Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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sabato 9 dicembre 2017
Gerusalemme: «Ogni cambiamento improvviso provocherebbe danni irreparabili» (lettera dei patriarchi e vescovi cristiani)
I patriarchi e vescovi cristiani in Gerusalemme scrivono a Trump: «Signor Presidente, abbiamo
seguito, con preoccupazione, i reports sulla possibilità che gli
Stati Uniti cambino il loro modo di comprendere e occuparsi dello
status di Gerusalemme. Siamo certi che tali passi produrranno un
aumento di odio, conflitto, violenza e sofferenza a Gerusalemme e in
Terra Santa, spostandoci più lontano dall’obiettivo dell’unità
e più profondamente verso una divisione distruttiva». «Ogni cambiamento improvviso provocherebbe danni irreparabili», avvertono i rappresentanti religiosi nell’accorata missiva che fa seguito all’appello di Papa Francesco dicendosi fiduciosi nel fatto che, come allora, anche Trump «prenderà in considerazione il nostro punto di vista»
«La nostra terra è chiamata ad essere
una terra di pace. Gerusalemme, la città di Dio, è una città di
pace per noi e per il mondo», si legge nel testo. Al contempo, però,
Gerusalemme e tutta la Terra Santa sono divenute negli anni «una
terra di conflitto». Perciò «coloro che amano Gerusalemme sono
chiamati ogni giorno a lavorare e renderla una terra e una città di
pace, vita e dignità per tutti i suoi abitanti». «Le preghiere dei
credenti» che la abitano - le tre religioni e i due popoli che
appartengono alla città - «si elevano a Dio e invocano la pace»,
chiedendo anche di «ispirare i nostri leader, affinché le loro
menti e i loro cuori siano colmati da giustizia e pace».
A Donald Trump i rappresentanti delle
Chiese di Gerusalemme rivolgono dunque una richiesta ben precisa: «Di
aiutarci tutti a camminare verso una pace definitiva, che non può
essere raggiunta senza che Gerusalemme continui ad essere “per
tutti”». Il consiglio, anzi l’«appello solenne» è dunque «che
gli Stati Uniti continuino a riconoscere il presente stato
internazionale di Gerusalemme. Qualsiasi cambiamento improvviso
potrebbe causare danni irreparabili. Noi siamo fiduciosi che, con il
forte sostegno dei nostri amici, israeliani e palestinesi possono
lavorare e negoziare una pace sostenibile e giusta».
«La Città Santa può essere condivisa
e goduta pienamente nel momento in cui un processo politico aiuta
liberare i cuori di tutte le persone che vivono al suo interno dalle
condizioni di conflitto e distruzione che stanno vivendo».
«Il Natale è alle porte presto. È
una festa di pace. In questo prossimo Natale, ci auguriamo che
Gerusalemme non venga privata della pace».
E concludono scrivendo a Trump: «Come
leader cristiani di Gerusalemme, la invitiamo a camminare con noi
verso la speranza mentre costruiamo una pace giusta e inclusiva per
tutte le persone di questa città unica e santa».
Firmatari della lettera inviata al
presidente Usa sono: l’amministratore apostolico del Patriarcato
latino di Gerusalemme, l’arcivescovo Pierbattista Pizzaballa; il
Custode di Terra Santa, fra Francesco Patton; il patriarca
greco-ortodosso Theophilos III; il patriarca armeno ortodosso Nourhan
Manougian; l’arcivescovo Anba Antonious, del patriarcato copto
ortodosso; l’arcivescovo Swerios Malki Murad, del patriarcato
siro-ortodosso; l’arcivescovo Aba Embakob, del patriarcato etiope
ortodosso; l’arcivescovo Joseph-Jules Zerey, del patriarcato
greco-melchita cattolico; l’arcivescovo Mosa El-Hage, dell’esarcato
patriarcale maronita ; l’arcivescovo Suheil Dawani, della chiesa
episcopale di Gerusalemme e del Medio Oriente; il vescovo Munib
Younan, della chiesa evangelica luterana in Giordania e Terra Santa;
il vescovo Pierre Malki, dell’esarcato patriarcale siriano
cattolico; monsignor Georges Dankaye’, dell’esarcato patriarca
armeno cattolico.
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