Partigiani di pace: un libro su p. Dall'Oglio

Quella di padre
Dall’Oglio è una profezia, perché la questione siriana è oggi
una questione mediterranea, che ci coinvolge da Lisbona a Teheran.
Tragedie che portano il seme inespresso di una volontà di
cambiamento e di vivere insieme.
Credo che proprio questa fosse
la profezia dimenticata di padre Paolo. E’ vero che in questi
nostri tempi e in queste nostre terre è stato iniettato un morbo
terrorista, jihadista, esclusivista, apocalittico. Ma è altrettanto
vero che milioni di persone avvertono oggi che dobbiamo tornare a
vivere insieme, prima che sia troppo tardi.
Lo scopo del libro –
spiega ancora il suo curatore – è dare un ancoraggio accessibile,
semplice e leggibile per scoprire la figura di padre Dall’Oglio. E
allo stesso tempo un riferimento concreto al suo pensiero,
attraverso dei suoi testi che abbiamo ripubblicato grazie alla
cortesia della rivista dei gesuiti, Popoli, con cui collaborava. Un
modo anche per riflettere sulla profondità del suo messaggio, con
l’aiuto di alcuni professori cristiani e musulmani, fra cui Paolo
Branca e Adnane Mokrani. Il tentativo di tracciare il profilo di un
mistico che ha però un’assoluta urgenza di fare”.
‘La speranza è
dell’ordine del combattimento, non delle previsioni’. Questa
frase di padre Dall’Oglio è citata da padre Federico Lombardi
nella prefazione al volume. “Padre Paolo sapeva che non si può
dire ‘voglio la pace’ e poi restare spettatori disinteressati
degli eventi”, spiega Riccardo Cristiano. “Ce l’ha dimostrato
lui, attraverso il lavoro per il dialogo interreligioso presso il
monastero di Mar Musa: un modo per mettere la prima pietra di un
edificio in cui popoli e culture si riconoscano come complementari”.
“Uno degli aspetti più forti e attuali del suo messaggio –
continua Cristiano - è che dalla Siria, questa terra devastata da
una lotta per il potere tra contrapposti imperialismi, arrivano
ancora oggi tanti messaggi d’affetto verso padre Dall’Oglio,
persone che ci ringraziano per averlo ricordato e ci dicono di
sentirlo ancora lì, fra loro. Credo sia il segno vero della sua
presenza attiva come operatore di pace. Se possiamo rendergli un
servizio non è quello agiografico, non è solo quello di sperare che
torni fra di noi, ma di ricordarci che la nostra presenza attiva in
quello scenario non può essere quella di tifosi, ma di partigiani
della pace”.
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