Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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venerdì 8 maggio 2020

8 maggio 2020 “Egli mi ha detto: tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato” (commento a Gv 14, 1-6)

Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me».


È la fine del mondo. Quest’affermazione solitamente la usiamo per indicare il colmo di una situazione o di un avvenimento che ci sbalordisce. Uno spettacolo naturale inatteso, un’opera dell’uomo che ci stupisce per creatività e visione del mondo di rinnovata fecondità, futuri possibili che ci sfiorano con la tenerezza di una mano amata. È la fine del mondo! Poi se volgiamo a questi mesi, la frase potrebbe assumere un senso del tutto ripiegato e cupo, un girasole che ha passato il tempo del vigore e non riesce più a risollevarsi alla luce, né a seguirla nella volta celeste. Mi piacerebbe dire che di universi ce ne sono tanti, di mondi possibili non smettiamo mai di poter perderne il conto. A volte la fine di un mondo è solo la fine di quel mondo, non di tutti i possibili mondi. Il dialogo di Gesù coi suoi, nell’ultima cena esordisce così: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me».

Poi quella parola -che sono parole- “dimore”! l’indagine escatologica del testo ci fa giustamente proiettare tutto il discorso in avanti, oltre la soglia della croce, nel tempo della resurrezione del Vivente e dello Spirito per noi. Ma poi la vulgata di parole come questa ha generato quadretti metereologici, per cui le dimore sarebbero le nuvolette del paradiso, una per ciascuno che andrà in cielo. Questa è la versione ottimista. Quella pessimista, quella dei cristiani “che è bello soffrire”, pensano alle dimore eterne come ad una sorta di riproduzione del cimitero, le tombe in gran numero, pronti a RIP forever (rest in peace/riposa in pace per sempre)! Ci siamo ricaduti di nuovo, oh no! È solo un’altra fine del mondo?

Provo a mettere insieme le parole, se no faccio come Tommaso e mi trovo a rifare le domande intelligenti che si facevano ai prof per far vedere che eri attento: “E quindi sono questi che non si possono riprodurre?” con l’aria retorica di chi interviene chiedendo cose che sono avanti rispetto agli altri. “In che senso, Schiappi!?!” dubbiosa la prof di scienze risponde. Improvvisamente l’alunno Schiappi inizia a dubitare sulla propria intelligente domanda: “Scusi, non sono queste le uniche cellule del corpo umano che non si possono riprodurre?”. “Stiamo parlando di neutroni, Schiappi”, proclama la prof con un tono riempito di acquolina di chi mettere sotto torchio alla prossima interrogazione, “non di neuroni!”. L’imbarazzante silenzio/assenso di Schiappi non riesce a coprire le risate dei compagni. «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Tommaso mette sempre le mani avanti, finché dovrà imparare cosa ciò significhi quando Gesù gliele lascerà mettere nelle sue ferite, a lui ormai il Vivente.

Allora mi metto ad inanellare alcuni termini: casa del Padre – molte dimore – io sono la via.
Accettare Gesù, come lui si svela e non avvolto dalle nostre copertine riscaldate, è la via, ma non è necessario che tutti la pensino allo stesso modo, le molte dimore. Come faccio a sapere se ho preso la via giusta? Semplice: se imparo ad abitare la casa del Padre non in modo esclusivo.

“Amore e servizio sono la base che unisce i mattoni e che fa sì che le diverse comunità siano una chiesa di sorelle e di fratelli.” Disse un monaco. Questo può avvenire nelle nostre comunità, perfino in quelle parrocchiali! Altrimenti i rischi li conosciamo, di una chiesa in moto perpetuo attorno alle forche caudine di qualche gruppo megliopensante! Questo avviene anche nella società in cui viviamo: dare la dimora a qualcuno è riconoscergli non solo la possibilità di alloggio legale ma di poter contribuire a suo modo alla vita comune, di partecipare al bene comune per quello che è e non per quello che ha. Quando io faccio la voce grossa con qualcuno capisco che gli tolgo la casa dove dimora, perché dico che il mio dimorare qui ed ora supera il suo. E anche se non lo faccio materialmente, lo sto buttando fuori di casa. La casa del Padre è/deve essere aperta a tutti. Non ci devono fare paura le molte dimore, tante quante sono le figlie ed i figli, e non ci sono scuse per chi spintona!

Dimorare e dare dimora: questo si! sarebbe la fine del mondo, e non in senso pessimista. Che bello se invece di dire soltanto che “sono timorato di Dio”, imparassimo a dire anche che “sono dimorato di Dio!” e abitare così la casa del Padre. Buon soggiorno a tutti!

Donde




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