Di fronte a un Cristo applaudito dalle folle, c’è un Cristo che muore nella solitudine più nera. E oggi, alle spalle di un Papa acclamato dalla gente, c’è il sacrificio di Ottocento Martiri che giustifica, pareggia e sopravanza tutti gli evviva del mondo.
Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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mercoledì 18 aprile 2018
Un futuro carico di promesse (Papa Francesco visita la terra di don Tonino Bello)
Venerdì 20 aprile Papa Francesco si
recherà in visita pastorale ad Alessano (Lecce) e Molfetta (Bari)
nel venticinquesimo anniversario della morte di monsignor Antonio
Bello, che fu vescovo di Molfetta e presidente di Pax Christi. Fra i
numerosissimi testi di don Bello – che la Fondazione Don Tonino
Bello, situata nella sua casa natale e presieduta dal dottor
Giancarlo Piccinni (autore del recente volume “Don Tonino sentiero
di Dio”, edizioni San Paolo), è impegnata a raccogliere, custodire
e diffondere – vi è questo testo che comparve nell’ottobre del
1980 su un giornale locale (non più esistente). Don Bello, che
all’epoca era parroco a Tricase (Lecce), lo scrisse nell’imminenza
della visita pastorale che Giovanni Paolo II compì ad Otranto – il
5 ottobre 1980 – per rendere omaggio agli 800 martiri della città,
nel V centenario della loro uccisione:
«È venuto Giovanni Battista che
non mangia pane e non beve vino, e voi dite: ha un demonio. È venuto
il Figlio dell’uomo che mangia e beve, e voi dite: ecco un mangione
e un beone…».
La gente trova sempre da ridire. Ai
tempi di Cristo, come ai nostri tempi. Qualunque cosa si faccia.
Venticinque anni fa si diceva che, invece che pontificare dalla torre
d’avorio del Vaticano, il Papa, anche se vecchio, avrebbe fatto
meglio a girare il mondo per conoscerne i problemi. Oggi che il Papa
è giovane e corre da un punto all’altro della terra, ci si lascia
sorprendere dalla nostalgia di un Papa sedentario!
«Perché questo spreco di unguento?
Si poteva vendere a caro prezzo e darlo ai poveri…».
I noiosi contabili della carità stanno
in agguato dappertutto. E dalla casa di Simone il Lebbroso sgusciano
fino ai nostri giorni mormorando: «Quanto spreco di denaro per un
Papa che viene! Sarebbe meglio investirlo in opere utili per la
povera gente!». Ma è probabile che la povera gente non sappia che
farsene dei calcoli di questa gelida computisteria. Ed è ancora più
probabile che disprezzi in cuor suo l’ipocrisia di coloro che,
fingendo di ignorare le infinite occasioni mancate per il riscatto
sociale di questa provatissima terra, vorrebbe privarla oggi
dell’onore di ospitare, sia pure per un giorno, un così illustre
pellegrino.
«C’era una gran folla di suoi
discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da
Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone, che erano venuti per
ascoltarlo… e tutta la folla cercava di toccarlo…».
Il Vangelo tace: ma non è difficile
immaginare il coro delle farisaiche disapprovazioni nei confronti di
Gesù: «La gente gli corre dietro. Li ha stregati tutti! Sono come
pecore…». Oggi, per un Papa che galvanizza le folle, il
vocabolario è più raffinato, ma non meno gravido di sospettosa
acrimonia. Si parla di trionfalismo, di plagio di massa, di
transfert, di inconsci processi di identificazione, di tecniche del
consenso…
Il fatto è che sfuggono a molti i
misteriosi equilibri che sottostanno alla vita della Chiesa. Un
«osanna» è stato già pagato con cento «crucifige». Di fronte a
un Cristo applaudito dalle folle, c’è un Cristo che muore nella
solitudine più nera. E oggi, alle spalle di un Papa acclamato dalla
gente, c’è il sacrificio di Ottocento Martiri che giustifica,
pareggia e sopravanza tutti gli evviva del mondo.
«Benedetto colui che viene nel nome
del Signore…».
Ma che cosa viene a fare il Papa qui da
noi? Che senso ha il suo viaggio in Terra d’Otranto? Sarà un
omaggio al folkore? Sarà una concessione all’accademia festaiola?
Sarà un momento di enfasi celebrativa? Sono gli interrogativi che
tornano più insistentemente in questi giorni e ai quali bisognerà
attendere la conclusione del viaggio di Giovanni Paolo II per dare
una risposta.
A chi è allenato, comunque, a scorgere
il filo che sottende i grani di questo rosario di viaggi compiuti dal
Papa, non è difficile intuire le ragioni di questa discesa
pontificia nel nostro profondissimo Sud. Il desiderio di rendere
omaggio agli ottocento Martiri, ma anche alla terra che li ha
espressi. L’ansia pastorale di restituire freschezza alla fede
delle nostre genti, caricandola di una valenza che stimoli
all’impegno, al cambio, al rinnovamento. La volontà di
privilegiare e di stimolare alla speranza un popolo povero, di cui i
potenti della terra non sembra tengano gran conto. La prospettiva di
investire di una vocazione ecumenica le nostre Chiese salentine,
geograficamente e culturalmente le più protese a Oriente.
Riusciranno le
comunità ecclesiali di Terra d’Otranto a dare nitidezza a questi
propositi del Papa e a evitare, agli scettici di casa nostra,
l’insinuarsi del dubbio che la sua visita venga davvero compiuta
«nel nome del Signore?».
«Venite a me voi tutti che siete
affaticati e oppressi…».
Vorremmo che, sollevandosi in aereo per
partire dalla nostra terra la sera del 5 ottobre, il Papa potesse
pregare così: «Benedici, Signore, questo popolo dignitoso e forte,
travagliato da secolari ingiustizie, ma abituato a soffrire e a
morire in piedi, come il martire Primaldo. Fa’ che conservi sempre
la sua dignità e che, per un pezzo di pane, non accetti mai il
baratto di piegarsi dinanzi a nessun pascià della terra. Donagli un
futuro carico di promesse. E liberalo dalla retorica dei suoi capi.
Amen!».
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