Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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domenica 26 novembre 2017
La fede è chiacchiera se non passa per la premura individuale (commento di p.Balducci alla festa di Cristo RE)
26 Novembre 2017 – CRISTO RE
DELL’UNIVERSO - Anno A
E cosa dice Gesù? Ecco lo
straordinario. Tu hai dato un bicchier d'acqua ad uno che aveva sete?
Sei entrato in questo grande processo di crescita, hai fatto un passo
e sei entrato nel regno dell'amore che vince la morte. Per entrarci
non ci vogliono grandi cose, ci vuole l'amore
PRIMA LETTURA: Ez 34,11-12.15-17-
SALMO 22- SECONDA LETTURA: 1 Cor 15,20-26a.28- VANGELO: Mt 25,31-46
La fede consiste nel collegare, senza
far filosofie, la condizione nostra di partenza e quella ultima,
abbracciando tutto dentro un finalismo di luce: la creazione sarà
consegnata al Padre e Dio sarà tutto in tutti. Non è una condizione
riservata all'ultima generazione, quella a cui pensavano i
rivoluzionari che accettavano dittature ed estenuanti lavori in
attesa che venisse tra qualche secolo il regno della giustizia.
Nasceva il problema: perché io devo soffrire oggi per ciò che gli
uomini godranno fra tanti anni? Qui siamo tutti chiamati in causa
perché in questa vittoria sulla morte diciamo – è un linguaggio –
: tutti i morti risorgeranno e noi saremo, nominativamente, al
cospetto di Dio e saremo tra di noi in un unità ineffabile e
indicibile.
Questo dinamismo è vissuto nella fede e quindi tale che
io non ve ne rendo conto. «La fede si mostra, non si dimostra». In
questa visione io raccolgo tutto ciò che avevo scartato. La morte ha
un senso. Quale? Non lo so. Affermo questo. É la sfida che io vivo.
Tutti coloro che io ricordo in questo momento, tutti coloro che sono
morti e tutti coloro che sono rimasti vittime di disastri che mi
hanno turbato, e tutte le moltitudini che ora stanno languendo, per
colpa anche mia, nella fame e nella disgregazione; tutto questo è
dentro la vittoria finale. Io devo coinvolgermi in questo, non posso
raccontarmi queste cose per stare più tranquillo; devo sentire che
il mio vero posto e qui e devo essere fin d’ora schierato contro la
morte e le sue opere.
Il dramma della fede è la sua non credibilità
storica, perché queste cose ce le siamo dette sfogliando con una
mano la Bibbia e tenendo nell'altra la pistola. Abbiamo giocato su
due tavoli. Abbiamo convalidato i privilegi di morte – perché ogni
privilegio dall'altra parte è morte per qualcuno – con la parola
di Dio in mano. Per questo la parola di Dio non è credibile. È
davvero un miracolo che ancora si creda a queste cose, perché la
storia che abbiamo alle spalle è una controindicazione spaventosa a
questo riguardo. Però è come se ricominciasse dall'inizio, è come
se si riprendesse il filo che si è spezzato. Io non devo star qui ad
agitarvi perché nel passato non sì è fatto questo o quello, so che
si deve cominciare. Ovunque individuo strategie di morte – e oggi
la nostra consapevolezza critica mi svela strategie di morte dai
mille nomi – io devo impegnarmi.
Questo è il compito. E come
faccio? Eccoci all'ultima straordinaria illuminazione. Queste verità
hanno un loro limite che è questo: le possono pensare solo alcune
persone che hanno tutte le carte in regola, che sanno leggere, hanno
il tempo per stare sole... Anche qui: siamo in pochi. Cosa ne sa di
queste cose il povero analfabeta che cerca di sbarcare la giornata e
non ce la fa? Cosa ne sanno i poveri affamati dell'Africa,
dell'America Latina? Sarebbe bello che dicessi che la fede consiste
nel saper pensare a queste cose! Sarei di nuovo un razzista.
E cosa
dice Gesù? Ecco lo straordinario. Tu hai dato un bicchier d'acqua ad
uno che aveva sete? Sei entrato in questo grande processo di
crescita, hai fatto un passo e sei entrato nel regno dell'amore che
vince la morte. Per entrarci non ci vogliono grandi cose, ci vuole
l'amore: un amore, a sua volta, non espresso in sentimenti raffinati.
Ci sono persone che non sanno nemmeno amare, che hanno forse anche un
cuore arido, non lo so. Forse per innamorarsi ci vogliono anche delle
qualità psicologiche non universali. Devo stare attento a non
introdurre di sotterfugio le distinzioni che ho eliminato prima.
Allora se uno ha premura per un carcerato, se uno ha dissetato
l'assetato e ha dato un vestito all'ignudo ecco altrettante
situazioni in cui questi discorsi troppo universali si concentrano,
come per una improvvisa cristallizzazione miracolosa, nel gesto che
si consuma in due secondi.
Il gesto fra uomo e uomo diventa la storia
del mondo. È lì che si gioca tutto. È da lì che dobbiamo passare,
il resto sono chiacchiere, chiacchiere e niente altro. Anche la fede
è chiacchiera se non passa attraverso questa cruna d'ago del
rapporto concreto che posso anche sviluppare in dimensioni politiche,
ma passando da una premura individuale. Abbiamo avuto uomini politici
che hanno lottato per la fraternità del mondo, ma non sapevano
essere fraterni nemmeno con la moglie. Hanno fatto degli ideali delle
forme di compensazione delle inadempienze quotidiane. Noi passiamo
dal quotidiano per raggiungere l'universale. É questa la singolarità
dell'evangelo. Nel dir questo certamente non obbedisco a nessun
trionfalismo, perché qui siamo tutti in difètto in quanto i nostri
rapporti con il prossimo sono rapporti che circoscriviamo
nell'orizzonte dell'esperienza immediata: il prossimo è colui che io
conosco. È vero, ma quanti mi incontrano e io passo oltre? Quanti
sulla via di Gerico ho visto caduti e son passato? Mi sento quindi
giudicato.
Le distinzioni a cui siamo attaccati, che ci hanno
rovinato la coscienza, tra cristiani e non cristiani, tra atei e
credenti passano attraverso questo vaglio: se uno dà un bicchier
d'acqua non voglio sapere se è credente o no, è già entrato nel
regno di Dio. Se uno con due Bibbie sotto il braccio passa e non si
cura di chi chiede un po' di aiuto, va alla dannazione. Io spero che
un amore di Dio crei sorprese per l'ultimo giorno anche per i
cattivi. Non ho nessuna voglia di mandare all'inferno i cattivi. Gesù
ha detto questo parlando dell'ultimo giudizio e quindi, in qualche
modo, collocando la sua parola nel punto omega della storia. Io non
voglio adesso giustificare chi non crede, dico che non è quello che
mi preme. Se io prendo sul serio la parola di Dio, con questo
Vangelo, la disputa fra atei e credenti non significa più nulla
perché la pietra di paragone non è Dio, è un uomo assetato. Diceva
un saggio del Medio Evo: «Quando incontri un povero non ti domandare
se Dio esiste perché Dio ce l'hai davanti a te», nel senso che la
provocazione del Dio di cui vi ho parlato stamani è quella che vi
raggiunge attraverso l'appello dell'altro che Gesù ama raffigurare
attraverso i gesti più semplici fra quelli che si possono
immaginare, attraverso i quali a noi è possibile, per dilatazione,
abbracciare l'intero orizzonte delle nostre responsabilità.
Ernesto Balducci: da “Gli ultimi
tempi” vol 1 – Anno A
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