Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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martedì 7 novembre 2017

Il continente asiatico e Papa Francesco


Prima in Corea del Sud, Sri Lanka e Filippine. Fra tre mesi in Myanmar e Bangladesh. Il prossimo anno in India. L'Asia è territorio tenuto sempre più in considerazione dal Papa e dalla sua diplomazia. L'annuncio dato ieri di un viaggio (dal 27 novembre al 2 dicembre) nella ex Birmania e nel Paese bengalese, in attesa dell'India, dice di un'attenzione speciale di Francesco per il continente asiatico e per i processi di pace ai quali collaborare senza mire di proselitismo o di espansionismo. Il tutto svolto con un rapporto diretto coi vertici di Pechino che in Myanmar sostengono gli sforzi di pace. Il confine fra i Paesi è lungo 2.200 chilometri, la stabilità nell'ex Birmania è indispensabile per valorizzare i commerci evitando ondate migratorie nello Yunnan.




La visita in Myanmar è la prima di un pontefice nel Paese, mentre per Dacca si tratta della terza visita di un Papa, dopo quella di Paolo VI nel '70 (allora la città apparteneva al Pakistan) e di Giovanni Paolo II nell'86. Francesco incontrerà la leader Aung San Suu Kyi, con un'attenzione particolare al dramma dei Rohingya, minoranza musulmana perseguitata per la quale, due giorni fa all'Angelus, Bergoglio ha lanciato un appello affinché si ponga fine alle crudeltà. Dopo la recente visita del cardinale Pietro Parolin a Mosca, il primo alto rappresentante della Chiesa cattolica ad arrivarvi dopo la guerra di Crimea, il viaggio di novembre di Francesco conferma la volontà della Chiesa di essere parte, tramite la convivenza fra le differenti religioni, a percorsi di pace nei quali non rivendicare egemonie sul piano religioso. La comunità cattolica nell'ex Birmania è piccola, i buddisti rappresentano la religione di maggioranza, ma «senza le minoranze, composte da cattolici, musulmani e indù non è possibile fare una riconciliazione », ha detto ieri il segretario della nunziatura apostolica in Myanmar, don Dario Pavisa.



Dopo gli anni di Tarcisio Bertone segretario di Stato, i cui sottoposti avviarono una linea intransigente verso Pechino, con il cardinale Parolin molto è cambiato. La parola d'ordine verso la Cina del numero due vaticano è collaborazione, anzitutto sul piano culturale in attesa che il resto si sblocchi, magari permettendo a Francesco un viaggio molto desiderato. Ad aiutare Parolin lavorano molto sia l'arcivescovo di Manila, Luis Antonio Tagle, sia monsignor Giuseppe Pinto, nunzio apostolico nelle Filippine. «Anche domani», rispose Bergoglio a una domanda sul suo desiderio di recarsi in Cina, e Pechino non ha mai risposto in modo negativo. Nel 2016 un'intervista rilasciata ad Asia Times – la Cina è portatrice di una «saggezza » che non deve fare paura al mondo, disse Francesco – trovò l'apprezzamento dell'establishment comunista. A dimostrazione che l'obiettivo di riportare la Chiesa cinese in comunione con Roma e aiutare i processi di pace nel continente asiatico non è troppo lontano.






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