che va in chiesa, ma una Chiesa che va a tutti. Carica di entusiasmo, passione, speranza, affetto. Credenti così riprenderanno voglia di andare in chiesa. Di andare a Messa, per nutrirsi. Altrimenti si continuerà a sprecare il cibo nutriente dell’Eucarestia. Guai a chi spreca il pane quotidiano (lo dicevano già i nostri nonni). Guai a chi spreca il “cibo” dell’Eucarestia. Solo con questa fame potremo riscoprire la fortuna della Messa. E solo in questo modo riscopriremo la voglia di diventare un regalo per gli altri, per l’intera società degli umani.
Buon cammino a tutti. Insieme. Vi porto in cuore.
Con affetto e stima.
+ Derio, Vescovo
Pinerolo, 18 maggio 2020
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