Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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sabato 17 giugno 2017

Corruzione: rottura del cuore di ogni relazione (Papa Francesco)

La corruzione, nella sua radice etimologica, definisce una lacerazione, una rottura, una decomposizione e disintegrazione. Sia come stato interiore sia come fatto sociale, la sua azione si può capire guardando alle relazioni che ha l’uomo nella sua natura più profonda. L’essere umano ha, infatti, una relazione con Dio, una relazione con il suo prossimo, una relazione con il creato, cioè con l’ambiente nel quale vive. Questa triplice relazione — nella quale rientra anche quella dell’uomo con se stesso — dà contesto e senso al suo agire e, in generale, alla sua vita.


Quando l’uomo rispetta le esigenze di queste relazioni è onesto, assume responsabilità con rettitudine di cuore e lavora per il bene comune. Quando invece egli subisce una caduta, cioè si corrompe, queste relazioni si lacerano. Così, la corruzione esprime la forma generale della vita disordinata dell’uomo decaduto. Allo stesso tempo, ancora come conseguenza della caduta, la corruzione rivela una condotta anti-sociale tanto forte da sciogliere la validità dei rapporti e quindi, poi, i pilastri sui quali si fonda una società: la coesistenza fra persone e la vocazione a svilupparla. La corruzione spezza tutto questo sostituendo il bene comune con un interesse particolare che contamina ogni prospettiva generale. Essa nasce da un cuore corrotto ed è la peggiore piaga sociale, perché genera gravissimi problemi e crimini che coinvolgono tutti. La parola «corrotto» ricorda il cuore rotto, il cuore infranto, macchiato da qualcosa, rovinato come un corpo che in natura entra in un processo di decomposizione e manda cattivo odore.

Cosa c’è all’origine dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo? Cosa, all’origine del degrado e del mancato sviluppo? Cosa, all’origine del traffico di persone, di armi, di droga? Cosa, all’origine dell’ingiustizia sociale e della mortificazione del merito? Cosa, all’origine dell’assenza dei servizi per le persone? Cosa, alla radice della schiavitù, della disoccupazione, dell’incuria delle città, dei beni comuni e della natura? Cosa, insomma, logora il diritto fondamentale dell’essere umano e l’integrità dell’ambiente? La corruzione, che infatti è l’arma, è il linguaggio più comune anche delle mafie e delle organizzazioni criminali nel mondo. Per questo, essa è un processo di morte che dà linfa alla cultura di morte delle mafie e delle organizzazioni criminali. C’è una profonda questione culturale che occorre affrontare. Oggi molti non riescono anche solo a immaginare il futuro; oggi per un giovane è difficile credere veramente nel suo futuro, in qualunque futuro, e così per la sua famiglia. Questo nostro cambiamento d’epoca, tempo di crisi molto vasta, ritrae la crisi più profonda che coinvolge la nostra cultura. In questo contesto va inquadrata e capita la corruzione nei suoi diversi aspetti. Ne va della presenza della speranza nel mondo, senza la quale la vita perde quel senso di ricerca e possibilità di miglioramento che la rende tale.

In questo libro il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, oggi prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, e già presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, spiega bene la ramificazione di questi significati di corruzione, e lo fa concentrandosi in particolare sull’origine interiore di questo stato che, appunto, germoglia nel cuore dell’uomo e può germogliare nel cuore di tutti gli uomini. Siamo, infatti, tutti molto esposti alla tentazione della corruzione: anche quando pensiamo di averla sconfitta, essa si può ripresentare. L’uomo va visto in ogni suo aspetto, non va scisso a seconda delle sue attività, e così la corruzione va letta — come si legge in questo libro — tutta insieme, per tutto l’uomo, sia nelle sue espressioni di reato sia in quelle politiche, economiche, culturali, spirituali. Nel 2016 si è concluso il Giubileo straordinario della misericordia. La misericordia permette di superarsi in spirito di ricerca. Cosa avviene se ci si arrocca in se stessi e se il pensiero e il cuore non esplorano un orizzonte più ampio? Ci si corrompe, e corrompendosi si assume l’atteggiamento trionfalista di chi si sente più bravo e più scaltro degli altri. La persona corrotta, però, non si rende conto che si sta costruendo, da se stessa, la propria catena. Un peccatore può chiedere perdono, un corrotto dimentica di chiederlo. Perché? Perché non ha più necessità di andare oltre, di cercare piste al di là di se stesso: è stanco ma sazio, pieno di sé. La corruzione ha, infatti, all’origine una stanchezza della trascendenza, come l’indifferenza.

Il cardinale Turkson — come si comprende da questo dialogo che via via si snoda secondo un itinerario preciso — esplora i diversi passaggi nei quali nasce e si insinua la corruzione, dalla spiritualità dell’uomo fino alle sue costruzioni sociali, culturali, politiche e anche criminali, ponendo insieme questi aspetti anche su quel che più ci interpella: l’identità e il cammino della Chiesa. La Chiesa deve ascoltare, elevarsi e chinarsi sui dolori e le speranze delle persone secondo misericordia, e deve farlo senza avere paura di purificare se stessa, ricercando assiduamente la strada per migliorarsi. Henri de Lubac scrisse che il pericolo più grande per la Chiesa è la mondanità spirituale — quindi la corruzione — che è più disastrosa della lebbra infame. La nostra corruzione è la mondanità spirituale, la tepidezza, l’ipocrisia, il trionfalismo, il far prevalere solo lo spirito del mondo sulle nostre vite, il senso di indifferenza. Ed è con questa consapevolezza che noi, uomini e donne di Chiesa, possiamo accompagnare noi stessi e l’umanità sofferente, soprattutto quella che più è oppressa dalle conseguenze criminali e di degrado generate dalla corruzione.
Mentre scrivo mi trovo qui in Vaticano, in luoghi di una bellezza assoluta, nei quali l’ingegno umano ha cercato di elevarsi e trascendere nel tentativo di far vincere l’immortale sul caduco, sul corrotto. Questa bellezza non è un accessorio cosmetico, ma qualcosa che pone al centro la persona umana perché essa possa alzare la testa contro tutte le ingiustizie. Questa bellezza deve sposarsi con la giustizia. Così, dobbiamo parlare di corruzione, denunciarne i mali, capirla, mostrare la volontà di affermare la misericordia sulla grettezza, la curiosità e creatività sulla stanchezza rassegnata, la bellezza sul nulla. Noi, cristiani e non cristiani, siamo fiocchi di neve, ma se ci uniamo possiamo diventare una valanga: un movimento forte e costruttivo. Ecco il nuovo umanesimo, questo rinascimento, questa ri-creazione contro la corruzione che possiamo realizzare con audacia profetica. Dobbiamo lavorare tutti insieme, cristiani, non cristiani, persone di tutte le fedi e non credenti, per combattere questa forma di bestemmia, questo cancro che logora le nostre vite. È urgente prenderne consapevolezza, e per questo ci vuole educazione e cultura misericordiosa, ci vuole cooperazione da parte di tutti secondo le proprie possibilità, i propri talenti, la propria creatività.  
PAPA FRANCESCO

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