Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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mercoledì 6 settembre 2017
STILL LIFE: ovvero un umano che vince la solitudine
La traduzione letterale di "Still
life" è "natura morta", ma lo si potrebbe tradurre
anche in altro modo e forse la più adatta assomiglia a "la vita
ancora".
John May, uomo metodico e solitario, fa
un lavoro apparentemente ingrato: in un ufficio del comune, ha il
compito di rintracciare parenti o amici di chi muore solo, affinché
qualcuno possa essere avvisato e presenzi al funerale. Se non si
trova nessuno, è lo stesso John che si preoccupa di essere presente
alle esequie. In epoca di tagli però, il comune pensa che il suo
lavoro sia superfluo, e John rischia il licenziamento; convince
allora il suo capo di lasciargli portare a termine il suo ultimo
caso, quello di un uomo, Bill Stoke, che abitava vicino a casa sua,
ed è così che John viene a conoscere le persone che avevano fatto
parte della vita di Bill.
Uberto Pasolini, produttore italiano
trapiantato in Inghilterra da molti anni ("Full Monty" è
stato il suo più grande successo), con questa opera seconda -
vincitrice del premio Orizzonti per la regia all'ultima Mostra
Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia - mette in scena la
solitudine dell'uomo con un'attenzione al singolo dettaglio, operando
in sottrazione sull'inquadratura. Viene aiutato in questo anche da un
bravo caratterista come Eddie Marsan, che qui regge praticamente da
solo tutto il film, con un'interpretazione minimalista, controllata,
normalizzata eppure intensa e partecipe, che rende completa la regia
di Pasolini.
Che per May si trasforma sempre in una
detection, un'indagine sulla persona: chi erano? Quale vita avevano
vissuto? Insomma, un detective di sentimenti il cui scopo
dell'investigazione è trovare parenti in vita. Questo lato è
caratterizzato da elementi profilmici e da intere sequenze: quando
May entra nell'appartamento del suo ultimo caso - quello di Billy
Stoke - si mette una tuta bianca e inizia a rovistare e osservare
come uno della polizia scientifica; oppure la sua classificazione in
faldoni, con appunti, foto, oggetti come se trattasse di cold case; o
ancora, il suo ufficio così ordinato, nascosto, sembra quello di un
analista dell'MI6, alla ricerca di indizi su agenti morti in azione.
La detection è quindi mostrata con
elementi riconducibili a un immaginario cinematografico, ma che
sottende aspetti metafisici. May, in realtà, indagando su Stoke,
investiga su se stesso e cerca di darsi, per l'ultima volta, una
risposta. Del resto, l'appartamento di Stoke è proprio posto di
fronte al suo. Un'esplicita inquadratura in soggettiva, e in
controcampo, mentre May osserva dalla sua finestra scostando le
tende, quella del vicino dalla parte opposta, crea un effetto
speculare che dice tutto sulla creazione del doppio. Mentre la
narrazione procede in breve sequenze, in un montaggio lineare e
pulito, lo spettatore assiste allo scambio di ruolo tra May e Stoke.
John inizia a compiere piccole variazioni comportamentali,
influenzato dalla storia di Stoke: incontrerà i suoi amici, i suoi
commilitoni (era un militare che ha fatto la guerra delle Falkland) e
infine la figlia, con cui sboccia un sentimento acerbo. Dall'altro
lato, May donerà a Stoke la sua sepoltura (proprio lo spazio al
cimitero, prenotato per se stesso) e gli passerà i legami umani
ricostruiti nella sua recherche.
May non possiede nessuna foto di se
stesso, non ha immagini che lo ritraggono in alcuna situazione della
sua vita passata. Pure nell'appartamento di Stoke viene ritrovato un
album di famiglia con le fotografie della figlia e anche nel
penultimo caso di John May la morta aveva delle foto con il suo
gatto. Lui, al contrario, riempie un album con foto appartenenti a
tutte le persone che ha "accompagnato" alla sepoltura: è
quella la sua famiglia, è quella la sua vita. I ricordi degli altri
sono i suoi. La sua vita è vissuta per procura, ma in un atto di
generosità piuttosto che di rinuncia e di pietas verso gli altri.
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