Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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lunedì 18 dicembre 2017
AVVENTO CON...Etty Hillesum
“Si deve anche avere la forza di soffrire da soli e di non pesare sugli altro con le proprie paure e con i propri fardelli. Lo dobbiamo ancora imparare e ci si dovrebbe reciprocamente educare a ciò, se possibile con la dolcezza e altrimenti con la severità.
Dobbiamo pregare di tutto cuore che succeda qualcosa di buono, finché conserviamo la disposizione verso questo qualcosa di buono. Infatti, se il nostro odio ci fa degenerare in bestie come lo sono loro, non servirà a nulla.
L'unica cosa che possiamo salvare in questi tempi e anche l'unica che veramente conti è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio. E forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini. Sì mio Dio sembra che tu non possa far molto per modificare le circostanze attuali. Io non chiamo in causa la tua responsabilità, più tardi sarai tu a dichiarare responsabili noi. E quasi ad ogni battito del mio cuore cresce la mia certezza: tu non puoi aiutarci, ma tocca a noi aiutare te, difendere fino all'ultimo la tua casa in noi.
Esistono persone che all'ultimo momento si preoccupano di mettere in salvo aspirapolveri, forchette e cucchiai d'argento, invece di salvare te, mio Dio. E altre persone che sono ridotte a ricettacoli di innumerevoli paure e amarezze, vogliono a tutti i costi salvare il proprio corpo. Dicono: me non mi prenderanno. Dimenticano che non si può essere nelle grinfie di nessun se si è nelle tue braccia.
Mio Dio è un periodo troppo duro per persone fragili come me. So che seguirà un periodo diverso, un periodo di umanesimo. Vorrei tanto poter trasmettere ai tempi futuri tutta l'umanità che conservo in me stessa, malgrado le mie esperienze quotidiane. L'unico modo che abbiamo di preparare questi tempi nuovi e di prepararli fin d'ora in noi stessi. Vorrei tanto vivere per aiutare a preparare questi tempi nuovi: verranno di certo, non sento forse che stanno crescendo in me, ogni giorno?
La miseria che c'è qui è veramente terribile, eppure alla sera tardi quando il giorno si è inabissato dentro di noi, mi capita spesso di camminare di buon passo lungo il filo spinato e allora dal mio cuore s'innalza sempre una voce: non ci posso far niente, è così, è di una forza elementare e questa voce dice: la vita è una cosa splendida e grande, più tardi dovremo costruire in mondo completamente nuovo.
A ogni nuovo crimine o orrore dovremo opporre un nuovo pezzettino di amore e di bontà che avremo conquistato in noi stessi. Possiamo soffrire ma non dobbiamo soccombere. E se sopravviveremo intatti a questo tempo, corpo e anima ma soprattutto anima, senza amarezza, senza odio, allora avremo anche il diritto di dire la nostra parola a guerra finita.”
Nata nel 1914 in Olanda da una famiglia
della borghesia intellettuale ebraica, Etty Hillesum muore ad
Auschwitz nel novembre del 1943.
Ragazza brillante, intensa, con la
passione della letteratura e della filosofia, si laurea in
giurisprudenza e si iscrive quindi alla facoltà di lingue slave;
quando intraprende lo studio della psicologia, divampa la seconda
guerra mondiale e con essa la persecuzione del popolo ebraico.
Durante gli ultimi due anni della sua
vita, scrive un diario personale: undici quaderni fittamente
ricoperti da una scrittura minuta e quasi indecifrabile, che
abbracciano tutto il 1941 e il 1942, anni di guerra e di oppressione
per l’Olanda, ma per Etty un periodo di crescita e,
paradossalmente, di liberazione individuale.
Sotto l’aspetto vivace e spontaneo,
Etty è profondamente infelice: in preda a sfibranti malesseri
fisici, scopre a poco a poco che questi sono in relazione con
tensioni di ordine spirituale.
Forse anche a seguito di carenze
educative e vuoti affettivi dovuti al burrascoso matrimonio dei suoi
genitori, in quel periodo Etty vive relazioni sentimentali
complicate, che la lasciano “lacerata interiormente e mortalmente
infelice”.
Dopo tanti errori, finalmente
l’incontro decisivo con uno psicologo ebreo tedesco, Spier, molti
anni più anziano di lei, che si rivela ben più di un terapeuta:
attraverso le contraddizioni di una relazione complessa, inizialmente
anche ambigua, egli la guida in un percorso di realizzazione umana e
spirituale. L’aiuta a conoscere e ad amare la Bibbia, le insegna a
pregare, le fa conoscere S. Agostino ed altri autori fondamentali
della tradizione cristiana: sarà per Etty un mediatore fra lei e
Dio.
Seguendo quindi un proprio itinerario,
Etty matura una sensibilità religiosa che da’ ai suoi scritti una
grande dimensione spirituale.
La parola “Dio” compare anche nelle
prime pagine del diario, usata però quasi inconsapevolmente, come
spesso accade nel linguaggio quotidiano. A poco a poco però Etty va
verso un dialogo molto più intenso con il divino, che percepisce
intimo a se stessa: “Quella parte di me, la più profonda e la più
ricca in cui riposo, è ciò che io chiamo Dio”.
Ormai libera dagli errori del passato,
si avvia sulla strada del dono di sé a Dio ed ai fratelli, nel suo
caso il popolo ebraico, la cui sorte sceglie di condividere
pienamente.
Nel 1942, lavorando come dattilografa
presso una sezione del Consiglio Ebraico, avrebbe la possibilità di
aver salva la vita, invece sceglie di non sottrarsi al destino del
suo popolo e nella prima grande retata ad Amsterdam si avvia al campo
di sterminio con gli altri ebrei prigionieri: è infatti convinta che
l’unico modo per render giustizia alla vita sia quello di non
abbandonare delle persone in pericolo e di usare la propria forza
interiore per portare luce nella vita altrui.
I sopravvissuti del campo hanno
confermato che Etty fu fino all’ultimo una persona “luminosa”.
Al momento della sua partenza
definitiva per il campo di sterminio Etty, che presagisce la fine,
chiede ad un’amica olandese di nascondere i suoi quaderni e di
farli avere ad uno scrittore di sua conoscenza, a guerra finita.
I manoscritti, così difficili da
decifrare a causa della grafia, passano così per anni da un editore
all’altro, senza che nessuno ne intuisca l’importanza, fino a che
nel 1981 giungono nelle mani dell’editore De Haan che,
pubblicandoli, finalmente riporta alla luce la storia di Etty
Hillesum, permettendo così ai lettori di tutto il mondo di conoscere
la ricchezza di un’esperienza interiore che, anche di fronte alla
sofferenza estrema, sa lodare la vita e viverla con pienezza di
senso.
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