Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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mercoledì 25 aprile 2018

Il discorso di Mario Savio a Berkeley, nel 1964

Buon 25 aprile!

L’università è attualmente chiamata a educare un numero di studenti prima inimmaginabile; a far fronte alle crescenti richieste del servizio nazionale; a fondere le sue attività con l’industria come mai prima d’ora […].
Caratteristica di questa trasformazione è la crescita dell’industria della conoscenza, che sta permeando di sé il governo e il mondo degli affari, e attraendo sempre più persone istruite a livelli sempre più alti di specializzazione. […] L’industria della conoscenza può essere per la seconda metà di questo secolo ciò che le automobili sono state per la prima metà, e le ferrovie per la seconda metà dell’Ottocento; e cioè servire come punto focale per la crescita nazionale. E l’università è al centro del processo della conoscenza.
L’università e molti segmenti dell’industria stanno diventando sempre più simili. Man mano che l’università si lega al mondo del lavoro, il professore – almeno nelle scienze naturali e in alcune delle scienze sociali – acquista le caratteristiche dell’imprenditore. […] I due mondi si stanno fondendo, fisicamente e psicologicamente. […] Il campus e la società si stanno fondendo con qualche riluttanza e cautela, ma la fusione è già a uno stadio avanzato.
E se il Presidente Kerr è il manager [di questa grande impresa], allora vi dico una cosa – i docenti sono un mucchio di impiegati, di dipendenti! E noi siamo la materia prima! Ma siamo un mucchio di materie prime che non intendono farsi lavorare, non intendono farsi trasformare in un prodotto, non intendono farsi comprare dai clienti dell’università, siano essi il governo, siano l’industria, siano il movimento sindacale, siano essi chiunque! Siamo esseri umani!
Arriva un momento in cui il funzionamento della macchina diventa così odioso – ti fa così rivoltare il cuore – che non puoi più esserne parte. Non puoi più esserne parte neanche passivamente. E devi gettare il tuo corpo nell’ingranaggio, nelle ruote e nelle leve dell’ingranaggio, in tutto l’apparato, e devi bloccarlo, fermarlo. E devi far capire alla gente che lo governa, alla gente che lo possiede che, ammenoché tu non sia libero, alla macchina sarà impedito di funzionare del tutto.
Mario Savio, Sproul Hall Steps, UC Berkeley, December 2, 1964 (Cohen 327)


Anno 1964, Università di Berkeley, California.
Un gruppo di studenti partecipa alle manifestazioni antirazziali in Mississippi e si convince della necessità che la stessa protesta debba essere portata anche in California per chiedere parità di diritti e di accesso al lavoro a neri e bianchi. Ma gli imprenditori californiani, impauriti dai successi ottenuti dalle precedenti dimostrazioni degli studenti avvenute presso il Sheldon Palace Hotel di San Francisco, inserite in quella serie di azioni che scossero la Bay Area dalla primavera del 1963, e che permisero l’inserimento di persone di colore nelle strutture alberghiere, chiesero e ottennero di limitare l’attività di gruppi politici, di protesta o anche solo di dibattito nei campus studenteschi.

Così gli studenti decisero di spostare il dibattito fuori dal campus, all’angolo tra Bancroft Way e Telegraph Avenue. Ma in seguito il rettore Kerr vietò di sostare anche in quel luogo in quanto proprietà dello Stato.
Questo provvedimento che violava in modo evidente il Primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti creò un’inedita sinergia tra tutti gli studenti anche tra quelli che erano ostili o indifferenti al movimento per i diritti civili. Si unirono per difendere il diritto di libertà di parola, trasformato infine in un consapevole sfogo contro l’alienazione che gran parte degli studenti nutriva nei confronti dell’Università diventata non più sede del sapere ma una vera e propria impresa dove ricerche e corsi erano modellati a seconda delle esigenze del complesso militare e industriale per produrre studenti omologati.

A seguito di questi accadimenti si formò il Free Speech Movement (Movimento per la Libertà di Parola) che avrà lunga vita, non solo nell’Università di Berkeley, e che sarà il detonatore dei movimenti studenteschi degli anni Sessanta in lotta per i diritti civili soprattutto degli afroamericani e degli amerindiani, per la democrazia diretta sui campus, per il potere studentesco e contro l’autoritarismo accademico.

Un personaggio centrale all’interno del Free Speech Movement, che riuscì a portarlo alla vittoria soprattutto grazie alle sue abilità oratorie e al suo carisma, fu Mario Savio, figlio di emigranti siciliani, genio della fisica che già da liceale si fece onore scoprendo degli errori di calcolo nelle tabelle della marina militare statunitense sulla propagazione del suono in acque profonde (il suo lavoro fu poi pubblicato). Savio, al momento dei fatti che sto descrivendo, era già stato in prigione per violazione di domicilio avendo protestato nella sede di una confederazione d’alberghi contro l’assunzione di personale nero solo per lo svolgimento delle mansioni più umili. Appena rilasciato partecipò alla Freedom Summer che si svolse in Mississippi e che rivendicava il diritto di voto ai neri. Non fu proprio una passeggiata; alcuni volontari, Andrew Goodman, Mickey Schwerner e James Chaney, partiti con lui furono uccisi dal Ku Klux Klan, e lui stesso aggredito. Ricordate il film del 1988 Mississippi Burning? Narra per l’appunto di questa orribile vicenda. Comunque Savio, tornato a Berkeley dopo queste esperienze e cosciente dei drammi che avevano e che stavano ancor segnando la società in quegli ultimi anni, l’Olocausto, Hiroshima e la contrapposizione a tinte fosche fra America e comunismo, sentì crescere in lui la sensazione precisa che la linea del male assoluto fosse stata valicata, come lui stesso dichiarò in una intervista dell’epoca.

Da quei fatti iniziati in ottobre seguirono sei settimane di negoziazioni finché nel novembre 1964 l’università prese dei provvedimenti disciplinari nei confronti di Savio, Jack Turner e Brian Turner. In risposta a ciò, gli studenti organizzarono un nuovo sit in a Sproul Hall, che sfociò nella vittoria definitiva del movimento il 2 dicembre. Proprio quel giorno Mario Savio, dalla scalinata che oggi porta il suo nome, tenne il suo discorso più famoso, Bodies upon the Gears, “Corpi in mezzo agli ingranaggi”.

Le autorità non poterono tollerare oltre; vennero inviati 600 ufficiali di polizia per cacciare gli studenti: quasi 800 gli arresti. Un uso della forza senza precedenti, cui seguì uno sciopero generale di studenti e corpo docente. Il giorno successivo il senato accademico ristabilì la libertà di espressione nel campus di Berkeley. Questa decisione segnò la vittoria del FSM, di Mario Savio e di un’intera generazione.



La lotta per la libertà di parola costò cara a Savio. Accusato ingiustamente di coinvolgimento col partito comunista allo scopo di diffondere il caos nelle università d’America per rovesciare il Governo degli Stati Uniti, Savio rimase intrappolato negli ingranaggi dell’FBI che lo seguì per tutta la vita svolgendo una pesante operazione di dossieraggio inserendolo nella lista delle persone che potevano essere arrestate senza alcuna garanzia processuale in caso di emergenza nazionale.

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