Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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domenica 11 giugno 2017
11 Giugno 2017 – SANTISSIMA TRINITÀ - Anno A (il commento di padre Ernesto Balducci)
O Dio, Tu sei il mio Dio, all'aurora ti
cerco,
di te ha sete l'anima mia,
a te anela la mia carne,
come terra deserta, arida, senz'acqua.
Così nel santuario ti ho cercato,
per contemplare la tua potenza e la tua
gloria.
Poiché la tua grazia vale più della
vita,
le mie labbra diranno la tua lode.
Così ti benedirò finché io viva,
nel tuo nome alzerò le mie mani.
mi sazierò come a lauto convito,
e con voci di gioia ti loderà la mia
bocca.
Quando nel mio giaciglio di te mi
ricordo
e penso a te nelle veglie notturne,
a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di gioia all'ombra delle tue
ali.
A te si stringe l'anima mia
e la forza della tua destra mi
sostiene. (Salmo)
Ogni vero credente è un credente in
crisi per il divario obiettivo tra la realtà della Parola di Dio e
le forme in cui essa storicamente si è espressa, e con cui l’abbiamo
assimilata. Questo divario è il divario oscuro della nube di Dio.
PRIMA LETTURA: Es 34, 4b-6. 8-9-
SALMO: Dn 3,52.56- SECONDA LETTURA: 2 Cor 13, 11-13- VANGELO: Gv
3, 16-18
La nube domina la storia. E non c’è
da meravigliarsi che Dio muoia; è la nube che si allarga. E non c’è
da meravigliarsi se i simboli antichi crollano come intonachi che non
reggono più: è giusto. E non c’è da meravigliarsi se tutto il
linguaggio e tutte le liturgie che abbiamo ereditato, e che con
stanchezza portiamo addosso, alla fine cadono, e rimaniamo nel vuoto:
è la nube che si estende; è il mistero della presenza di Dio che si
fa più radicale. Allora che resta a noi? Discettare ancora sulla
natura e le persone? Oppure riprendere le misure della nostra fede
sulla Parola che ci è stata detta? La fede è in crisi nella misura
stessa in cui le sue espressioni si rivelano improvvisamente fragili
e inadeguate. Ogni vero credente è un credente in crisi per il
divario obiettivo tra la realtà della Parola di Dio e le forme in
cui essa storicamente si è espressa, e con cui l’abbiamo
assimilata.
Questo divario è il divario oscuro della nube di Dio. Ma
dovremmo amarla – se posso dire così, paradossalmente – questa
oscurità. Essa non è un segno, necessariamente, del venir meno
dalla fede: è un segno dell’appello di Dio ad avere una fede più
radicale, più misurata sulla sua volontà e quindi più aperta a
considerare la sua presenza nella storia al di fuori dei miti, delle
leggi e delle consuetudini.
Chi ha questa fede è pronto a
riconoscere i segni del tempo e non ha più la paura storica; scende
dal Sinai irradiato di potenza, come Mosè; scende dalla
contemplazione del mistero di Dio senza più temere nessuno, perché
si ripeterà: «Non avrai altro Dio fuori di me”. Non dipenderà
più da nessuno, perché l’unica dipendenza che non ci fa schiavi
ma ci costituisce signori del mondo, è la dipendenza dalla Parola
che ci è stata data. Questa Parola la riconosciamo nelle parole di
Gesù Cristo. Senza questa Parola anche le parole di Gesù Cristo
sono parole umane, interne alla cultura umana, non hanno niente di
speciale se non fosse una certa eminenza per bellezza e per ricchezza
morale. È la Parola che dà ricchezza alle parole. E questa Parola
con cui Dio proclama i suo Nome (modo semitico per dire: rivela se
stesso, la sua peculiarità), l’ascolta l’uomo di fede. L’uomo
di fede ha ascoltato la parola. E non chiedetegli conto di che parola
sia, perché egli non la può tradurre adeguatamente nelle parole;
potrà anche dire che Dio è Uno in tre Persone; potrà spiegare il
concetto di natura e il concetto di persona, ma a mezza strada si
stancherà perché sentirà che queste parole l’imbrogliano, sono
una cattura dell’intelligenza, rischiano di giocare con
l’intelligenza debole per stupirla, ma non dello stupore del
mistero, piuttosto dello stupore delle complicazioni intellettuali,
che è alienante, avvilente, che rende infantili. Ma la Parola che ha
ascoltato il credente, la porta con sé, forte come la punta di un
diamante che non si scalfisce, non si corrompe. Questo bisogno di
ritrovare il mistero del Signore oggi è potentissimo. Forse siamo
vicini a un tempo – sono molti i segni che lo fanno pensare – in
cui le nostre complicazioni, anche di cristiani progressisti, aperti,
saranno bruciate da una richiesta di fede prorompente. E allora non
saranno più le nostre parole, le nostre tattiche a dare la risposta,
ma semplicemente e soltanto la presenza in noi della fede nel Dio di
Gesù Cristo, nel Dio dello Spirito Santo. Questo è il tempo che
stiamo vivendo.
Ernesto Balducci – da: “Il mandorlo
e il fuoco” – vol 1 – Anno A
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