Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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domenica 17 dicembre 2017
È molto meglio vivere scambiandoci auguri che scambiandoci pugni (Commento di padre Balducci alla III domenica di Avvento B)
17 Dicembre 2017- 3^DOMENICA D'AVVENTO -Anno B
Prepariamoci a questo Natale senza dar troppa importanza alle abitudini codificate dall'uso e soprattutto utilizzate dal mercato. Non prendiamole troppo sul serio anche se non dobbiamo cinicamente disprezzarle. Esse hanno un loro valore sociale. È molto meglio vivere scambiandoci auguri che scambiandoci pugni. E molto meglio che ci sia una pausa nella macchina di guerra che non una continuità.
PRIMA LETTURA: Is 61, 1-2.10-11- SALMO: Lc 1, 46-54- SECONDA LETTURA: 1 Ts 5, 16-24-VANGELO: Gv 1, 6-8. 19-28
…E molto interessante, non solo dal punto di vista esegetico ma per la pregnanza di messaggio che contiene, il fatto che dopo il grandioso prologo - «In principio era il Verbo e il Verbo era Dio» ... - rigo dopo rigo si arriva a parlare di quest'uomo che fu mandato per preparare le vie del Signore. Dalla metastoria alla storia, dall' empireo dove i disegni sull'uomo sono permanenti e sacri alla trama della cronaca. Questo contatto fra la storia umana e l'eterno avviene nel deserto dove c'è una voce che annuncia che c'è uno sconosciuto. L'eterno entra attraverso questo sconosciuto non già per dirci parole da sistemare nella nostra cultura, ma per proporci un nuovo modo di essere. Le immagini ritornano allora a noi non come gratificazione della fantasia ma come espressione simbolica del nostro impegno di vita: ci sarà la scarcerazione dei prigionieri, ci sarà la letizia dei poveri, ci sarà l'anno di misericordia del Signore, la liberazione di tutti. È l'annuncio della liberazione. Prendere questo annuncio con gioia non è facile. Noi sappiamo, ne abbiamo avuto anche testimonianze dirette, che nella vastità del mondo ci sono poveri che prendono con gioia questa notizia. Per loro non è logora. Noi li accusiamo di prenderla in modo politico. Essi vogliono sul serio che i carcerati siano liberi e che i ricchi siano a mani vuote come abbiamo recitato poco fa: «Ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi». La nostra paura è che la gente prenda sul serio queste parole. Ebbene, i poveri le prendono sul serio. Volere un mondo così significa essere in un Natale che diventa dimensione dell'esistenza e significa liberarci dal Gesù conosciuto per arrivare al Gesù sconosciuto. Lo voglio dire senza vilipendio per nessuno, ma se questo Gesù entra nel Vaticano fa cadere tutto. Gesù conosciuto ci sta bene, ma quello sconosciuto non ci sta, è dove meno ve lo aspettate. È questa la posizione che la nostra coscienza deve prendere, senza far saltare nulla perché non è distruggendo che facciamo emergere lo sconosciuto, ma orientando la nostra conoscenza privata e la nostra vita comune verso questi adempimenti che sono le possibilità quotidiane della nostra vita. Prepariamoci a questo Natale senza dar troppa importanza alle abitudini codificate dall'uso e soprattutto utilizzate dal mercato. Non prendiamole troppo sul serio anche se non dobbiamo cinicamente disprezzarle. Esse hanno un loro valore sociale. È molto meglio vivere scambiandoci auguri che scambiandoci pugni. E molto meglio che ci sia una pausa nella macchina di guerra che non una continuità. Anche nelle belle tradizioni delle guerre cristiane per Natale le armi tacevano, si riprendeva il giorno dopo. E pur sempre un segno che vorremmo un mondo diverso. Non è però a questo livello che dobbiamo consumare l'occasione che ci viene offerta, è nella discesa nel deserto che è in noi. Tutte le ragioni delle nostre tristezze hanno domicilio in noi. E bene accettarle. Non dimentichiamoci delle sofferenze, dei cuori spezzati, dei carcerati, degli affamati che sono la gran parte dell'umanità e sentiamo anche il peso di essere abusivi in questo mondo perché la nostra letizia si basa sulla sopraffazione compiuta sugli altri. Stiamo in questa verità delle cose ma apriamoci alla possibilità che ci viene offerta. Riprendiamo coraggio e diamoci da fare, nel piccolo e nel grande, piaccia o non piaccia agli altri. Abbiamo questa passione perché davvero cadano le prigioni, i muri di separazione, le sperequazioni sociali. Tutto questo dobbiamo volere altrimenti Gesù rimane uno sconosciuto. Facciamo le novene, abbiamo i santini nei libri, baciamo il crocifisso, ma Gesù non c'è perché l'incontro con Lui avviene non attraverso i modi sanciti dalle abitudini, ma attraverso questa folgorazione della coscienza per cui la sua parola è presa sul serio e sentiamo che essa risponde a ciò che c'è in noi di più serio: la volontà di essere autentici, veri, giusti, coerenti con l'amore di cui ogni giorno pronunciamo la retorica. Questo incontro è il nostro Natale e capite che esso non ha una collocazione nel calendario, è una possibilità permanente della nostra vita.
Ernesto Balducci – da: “Gli ultimi tempi”
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