Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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mercoledì 27 dicembre 2017
SOLI ANCORA UNA VOLTA? Lettera aperta al presidente Mattarella di #ItalianiSenzaCittadinanza
Oggetto: lettera aperta
del Movimento #ItalianiSenzaCittadinanza in merito al ddl 2092 di
riforma della legge della cittadinanza italiana, l. n. 91 del 1992.
Al Presidente della
Repubblica Sergio Mattarella,
Egregio Presidente della
Repubblica,
Oggi, 27 dicembre,
ricorrono i settant'anni della promulgazione della Costituzione del
nostro Paese. In una giornata così bella e fondamentale per le
nostre vite e per la nostra democrazia, è nostro dovere ricordarLe
come molte e molti di noi abbiano imparato a conoscerla tra i banchi
di scuola, imparandone i valori fondamentali di libertà,
uguaglianza, pace, rispetto, imparando a diventare di fatto cittadini
e non più sudditi, secondo gli auspici di Piero Calamandrei e le
opportune circolari ministeriali che spingono i docenti a seminare
semi di cittadinanza attiva nei loro allievi e nelle loro allieve.
Tutti e tutte noi
l'abbiamo letta, riletta e riscoperta in questo anno di mobilitazione
a favore della riforma della cittadinanza, ci siamo riconosciuti
profondamente nei suoi valori, e in particolare nell'articolo 3, il
cui secondo, magnifico comma, concepito dal padre costituente Lelio
Basso, che recitando " [...] E' compito della Repubblica
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando
di fatto l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo
della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del
Paese." , prospetta un orizzonte di riduzione delle diversità
e di accesso ai diritti fra le varie componenti della Nazione e di
progressivo ampliamento dei diritti e della platea degli aventi
diritto come inscritto nell'intelaiatura profonda della Repubblica.
Caro Presidente,
concorderà con noi che il 23 dicembre la Repubblica ha fallito
nella rimozione di questi "ostacoli", mantenendo di fatto
una distinzione netta tra cittadini e non, basata su una concezione
prettamente elitaria ed economica della cittadinanza.
La cittadinanza è
qualcosa di più di un diritto. La grande filosofa Hannah Arendt
l’ha definita «il diritto ad avere diritti» in quanto solo il
riconoscimento della cittadinanza trasforma un individuo in un
soggetto giuridico detentore di diritti.
Non lasci che questa
battaglia, iniziata con le prime mobilitazioni della Rete Nazionale
Antirazzista nel 1997, quando molti e molte di noi non erano ancora
nati, cada in un nulla di fatto. Anche perché così non è. Il
quadro che consegnerebbe al Paese la rinuncia a discutere in aula la
riforma della cittadinanza è ben diverso da quello che si
presentava all’inizio della legislatura. In questi mesi, forze
oscure che puntano a indebolire le ragioni della convivenza e dello
stato di diritto sono cresciute, proprio cavalcando le ragioni del
fronte del no alla riforma, riattivando la memoria di parole d’ordine
che credevamo dimenticate, legate al fascismo e del
colonialismo.
Qui, non si parla di una battaglia che punta
semplicemente alla conquista di un accesso
alla cittadinanza più
semplificato, con la nostra battaglia puntiamo ad ottenere,
finalmente, il nostro riconoscimento come categoria sociale finora
ignorata e dimenticata; con la nostra battaglia puntiamo ad una
politica di ampio respiro, al passo con i tempi e che soprattutto
sappia riconoscere i cambiamenti sociali e culturali del proprio
Paese. Con la nostra battaglia, inoltre, puntiamo ad ottenere
un'applicazione ancora più incisiva della nostra Costituzione
Italiana.
Talvolta le autorità
di un Paese democratico sono chiamate dalla Storia a promuovere leggi
che possono apparire divisive ma che in realtà sono necessarie a
potenziare gli anticorpi e a creare argini contro la deriva di forze
antidemocratiche e destabilizzanti. Non lasciateci soli ancora una
volta.
RingraziandoLa della Sua
attenzione, cogliamo l'occasione per augurarLe buone feste. Con
Rispetto,
Il Movimento #ItalianiSenzaCittadinanza
IUS SOLI: cosa significa
Come funziona adesso
L’ultima legge sulla
cittadinanza, introdotta nel 1992, prevede un’unica modalità di
acquisizione chiamata ius sanguinis (dal latino, “diritto di
sangue”): un bambino è italiano se almeno uno dei genitori è
italiano. Un bambino nato da genitori stranieri, anche se partorito
sul territorio italiano, può chiedere la cittadinanza solo dopo aver
compiuto 18 anni e se fino a quel momento abbia risieduto in Italia
“legalmente e ininterrottamente”. Questa legge è da tempo
considerata carente: esclude per diversi anni dalla cittadinanza e
dai suoi benefici decine di migliaia di bambini nati e cresciuti in
Italia, e lega la loro condizioni a quella dei genitori (il cui
permesso di soggiorno nel frattempo può scadere, e costringere tutta
la famiglia a lasciare il paese).
Cosa cambierebbe
La nuova legge introduce
soprattutto due nuovi criteri per ottenere la cittadinanza prima dei
18 anni: si chiamano ius soli (“diritto legato al territorio”)
temperato e ius culturae (“diritto legato all’istruzione”).
Lo ius soli puro prevede
che chi nasce nel territorio di un certo stato ottenga
automaticamente la cittadinanza: ad oggi è valido ad esempio negli
Stati Uniti, ma non è previsto in nessuno stato dell’Unione
Europea. Lo ius soli “temperato” presente nella legge presentata
al Senato prevede invece che un bambino nato in Italia diventi
automaticamente italiano se almeno uno dei due genitori si trova
legalmente in Italia da almeno 5 anni. Se il genitore in possesso di
permesso di soggiorno non proviene dall’Unione Europea, deve
aderire ad altri tre parametri:
– deve avere un reddito
non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale;
– deve disporre di un
alloggio che risponda ai requisiti di idoneità previsti dalla legge;
– deve superare un test
di conoscenza della lingua italiana.
L’altra strada per
ottenere la cittadinanza è quella del cosiddetto ius culturae, e
passa attraverso il sistema scolastico italiano. Potranno chiedere la
cittadinanza italiana i minori stranieri nati in Italia o arrivati
entro i 12 anni che abbiano frequentato le scuole italiane per almeno
cinque anni e superato almeno un ciclo scolastico (cioè le scuole
elementari o medie). I ragazzi nati all’estero ma che arrivano in
Italia fra i 12 e i 18 anni potranno ottenere la cittadinanza dopo
aver abitato in Italia per almeno sei anni e avere superato un ciclo
scolastico.
Un po’ di dati
Secondo uno studio della
Fondazione Leone Moressa su dati ISTAT, citato da Repubblica, al
momento in Italia ci sono circa 1 milione e 65mila minori stranieri.
Moltissimi di questi ragazzi sono figli di genitori da tempo
residenti in Italia, oppure hanno già frequentato almeno un ciclo
scolastico (a volte le due categorie si sovrappongono). Sempre
secondo i calcoli della Fondazione Leone Moressa, al momento i minori
nati in Italia da madri straniere dal 1999 a oggi sono 634.592
(assumendo che nessuno di loro abbia lasciato l’Italia). Per quanto
riguarda lo ius culturae, sono invece 166.008 i ragazzi stranieri che
hanno completato almeno cinque anni di scuola in Italia, non tenendo
conto degli iscritti all’ultimo anno di scuole superiori perché
maggiorenni.
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