Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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lunedì 11 settembre 2017

L'(in)solito inferno! POEMA A FUMETTI di Buzzati


Il fatto è questo: io mi trovo vittima di un crudele equivoco. Sono un pittore il quale, per hobby, durante un periodo purtroppo alquanto prolungato, ha fatto anche lo scrittore e il giornalista. Ma dipingere e scrivere per me sono in fondo la stessa cosa. Che dipinga o che scriva, io perseguo il medesimo scopo, che è quello di raccontare delle storie.”

I tardi anni ’50 sono per Dino Buzzati quelli di un’intensificata riflessione su questo rapporto tra narrazione e immagine, e sulla sua possibile sintesi nel fumetto: fumetto che appare, tra l’altro, come elemento di contenuto nel suo romanzo Un amore (avviato nel 1959, pubblicato nel 1963), dove Buzzati inserisce un riferimento ai fumetti Disney, da lui molto amati, abbastanza singolare per l’epoca.


In parallelo alla lavorazione sul futuro Poema continua l’interesse per il “fumetto nero”: Diabolik – ma anche Satanik e Kriminal – vengono citati da Buzzati nei suoi articoli di cronaca nera sul “Corriere d’informazione”, nel 1966. Ma ancor di più, proprio sul “Corriere d’informazione”, Buzzati realizza una serie di tavole dedicate ai Misteri di Milano (1966), vicende della nera cittadina rielaborati visivamente in un “protofumetto” che indubbiamente subisce l’influenza del grande successo del “fumetto nero” degli anni ’60.

Nel 1968, poco prima di pubblicare il Poema a fumetti, Buzzati scrive una appassionata prefazione alla raccolta mondadoriana Vita e dollari di Paperon de’ Paperoni, che raccoglie storie di Carl Barks tra anni ’40 e ’50. Buzzati non si limita a un apprezzamento cauto, magari condizionato dalla freddezza da poco riscontrata in Mondadori proprio col Poema, ma dichiara senza mezzi termini la piena dignità del fumetto:

Sono i due protagonisti, Paperino e Paperon de’ Paperoni, a fare la gloria maggiore di Walt Disney. La loro statura, umanamente parlando, non mi sembra inferiore a quella dei famosi personaggi di Molière, o di Goldoni, o di Balzac, o di Dickens.”

Nello stesso 1968, Buzzati completa anche il Poema, ancora senza editore, e dichiara alla moglie “lo pubblicherai tu tra vent’anni”. La moglie lo ripropone direttamente a Mondadori, che decide di pubblicarlo nel 1969.

Il montaggio di tavola ricorda da vicino quello del fumetto nero anni ’60, il formato pocket, che porta a una costruzione di pagina basata su tavole ampie, splash pages o tavole bipartite. Non mancano però altre soluzioni, in una continua sperimentazione buzzatiana: sequenze prive di scansione a vignetta, vignette riquadrate su una splash page di sfondo, tavole segmentate a sei, a nove, pagine di solo testo, pagine mute, doppie splash e così via: tutte soluzioni già presentate dal fumetto nella sua ormai lunga storia, naturalmente, ma che Buzzati padroneggia con sicurezza e grande efficacia. Anche le premesse paiono portare verso il Nero, ma quasi subito l’inserimento della figura di Orfeo introduce un riferimento mitologico e vira tutta la situazione al fantastico.

Il testo, nella prevedibile discesa agli inferi alla ricerca di Euridice (Eura, come Orfeo diviene Orfi), si riconnette agli Inferni già trattati da Buzzati in vari suoi racconti. Là era più una riscrittura dell’Inferno dantesco, qui è un Infero più pagano, meno carico di connotazioni etiche e moralistiche, anche se il discorso sul “mondo di sotto” come specchio deformante e rivelatore del “mondo di sopra” appare simile, anche se nella diversa declinazione. Molti passi rimandano ad opere di Buzzati: nel vedere il demone vuoto, rappresentato solo da una giacca, è possibile certo un influsso dal surrealismo (Magritte) o da altre suggestioni, ma anche una ripresa de “La giacca stregata”, uno dei fondamentali racconti “diabolici” del nostro. Il canto di Orfeo, quindi si sovrappone con il “canto” di Buzzati.

Impossibile sapere se il Poema sarebbe stato il primo di una serie, come vagheggiato da Buzzati: poco dopo, comunque, realizzerà I miracoli di val Morel (1971), ultima opera prima della morte nel 1972, basato su fantastici ex-voto immaginari.


Sarà invece il mondo del fumetto, Sergio Bonelli in testa, a fare propria l’opera e a riconoscerla come un modello “alto” ma possibile di quello che il fumetto può essere. Come noto, Bonelli comprerà una tavola del Poema per il suo studio, che lasciò poi in eredità a Tiziano Sclavi. Un gesto simbolico molto significativo perché, come abbiamo avuto modo di accennare, Dylan Dog riprende molti dei temi comuni a Buzzati, specialmente quello del Poema: in primis, ma non solo, la rappresentazione di un Inferno surreale e burocratico che è centrale nei due universi narrativi.

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