Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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lunedì 4 maggio 2020

4 maggio 2020 “l’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente” (commento a Gv 10, 11-18)

Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore. Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; egli è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore. E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio».

Una cosa che ci riempie di entusiasmo è poter ascoltare qualcuno che prende a mano il nostro vocabolario, la nostra storia, ed è capace di reimmaginare, di donare prospettive nuove a contenuti che ormai temevamo sclerotizzati e irrigiditi. Gesù, dopo avere utilizzato l’immagine della porta, ora recupera dalla tradizione quella del pastore. Riaccende questi vocaboli come stelle incalcolabili di speranza perché ne allarga la collocazione sullo zenit e sul nadir del mai finito amore, e arricchendole dunque di libertà: la porta c’è, e serve per uscire ed entrare! Il pastore è buono, la sua vita non prosciuga quella altrui, ma la comunica!

Ci sono tuttavia anche coloro che non vogliono rientrare in questa relazione. Non assegniamo un nome soltanto a chi siano il mercenario o il lupo. I due si conoscono perché si riconoscono: per evitarsi. Uno sembra il bene, l’altro toglie il bene. In comune purtroppo hanno le pecore.

Tra il pastore e le pecore esiste una capacità di riconoscimento che è reciproca, tra loro sembra instaurarsi una proprietà transitiva, uno scambio di vasi comunicanti e la vita che il pastore decide di condividere è esuberante, si effonde su pecore anche di altri ovili. Alla faccia di chi pensa che essere cristiani corrisponda a mettere le bandierine sopra ogni cosa! Per la stessa comunione, esiste un disprezzo che riguarda tanto il pastore che le pecore: se disprezzi le pecore, disprezzi anche il pastore. Se apprezzi il pastore, apprezzi anche le pecore (cfr Mt 25, 31-46).

Questo apprezzamento e capacità di riconoscere il pastore da parte delle pecore non è di poco rilievo nella Chiesa e si può ascrivere a quell’idea di sensus fidei che lo Spirito dona al Popolo di Dio, più di quante lauree possano dare tutte le facoltà teologiche del mondo!

“Il Vaticano II è stato una nuova Pentecoste, che ha preparato la Chiesa a quella nuova evangelizzazione che, dopo il Concilio, i pontefici non hanno cessato di invocare. Il Concilio ha posto in una nuova luce l’idea della Tradizione, secondo la quale tutti i battezzati sono provvisti di un sensus fidei e tale sensus fidei è una risorsa fra le più importanti per la nuova evangelizzazione.Grazie ad esso i fedeli sono in grado non soltanto di riconoscere quanto è in accordo con il Vangelo e di rifiutare quello che gli è contrario, ma anche di percepire ciò che papa Francesco ha chiamato «nuove vie per il cammino» di fede dell’intero popolo pellegrino. Una delle ragioni per le quali vescovi e presbiteri devono essere vicini al loro popolo in cammino e devono camminare con esso è precisamente perché sia loro possibile riconoscere queste «nuove vie» che il popolo percepisce. Il discernimento di queste nuove vie, che lo Spirito Santo apre e illumina, sarà vitale per la nuova evangelizzazione.” (IL SENSUS FIDEI NELLA VITA DELLA CHIESA, 2014, n.127)

Francesco lo aveva sintetizzato con un racconto nel suo primo Angelus da papa: «…Ricordo, appena Vescovo, nell’anno 1992, è arrivata a Buenos Aires la Madonna di Fatima e si è fatta una grande Messa per gli ammalati. Io sono andato a confessare, a quella Messa. E quasi alla fine della Messa mi sono alzato, perché dovevo amministrare una cresima. E’ venuta da me una donna anziana, umile, molto umile, ultraottantenne. Io l’ho guardata e le ho detto: “Nonna – perché da noi si dice così agli anziani: nonna – lei vuole confessarsi?”. “Sì”, mi ha detto. “Ma se lei non ha peccato …”. E lei mi ha detto: “Tutti abbiamo peccati …”. “Ma forse il Signore non li perdona …”. “Il Signore perdona tutto”, mi ha detto: sicura. “Ma come lo sa, lei, signora?”. “Se il Signore non perdonasse tutto, il mondo non esisterebbe”. Io ho sentito una voglia di domandarle: “Mi dica, signora, lei ha studiato alla Gregoriana?” ». (Angelus 17 marzo 2013)

Ecco, guardate, sorelline e fratellini: in ciascuno di noi c’è una sensibilità allo Spirito di cui dobbiamo fidarci per aiutarci tutti (mi permetto di dire anche aiutare vescovi e papa) a crescere come pecore del buon Pastore, come Popolo di Dio.

Donde

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