Alla domanda specifica sui suoi sogni, Lamyia ha risposto che il suo sogno è “la pace dovunque, e la fine di ogni discriminazione etnica e religiosa, dovunque”.
Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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mercoledì 20 dicembre 2017
Due donne che lasciano il segno
Qualche settimana fa, nell’ambito
della Giornata internazionale contro la Violenza sulle Donne, la
cittadina di Cortona, in Provincia di Arezzo (che dunque non ospita
soltanto banche inguaiate), ha potuto incontrare due donne già
insignite delle più alte onorificenze a livello globale: Leymah
Gwobee, 45 anni, “premio Nobel per la Pace” nel 2011, e Lamyia
Bashar, 17 anni, “premio Sacharov per la Difesa della Libertà di
Pensiero” nel 2016. Due donne diverse per età, contesti culturali,
orizzonti valoriali, ma accomunate dalla determinazione che solo
scelte coerenti e non-violente possono portare a un vero sviluppo
umano.
Leymah Gwobee, liberiana, ha combattuto
tra il 1999 e il 2003, la guerra civile che ha portato alla
democrazia in questo paese. Dopo la fine della guerra civile, Leymah
ha affrontato, con il suo carattere assai forte, il problema
dell’inserimento delle donne nella vita civile e nella loro
valorizzazione umana nel mondo culturale e lavorativo, ma anche e
soprattutto per il loro continuo impegno nella ricerca di soluzioni
pacifiche per ogni problema ed in ogni settore. Per questo suo grande
impegno ha ottenuto il premio Nobel, insieme ad altre due donne,
Ellen Johnson Sirleaf, prima donna Capo di stato in Africa e ora
presidente uscente della Liberia, e Tawakkul Karman, giornalista
yemenita, con la motivazione: "per la loro battaglia non
violenta a favore della sicurezza delle donne e del loro diritto alla
piena partecipazione nell'opera di costruzione della pace”.
Nel 2002 esasperata dagli orrori della
guerra civile decise di creare un esercito di donne: cristiane e
musulmane marciarono insieme verso la capitale Monrovia e la
assediarono con un sit-in durato un mese, con iniziative che andavano
dai gruppi di preghiera allo sciopero del sesso verso i propri
mariti. La tenacia, la forza e il coraggio non sono mai venute meno
in questa donna ed hanno spinto Leymah a proseguire la sua battaglia
per i diritti delle donne e del suo popolo con iniziative pacifiste e
femministe: per questo è stata definita “La signora che sconfisse
la guerra”.
...
Lamyia Bashar è una ragazza “yazida”. Viveva
con la sua famiglia in un paese del Irak del nord, quando le milizie
dell’ISIS (Daesh) hanno messo a ferro e fuoco il villaggio,
uccidendo uomini e donne anziane e portando via le ragazze
utilizzabili per lo sfruttamento sessuale di soldati e buoni
acquirenti. Lamyia aveva 15 anni. Questa ragazza è stata tenuta in
schiavitù per alcuni mesi, passando di mano in mano attraverso la
“proprietà” di cinque trafficanti e sfruttatori. Non vogliamo
pensare alla sua esperienza ed ai sentimenti che possa aver provato
Lamyia: guardandola negli occhi neri, profondi ed espressivi, si
intuisce l’orrore di quanto subito, ma si intuisce anche la pace
interiore che ora ha dentro.
Quando è riuscita a scappare dal suo
ultimo “padrone”, nella fuga è saltata su una mina anti-uomo
(fornita da chi?) ed è rimasta sfigurata nel volto e quasi cieca.
Dopo diverso tempo trascorso in campi profughi, che sappiamo bene non
essere proprio campeggi di lusso, per sua fortuna è riuscita a
raggiungere la Germania, dove è stata curata e le è stato ridato un
volto bello e dolce, che nasconde sia le sofferenze, sia le brutalità
umane che ha attraversato nella sua giovanissima e brevissima
esperienza. L’Europa ha insignito lei e una sua amica un pochino
maggiore di lei del premio Sacharov 2016 “per il loro impegno in
favore della comunità yazida”.
Alla domanda specifica sui suoi sogni,
Lamyia ha risposto che il suo sogno è “la pace dovunque, e la fine
di ogni discriminazione etnica e religiosa, dovunque”.
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