Marcello Cimino, bruciato vivo a Palermo: parla il vescovo Lorefice
«Se un uomo è capace di fare un gesto
di questo genere vuol dire che il cuore realmente sta diventando di
pietra, un cuore che si indurisce, che perde se stesso, che perde la
propria identità». È il commento, indignato e carico di amarezza,
espresso dall’arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice,
in una intervista a Radio Vaticana.
Marcello Cimino, quarantacinquenne,
solito frequentare il centro di assistenza ai poveri gestito dai
volontari francescani, vivente per strada. Durante la notte, tra
venerdì e sabato di questa settimana, il corpo di Marcello Cimino,
in pieno sonno, è stato dato alle fiamme, senza nessuna pietà. «È
un gesto – prosegue mons. Lorefice – che si consuma anche nei
confronti di gente che comunque porta dentro un disagio, il segno di
una povertà non solo materiale. I poveri ad alcuni possono dare
problemi, anche fastidio, ma non è assolutamente ipotizzabile un
atto scellerato del genere».
«Ci sono clochard – conclude
Lorefice su Radio Vaticana – che sono “nostri”, nel senso che
sono del luogo e altri che vengono da fuori, sono stranieri. A
Palermo abbiamo tante realtà... La situazione è quella di una città
che sempre di più, quando succedono queste cose, dovrebbe non
riuscire a trovare una giustificazione. Se non si riesce a rispettare
neanche la libertà personale di chi sceglie di stare in mezzo alla
strada, non possiamo assolutamente pensare di essere arrivati, anzi,
dobbiamo fare di tutto, lavorare su una cultura della non violenza. A
vedere anche le immagini il cuore si strappa: è impensabile che un
uomo sia capace di fare un gesto così efferato. Noi tutti siamo
sempre di più interpellati a ripensare alla nostra vita in altri
termini, a ripensarla dai più fragili. Questa è una cosa che sento
come vescovo: una città degli uomini non può che ripensarsi a
partire dai più fragili».
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