La terra promessa non è un luogo della geografia, è un luogo del futuro collettivo del mondo, è l’unità del genere umano.
Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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domenica 18 giugno 2017
La terra promessa non è un luogo della geografia (Commento alle letture di p.Balducci)
18 Giugno 2017 – FESTA DEL “CORPUS
DOMINI”
L’eucarestia non è un rito magico, è
il segno che postula, esige, richiama una realtà concreta che siamo
noi, che è la nostra storia. Se viviamo con questa partecipazione,
non possiamo certo sentirci esenti dal pericolo – e i pericoli sono
tanti.
Quelli che sono qui vagamente accennati dalle pagine del
Deuteronomio sono innanzi tutto la nostalgia di altri tempi: questo
popolo di dura cervice resiste alla pedagogia di Dio, che usava
strumenti forti e violenti – le prove, i cataclismi, la fame, la
siccità – per mettere a prova il suo cuore. Noi rischiamo di
rimpiangere, come quel popolo, tempi di tranquillità che, ora li
vediamo bene, erano tempi di ingiustizia, di iniquità.
Ogni unità
del mondo che sia parziale, si mantiene pacifica attraverso le forme
esplicite o surrettizie dello sfruttamento. Se una famiglia è
pacifica e tranquilla perché ha un conto in banca, ha una pace
abusiva, o tenuta su da un meccanismo di sfruttamento. Se qualcuno si
scuote, là dove stanno le cariatidi della falsa pace, finisce la
pace. Noi non possiamo chiamar pace una pace parziale: o è totale o
non lo è. Non c’è un luogo del passato in cui possa posarsi la
nostra memoria riconoscente e nostalgica. Dobbiamo guardare avanti,
perché la pace è un nome al futuro. Non c’è mai stata nel
passato e se c’era, era una pace amarissima, come dice il Profeta.
Noi dobbiamo entrare in questa condizione del viaggio con profonda
fede. La fede non ci mette al lato di questa condizione che vi ho
rapidamente descritto, ci fa rimanere dentro. La terra promessa non è
un luogo della geografia, è un luogo del futuro collettivo del
mondo, è l’unità del genere umano. Questa Terra Promessa ci è
stata promessa da Dio e noi ci nutriamo non soltanto dell’amaro
pane delle nostre tribolazioni, ma di ogni parola che viene dalla
bocca di Dio.
Credo a questa unità del genere umano e alla
possibilità i realizzarla, non perché i processi induttivi della
mia ragione mi rendano certo – anzi, più si ragiona e più si è
pessimisti, in un tempo come questo – ma perché la mia volontà fa
fulcro sulla parola di Dio. Anche nei momenti notturni
dell’esperienza devo essere certo che questa unità verrà, non per
meccanica disposizione, ma attraverso l’impegno, cioè nella logica
dell’alleanza, attraverso una reciprocità d’impegno tra il Dio
che è immerso nella storia e l’uomo che ha risposto. L’io-tu,
l’io umano e il tu di Dio sono stretti a una stessa responsabilità.
L’onnipotenza di Dio non fa a meno di questa collaborazione
dell’uomo, perché un’unità del genere umano prodotta, per
ipotesi, dall’onnipotenza di Dio, non sarebbe un’unità umana,
sarebbe un’unità svuotata di umanità. Tocca a noi costruire la
nostra unità nel mondo. Ecco perché quando celebriamo, come
stamani, il mistero del Corpo del Signore, noi non ci isoliamo, non
ci sottraiamo, non creiamo l’isola delle pie menzogne e delle dolci
consolazioni.
Noi apriamo nel groviglio dei significati, che a volte
ci danno smarrimento, la chiara geometria della volontà di Dio.
Rievochiamo una promessa e ci impegniamo. Noi ricordiamo le opere di
salvezza e ringraziamo Dio. Noi guardiamo il futuro e invece di
lasciarci sbarrare gli occhi dalla frontiera dell’assurdo che
spesso sembra pararsi dinanzi a noi, noi spalanchiamo anche quella
frontiera perché sappiamo che Dio ci ha promesso questa unità:
l’impossibile, quando è Dio che lo dice, diventa possibilità
storica. È in questo modo che noi caliamo ciò che noi celebriamo
dentro le traiettorie stesse del divenire del mondo, entriamo nel
cuore del mondo.
Ernesto Balducci – da “Il Vangelo
della pace” – vol. I – Anno A
PRIMA LETTURA: Dt.8, 2-3- SALMO: 147- SECONDA LETTURA: 1 Cor 10, 16-17- VANGELO: Gv 6, 51-58
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