Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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domenica 10 dicembre 2017
Abitare la contraddizione! (commento di p.Balducci alla 2^ DOMENICA D’AVVENTO - Anno B)
10 dicembre 2017 – 2^ DOMENICA DI
AVVENTO – Anno B
Quella della giustizia è una passione
terribile e necessaria, però è funesta perché sparge sangue. Per
aver la giustizia non si può accettare la pace e se poi vogliamo la
pace dobbiamo disarmare le mani, tollerare l'ingiustizia.
PRIMA LETTURA: Is 40, 1-5.9-11- SALMO::
84- SECONDA LETTURA: 2 Pt 3, 8-14- VANGELO: Mc 1, 1-8
Nel rileggere queste pagine della
Scrittura, su cui ogni anno ci avviene di meditare, sono rimasto
particolarmente colpito dalla presenza, in ognuna di esse, di
immagini contraddittorie tra di loro. Nella prima lettura Isaia ci
parla del Signore Dio che viene con potenza. Egli detiene il dominio,
i suoi trofei lo precedono. È un Dio potente, un Dio di guerra con i
suoi trofei. Subito dopo come un pastore Egli fa pascolare il gregge,
porta gli agnellini sul petto. Ecco una immagine di un Dio amoroso,
tenero, senza segni di potenza.
Questa immagine contraddittoria, come
abbiamo tante volte detto, appartiene alla nostra maniera di
rappresentarci Dio: ora onnipotente e irremovibile, con un inferno
accanto a sé per tutti i cattivi, ora tenero, pronto a perdonare
tutti come il padre col figliol prodigo. Così Pietro nella sua
profezia ci parla, secondo un linguaggio apocalittico, di una terra
che dovrà essere distrutta: «La terra con quanto c'è in essa sarà
distrutta». Ma subito dopo ci dice che noi aspettiamo «cieli e
terra nuova» dove dimora la giustizia.
Questa contraddizione trova
una sua rappresentazione umana nel brano con cui ha inizio il Vangelo
di Marco nel quale campeggia Giovanni Battista vestito di peli di
cammello con una cintura di pelle attorno ai fianchi. Un asceta che
si ciba soltanto di locuste e di miele selvatico. Ma egli diceva che
«sta per venire uno che non battezzerà in acqua ma in Spirito
Santo» e del quale egli non è degno di sciogliere i calzari. Colui
che sta per venire, il Messia non rassomiglia al Dio onnipotente, con
il braccio segno di potenza e con i trofei dinanzi a sé, è un re
che entrerà nella città cavalcando un asinello, con mitezza e
respingerà ogni ricorso alla forza. È proprio la manifestazione di
quel volto nascosto di Dio che ogni tanto ci avviene di scoprire con
commozione interna: il Dio che è solo amore e non conosce la
vittoria attraverso il potere...
Questo regno che nasce è un regno in
cui davvero la giustizia e la pace si baciano. In questo regno si
entra per battesimo di Spirito Santo. Ho voluto ricostruire
schematicamente queste contraddizioni perché esse gettano una luce
in una nostra esperienza umana dalla quale non possiamo uscire ed è
una esperienza di una dura contraddizione: la contraddizione, per
usare una formula classica, tra la pace e la giustizia che per
realizzarsi ha bisogno della forza. L'amore per la giustizia arma la
mano, costruisce i carceri per i criminali. Quella della giustizia è
una passione terribile e necessaria, però è funesta perché sparge
sangue. Per aver la giustizia non si può accettare la pace e se poi
vogliamo la pace dobbiamo disarmare le mani, tollerare l'ingiustizia.
Per amore della pace si fanno tante cose, si sopportano le
ingiustizie.
Questi due frammenti della verità totale - la giustizia
e la pace - non stanno mai insieme. Anche nelle provocazioni morali
che riceviamo dalla nostra responsabilità pubblica siamo sempre di
fronte a questo conflitto...
Ho tracciato queste contraddizioni
senza nessuna presunzione di dire qual è la via giusta, anzi per
ribadire il concetto che non c'è una via giusta se non ci adattiamo
a collocare queste due mezze verità – le chiamerò così – non
in un rapporto di statica contraddizione ma in un rapporto di
successione. Dobbiamo muoverci verso una terra nuova ed un nuovo
cielo e muoverci vuol dire mettere in atto tutte le possibilità per
far partorire la terra: la verità nascerà dalla terra e la
giustizia si affaccerà dal cielo.
Dobbiamo sentirci coinvolti in un
processo genetico in cui la verità ci attrae – quella del Dio
tenero come un pastore con gli agnelli, quello di Gesù che perdona
il peccatore, che mangia insieme ai peccatori che non affida mai la
redenzione dell'uomo alla durezza – sia una prospettiva verso cui
siamo incamminati.
È una tribolazione quella di dover accettare la
durezza per salvare la pace, di essere non pacifici per amore della
pace. È una contraddizione che dobbiamo soffrire, sia nell'ambito di
una famiglia, in cui la pace esige spesso durezza, e poi nell'ordine
internazionale. E una dura scelta e tuttavia dobbiamo sentire che
questa scelta se ha senso lo ha perché deve sbocciare, finalmente,
nel trionfo della pace, in questa conciliazione fra giustizia e pace
che è l'orizzonte che dà dignità ai nostri sforzi e perfino ai
nostri contrasti fra di noi.
Queste scelte, infatti, sicuramente ci
dividono e non dobbiamo demonizzare l'altra parte, chiamare quelli
che vogliono la pace a tutti i costi come degli irresponsabili o
dall'altra parte chiamare quelli che vogliono la fermezza come dei
guerrafondai. Dobbiamo sentire la contraddizione dentro il cuore,
dentro di noi.
Ernesto Balducci - "dalle omelie
inedite".
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