Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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sabato 25 novembre 2017
Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace (messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale della PACE)
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA CELEBRAZIONE DELLA
LI GIORNATA MONDIALE DELLA PACE
1° GENNAIO 2018
Migranti e rifugiati: uomini e donne in
cerca di pace
1. Augurio di pace
Pace a tutte le persone e a tutte le
nazioni della terra! La pace, che gli angeli annunciano ai pastori
nella notte di Natale,[1] è un’aspirazione profonda di tutte le
persone e di tutti i popoli, soprattutto di quanti più duramente ne
patiscono la mancanza. Tra questi, che porto nei miei pensieri e
nella mia preghiera, voglio ancora una volta ricordare gli oltre 250
milioni di migranti nel mondo, dei quali 22 milioni e mezzo sono
rifugiati. Questi ultimi, come affermò il mio amato predecessore
Benedetto XVI, «sono uomini e donne, bambini, giovani e anziani che
cercano un luogo dove vivere in pace».[2] Per trovarlo, molti di
loro sono disposti a rischiare la vita in un viaggio che in gran
parte dei casi è lungo e pericoloso, a subire fatiche e sofferenze,
ad affrontare reticolati e muri innalzati per tenerli lontani dalla
meta.
Con spirito di misericordia,
abbracciamo tutti coloro che fuggono dalla guerra e dalla fame o che
sono costretti a lasciare le loro terre a causa di discriminazioni,
persecuzioni, povertà e degrado ambientale.
Siamo consapevoli che aprire i nostri
cuori alla sofferenza altrui non basta. Ci sarà molto da fare prima
che i nostri fratelli e le nostre sorelle possano tornare a vivere in
pace in una casa sicura. Accogliere l’altro richiede un impegno
concreto, una catena di aiuti e di benevolenza, un’attenzione
vigilante e comprensiva, la gestione responsabile di nuove situazioni
complesse che, a volte, si aggiungono ad altri e numerosi problemi
già esistenti, nonché delle risorse che sono sempre limitate.
Praticando la virtù della prudenza, i governanti sapranno
accogliere, promuovere, proteggere e integrare, stabilendo misure
pratiche, «nei limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso,
[per] permettere quell’inserimento».[3] Essi hanno una precisa
responsabilità verso le proprie comunità, delle quali devono
assicurarne i giusti diritti e lo sviluppo armonico, per non essere
come il costruttore stolto che fece male i calcoli e non riuscì a
completare la torre che aveva cominciato a edificare.[4]
2. Perché così tanti rifugiati e
migranti?
In vista del Grande Giubileo per i 2000
anni dall’annuncio di pace degli angeli a Betlemme, San Giovanni
Paolo II annoverò il crescente numero di profughi tra le conseguenze
di «una interminabile e orrenda sequela di guerre, di conflitti, di
genocidi, di “pulizie etniche”»,[5] che avevano segnato il XX
secolo. Quello nuovo non ha finora registrato una vera svolta: i
conflitti armati e le altre forme di violenza organizzata continuano
a provocare spostamenti di popolazione all’interno dei confini
nazionali e oltre.
Ma le persone migrano anche per altre
ragioni, prima fra tutte il «desiderio di una vita migliore, unito
molte volte alla ricerca di lasciarsi alle spalle la “disperazione”
di un futuro impossibile da costruire».[6] Si parte per
ricongiungersi alla propria famiglia, per trovare opportunità di
lavoro o di istruzione: chi non può godere di questi diritti, non
vive in pace. Inoltre, come ho sottolineato nell’Enciclica Laudato
si’, «è tragico l’aumento dei migranti che fuggono la miseria
aggravata dal degrado ambientale».[7]
La maggioranza migra seguendo un
percorso regolare, mentre alcuni prendono altre strade, soprattutto a
causa della disperazione, quando la patria non offre loro sicurezza
né opportunità, e ogni via legale pare impraticabile, bloccata o
troppo lenta.
In molti Paesi di destinazione si è
largamente diffusa una retorica che enfatizza i rischi per la
sicurezza nazionale o l’onere dell’accoglienza dei nuovi
arrivati, disprezzando così la dignità umana che si deve
riconoscere a tutti, in quanto figli e figlie di Dio. Quanti
fomentano la paura nei confronti dei migranti, magari a fini
politici, anziché costruire la pace, seminano violenza,
discriminazione razziale e xenofobia, che sono fonte di grande
preoccupazione per tutti coloro che hanno a cuore la tutela di ogni
essere umano.[8]
Tutti gli elementi di cui dispone la
comunità internazionale indicano che le migrazioni globali
continueranno a segnare il nostro futuro. Alcuni le considerano una
minaccia. Io, invece, vi invito a guardarle con uno sguardo carico di
fiducia, come opportunità per costruire un futuro di pace.
3. Con sguardo contemplativo
La sapienza della fede nutre questo
sguardo, capace di accorgersi che tutti facciamo «parte di una sola
famiglia, migranti e popolazioni locali che li accolgono, e tutti
hanno lo stesso diritto ad usufruire dei beni della terra, la cui
destinazione è universale, come insegna la dottrina sociale della
Chiesa. Qui trovano fondamento la solidarietà e la condivisione».[9]
Queste parole ci ripropongono l’immagine della nuova Gerusalemme.
Il libro del profeta Isaia (cap. 60) e poi quello dell’Apocalisse
(cap. 21) la descrivono come una città con le porte sempre aperte,
per lasciare entrare genti di ogni nazione, che la ammirano e la
colmano di ricchezze. La pace è il sovrano che la guida e la
giustizia il principio che governa la convivenza al suo interno.
Abbiamo bisogno di rivolgere anche
sulla città in cui viviamo questo sguardo contemplativo, «ossia uno
sguardo di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle
sue strade, nelle sue piazze [...] promuovendo la solidarietà, la
fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giustizia»,[10] in
altre parole realizzando la promessa della pace.
Osservando i migranti e i rifugiati,
questo sguardo saprà scoprire che essi non arrivano a mani vuote:
portano un carico di coraggio, capacità, energie e aspirazioni,
oltre ai tesori delle loro culture native, e in questo modo
arricchiscono la vita delle nazioni che li accolgono. Saprà scorgere
anche la creatività, la tenacia e lo spirito di sacrificio di
innumerevoli persone, famiglie e comunità che in tutte le parti del
mondo aprono la porta e il cuore a migranti e rifugiati, anche dove
le risorse non sono abbondanti.
Questo sguardo contemplativo, infine,
saprà guidare il discernimento dei responsabili della cosa pubblica,
così da spingere le politiche di accoglienza fino al massimo dei
«limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso»,[11]
considerando cioè le esigenze di tutti i membri dell’unica
famiglia umana e il bene di ciascuno di essi.
Chi è animato da questo sguardo sarà
in grado di riconoscere i germogli di pace che già stanno spuntando
e si prenderà cura della loro crescita. Trasformerà così in
cantieri di pace le nostre città, spesso divise e polarizzate da
conflitti che riguardano proprio la presenza di migranti e rifugiati.
4. Quattro pietre miliari per l’azione
Offrire a richiedenti asilo, rifugiati,
migranti e vittime di tratta una possibilità di trovare quella pace
che stanno cercando, richiede una strategia che combini quattro
azioni: accogliere, proteggere, promuovere e integrare.[12]
“Accogliere” richiama l’esigenza
di ampliare le possibilità di ingresso legale, di non respingere
profughi e migranti verso luoghi dove li aspettano persecuzioni e
violenze, e di bilanciare la preoccupazione per la sicurezza
nazionale con la tutela dei diritti umani fondamentali. La Scrittura
ci ricorda: «Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola,
hanno accolto degli angeli senza saperlo».[13]
“Proteggere” ricorda il dovere di
riconoscere e tutelare l’inviolabile dignità di coloro che fuggono
da un pericolo reale in cerca di asilo e sicurezza, di impedire il
loro sfruttamento. Penso in particolare alle donne e ai bambini che
si trovano in situazioni in cui sono più esposti ai rischi e agli
abusi che arrivano fino a renderli schiavi. Dio non discrimina: «Il
Signore protegge lo straniero, egli sostiene l’orfano e la
vedova».[14]
“Promuovere” rimanda al sostegno
allo sviluppo umano integrale di migranti e rifugiati. Tra i molti
strumenti che possono aiutare in questo compito, desidero
sottolineare l’importanza di assicurare ai bambini e ai giovani
l’accesso a tutti i livelli di istruzione: in questo modo essi non
solo potranno coltivare e mettere a frutto le proprie capacità, ma
saranno anche maggiormente in grado di andare incontro agli altri,
coltivando uno spirito di dialogo anziché di chiusura o di scontro.
La Bibbia insegna che Dio «ama lo straniero e gli dà pane e
vestito»; perciò esorta: «Amate dunque lo straniero, poiché anche
voi foste stranieri nel paese d’Egitto».[15]
“Integrare”, infine, significa
permettere a rifugiati e migranti di partecipare pienamente alla vita
della società che li accoglie, in una dinamica di arricchimento
reciproco e di feconda collaborazione nella promozione dello sviluppo
umano integrale delle comunità locali. Come scrive San Paolo: «Così
dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini
dei santi e familiari di Dio».[16]
5. Una proposta per due Patti
internazionali
Auspico di cuore che sia questo spirito
ad animare il processo che lungo il 2018 condurrà alla definizione e
all’approvazione da parte delle Nazioni Unite di due patti globali,
uno per migrazioni sicure, ordinate e regolari, l’altro riguardo ai
rifugiati. In quanto accordi condivisi a livello globale, questi
patti rappresenteranno un quadro di riferimento per proposte
politiche e misure pratiche. Per questo è importante che siano
ispirati da compassione, lungimiranza e coraggio, in modo da cogliere
ogni occasione per far avanzare la costruzione della pace: solo così
il necessario realismo della politica internazionale non diventerà
una resa al cinismo e alla globalizzazione dell’indifferenza.
Il dialogo e il coordinamento, in
effetti, costituiscono una necessità e un dovere proprio della
comunità internazionale. Al di fuori dei confini nazionali, è
possibile anche che Paesi meno ricchi possano accogliere un numero
maggiore di rifugiati, o accoglierli meglio, se la cooperazione
internazionale assicura loro la disponibilità dei fondi necessari.
La Sezione Migranti e Rifugiati del
Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale ha suggerito
20 punti di azione[17] quali piste concrete per l’attuazione di
questi quattro verbi nelle politiche pubbliche, oltre che
nell’atteggiamento e nell’azione delle comunità cristiane.
Questi ed altri contributi intendono esprimere l’interesse della
Chiesa cattolica al processo che porterà all’adozione dei suddetti
patti globali delle Nazioni Unite. Tale interesse conferma una più
generale sollecitudine pastorale nata con la Chiesa e continuata in
molteplici sue opere fino ai nostri giorni.
6. Per la nostra casa comune
Ci ispirano le parole di San Giovanni
Paolo II: «Se il “sogno” di un mondo in pace è condiviso da
tanti, se si valorizza l’apporto dei migranti e dei rifugiati,
l’umanità può divenire sempre più famiglia di tutti e la nostra
terra una reale “casa comune”».[18] Molti nella storia hanno
creduto in questo “sogno” e quanto hanno compiuto testimonia che
non si tratta di una utopia irrealizzabile.
Tra costoro va annoverata Santa
Francesca Saverio Cabrini, di cui ricorre nel 2017 il centenario
della nascita al cielo. Oggi, 13 novembre, molte comunità ecclesiali
celebrano la sua memoria. Questa piccola grande donna, che consacrò
la propria vita al servizio dei migranti, diventandone poi la celeste
patrona, ci ha insegnato come possiamo accogliere, proteggere,
promuovere e integrare questi nostri fratelli e sorelle. Per la sua
intercessione il Signore conceda a noi tutti di sperimentare che «un
frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno
opera di pace».[19]
Dal Vaticano, 13 novembre 2017
Memoria di Santa Francesca Saverio
Cabrini, Patrona dei migranti
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