Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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sabato 24 giugno 2017
Verso le settimane sociali: IL LAVORO CHE VOGLIAMO
IL LAVORO CHE VOGLIAMO
LIBERO, CREATIVO,
PARTECIPATIVO E SOLIDALE
Cagliari 26-29 Ottobre 2017
Verso le settimane sociali dei
cattolici italiani. Dobbiamo tornare a pensare che il lavoro non è
mai riconducibile solo alla dimensione strumentale
Il lavoro in Italia continua a essere
un’emergenza nazionale. Nonostante i segnali di ripresa degli
ultimi anni, sono ancora troppe le persone che si trovano in una
condizione lavorativa di fragilità. I numeri ci permettono di capire
quanto sia ancora diffusa la sofferenza sociale: il tasso di
occupazione rimane più basso di 10 punti rispetto alla media
europea; e nel periodo 2002-2016, tra i giovani con meno di 29 anni
questo indicatore è precipitato dal 42 al 29%. Da qui il record
negativo del nostro Paese, con oltre 2 milioni di giovani che non
lavorano e non studiano.
E mentre in Europa la disoccupazione
complessiva è oggi poco sotto il 6%, in Italia siamo ancora al 12%
(pur se in leggera discesa). Con livelli davvero intollerabili al Sud
dove solo un giovane su cinque è occupato. Non si tratta di essere
né pessimisti né ottimisti. Si tratta piuttosto di guardare in
faccia la realtà di questi numeri, domandosi non solo cosa possiamo
fare, ma anche perché ci ritroviamo in questa situazione. Veniamo da
anni in cui, in tutto il mondo, il lavoro ha perso centralità: la
finanza, la rendita immobiliare e fondiaria, il consumo hanno
costituito le fragili fondamenta di un sistema economico
insostenibile e che, col tempo, ha creato gravi ingiustizie. Dal
punto di vista antropologico, il lavoro si è impoverito.
Per realizzare questa svolta – che
deve coinvolgere i cuori oltre che la testa – è però necessario
tornare a pensare che il lavoro non è mai riducibile solo alla
dimensione strumentale (che pure ne è componente essenziale). In una
società avanzata, il lavoro va piuttosto inteso nella sua ampiezza
antropologica, cioè via per una piena espressione delle capacità
umane: non è forse questo modo di intendere il lavoro che si traduce
nella secolare tradizione artigianale che contraddistingue l’Italia
in tutto il mondo? Per realizzare tale conversione, la difficile
transizione che stiamo attraversando può esserci d’aiuto. Viviamo
infatti come sospesi verso il futuro che ancora ci attende.
Tratto da un articolo di Avvenireconsultabile cliccando qui
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